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Interviste

Federer: “Mi sono ritirato alla Laver Cup perché non volevo essere da solo in campo”

“Ora si può vincere il Roland Garros, Wimbledon e lo US Open giocando nella stessa maniera”, afferma Roger. “Dovremmo poter vedere Sinner e Alcaraz che trovano il modo di adattarsi in diverse condizioni”

Last updated: 24/09/2025 20:31
By Andrea Binotto Published 23/09/2025
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11 Min Read
Roger Federer - Laver Cup 2023, Vancouver (twitter @LaverCup)

Roger Federer è richiesto da tutti. A San Francisco Andy Roddick, ex numero 1 al mondo e suo rivale per anni, è riuscito a portare la leggenda svizzera nel suo podcast ‘Served’. Insieme anche a Jon Wertheim i tre hanno chiacchierato per una mezz’oretta riguardo vari temi, tra cui la Laver Cup, il tennis moderno e i suoi protagonisti. E ‘The Swiss Maestro’ – che già aveva accennato a un’altra emittente riguardo un possibile ‘Fedal’ tour – ha regalato più di una chicca al pubblico presente al Chase Center.

Sezioni
Laver Cup: le originiNo, non è un’esibizioneFuturo della Laver CupFederer e il ritiro alla O2 Arena di LondraTennis moderno: evoluzione dei giocatori e omologazione delle superfici

Laver Cup: le origini

“C’è stata un’idea che arrivava da una cosa che ho sempre pensato: nel tennis quando ti ritiri puoi creare un podcast come stai facendo tu (Roddick, ndr), oppure puoi diventare un coach, un commentatore o un direttore di un torneo. Ma lo spettro delle cose che puoi fare non è molto grande. In altri sport, invece, ci sono molte altre attività di cui uno può occuparsi. Nel tennis credo che si fossero un po’ dimenticate le leggende del nostro sport. Non si vedevano e non venivano incluse abbastanza. E ciò mi ha sempre fatto sentire un po’ triste. Se guardiamo ad esempio i montepremi, sono cresciuti considerevolmente. Rod Laver ha guadagnato qualche milione di dollari. Alcaraz solo quest’anno ne ha già accumulati 15 milioni. Giusto per rendersi conto. Io sono stato allenato da Stefan Edberg, Tony Roach, Peter Lundgren e sono sempre stato educato circa la storia di questo sport. Ed eccoci qua. Mi sono detto che dovevamo portare questi personaggi, dandogli un ruolo, per una settimana o un weekend in un luogo dove siamo tutti felici di rivederci nuovamente. E qui entrano in gioco i capitani, i vicecapitani, e chissà che negli anni, espandendoci, non possano anche nascere altri ruoli”.

“Pensavo sarebbe stato bello ad esempio, e parlo personalmente, trascorrere del tempo con Bjorn Borg. È stata la mossa più egoistica che abbia mai fatto (ridono, ndr). A parte gli scherzi, sono queste le cose veramente rilevanti, come ad esempio la tua breve interazione con Yannick (Noah, ndr) che non avevi mai incontrato prima. Oppure vedere Joao (Fonseca, ndr) negli spogliatoi parlare di tennis con Andre Agassi. Questo era quello che volevo vedere: questi giocatori che vengono alla Laver Cup e poi quando se ne vanno si sentono molto ispirati e motivati per i prossimi appuntamenti, dato che magari avranno imparato qualcosa riguardo la storia del tennis e da chi prima di loro ha avuto successo, semplicemente trascorrendo del tempo con queste persone. Ma anche il fatto di creare una squadra composta da persone che normalmente non stanno nello stesso team. Sta andando molto meglio di quanto potessi immaginare. Poi c’è stato anche da pensare a come organizzare le giornate e i punti, a quanto far durare questo evento, a quante sessioni mettere in piedi… Bisogna pensare a tutti gli scenari. Fino ad ora è stato molto divertente”.

No, non è un’esibizione

“Non avevamo pensato alla Laver Cup perché ci fossero pagliacciate, gente che ridacchiava e cose di questo genere. È stato positivo per me far parte della prima edizione (a Praga nel 2017, ndr) e di quelle appena successive. In questo modo ho potuto capire come si sviluppava e, in caso, apportare poi qualche modifica. Ho sempre pensato che, se tu compri un biglietto costoso e vai a vedere i migliori giocatori al mondo, è perché vuoi vederli giocare a tennis e non comportarsi come dei clown. Ci sono abbastanza sorrisi, risate e bei momenti. Ma quando la pallina deve essere colpita, lo si fa con uno scopo. Questo era il mio obiettivo”.

“Sono ovviamente carico nel vedere Carlos (Alcaraz, ndr) che ha appena vinto lo US Open e decide di venire qui. È incredibile per San Francisco avere l’opportunità di vederlo giocare. È importante perché, se sei un organizzatore di un torneo, chiunque può tirarsi indietro all’ultimo minuto. Lui è carico e si è completamente immerso all’interno della squadra e dell’ecosistema. È legittima la tua domanda. È una dinamica insidiosa. C’era la stampa che si chiedeva se effettivamente i nuovi giocatori si sarebbero fatti vedere. E tu non hai una risposta, se non un ‘penso e spero di sì’. Cerco di fare del mio meglio con i miei contatti. Trattiamo bene i giocatori e ci auguriamo che i tifosi si godano il tennis al Chase Center. E spero che tutto questo sia abbastanza. Inoltre, non si può passare da John McEnroe e Bjorn Borg a capitani presi a caso. Siamo quindi passati ad altre leggende come Andre e Yannick”.

Futuro della Laver Cup

“E’ una discussione che abbiamo spesso con Tony (Godsick, ndr) e il team. È molto facile dire ‘ok andiamo a San Francisco ogni anno’, perché costruire un evento così grande per solamente tre giorni e abbastanza pazzo da fare. Penso che valga la pena portare il tennis in alcuni mercati e in alcune città che magari non hanno visto così tanto tennis in passato. E questa è una cosa che risuona pesantemente dentro di me. Adesso mi sto contraddicendo, perché torneremo a Londra dove siamo già stati. Sarà molto bello e così potremo capire come funziona tornare in un posto e magari ruotare tra Londra e San Francisco. Si può vederla così, o sennò puoi pensare ad andare anche negli impianti degli Slam: sarebbe incredibile essere ospitati. Ovviamente lì vedono già del tennis. Siamo quindi ancora un po’ flessibili da questo punto di vista. Sarebbe anche bello andare in Asia, in Sud America e portare questo evento in giro per il mondo”.

Federer e il ritiro alla O2 Arena di Londra

“E’ un processo che ricordo in maniera molto nitida. Sapevo che per me ritirarmi dal tennis sarebbe stato molto difficile, perché amo questo sport, e per i fan, le persone che lavoravano dietro le scene, la mia famiglia e gli amici che ho creato grazie al tennis. Non sapevo dove ritirarmi. Il mio ginocchio mi dava fastidio e avevo capito che non sarei più potuto tornare come prima. Ho preso un’estate di pausa e poi sapevo che sarei dovuto uscire da questo mondo. Ho quindi pensato al luogo migliore per farlo: lo US Open? Il torneo di Basilea? La Laver Cup a Londra? Qualcosa in quel momento ha risuonato dentro di me: non volevo essere da solo in campo quando mi sarei ritirato. Mi sono sempre sentito nel mio cuore un tennista di squadra. E ritirarmi a Londra, dove ho avuto più successo in assoluto, forse era un segnale. Quindi sono finito là e speravo che non sarebbe stato tutto brutto e triste. Mi auguravo che fosse un momento felice. Ed è andata così, nel modo migliore che non mi potevo neanche immaginare”.

Tennis moderno: evoluzione dei giocatori e omologazione delle superfici

“Ci sono più lotte da fondocampo. Gran dritti, gran rovesci, colpi pesanti. Una volta tutti avevamo un piccolo buco nel loro gioco. Ora è tutto molto più fisico e tutti si allenano in quel modo. Anche Rafa e Andre erano così e non mi piaceva infatti allenarmi con loro (ridono, ndr). Allo stesso tempo è però incredibile come ognuno si alleni e giochi in maniera diversa. Ora rispondono molto più facilmente. Non so però se le condizioni rendono il gioco più lento, oppure sono proprio migliori da questo punto di vista. Una volta rispondere era difficile”.

“Ho avuto questa conversazione con Reilly Opelka. Gli ho detto che non va bene, e io qua faccio parte del team che decide la velocità della superficie, che lui serva in kick da sinistra contro Casper Ruud, che può benissimo rispondere da più indietro, e lui che è uno dei migliori battitori al mondo si veda tornare indietro una risposta vincente di rovescio incrociata colpita all’altezza dell’anca. Dovrebbe essere un po’ più difficile. Ed è per questo che noi organizzatori dovremo correggere questa cosa. A mio parere non ci dovrebbero essere solo campi veloci. Dovremmo poter vedere Sinner e Alcaraz che trovano il modo di adattarsi in diverse condizioni. Ora i tennisti giocano in maniera simile e, con i campi e le palline sempre in un determinato modo, le settimane sono praticamente sempre le stesse. Ora puoi vincere il Roland Garros, Wimbledon e lo US Open giocando nello stesso modo”.


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TAGGED:Andy RoddickJon WertheimLaver Cup 2025Roger Federer
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