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Rassegna stampa

Fish è tornato ha battuto la depressione (Zanni), Auguri Lea per i tuoi 80 anni (Perrone), Gli 80 anni della nostra Divina (Clerici)

Last updated: 16/03/2015 11:27
By Daniele Flavi Published 16/03/2015
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18 Min Read


📣 Guarda il torneo ATP di Shanghai in streaming su NOW! 

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Fish è tornato ha battuto la depressione

 

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 16.03.2015

 

Fish nel 2011 era arrivato a essere il numero 1 del tennis maschile americano: settimo nel rankingATP. Una scalata che appena un anno dopo è stata bruscamente interrotta: problemi di cuore prima, poi attacchi di panico, al punto di far rientrare un aereo, nel 2012, dopo che era stato costretto a saltare gli US Open. Portato a casa, con un jet preso a noleggio, Fish per lungo tempo è rimasto nella sua abitazione, senza mai uscire. Poi ha ricominciato, lentamente, a riprendere il controllo della sua vita: l’anno scorso ha giocato a golf, in un circuito semi-professionistico e giovedì , dopo 18 mesi di assenza, ha fatto il suo rientro nel circuito Atp, a Indian Wells, perdendo al terzo set con il connazionale Ryan Harrison. «In campo devo essere positivo – ha sottolineato – sono abituato a essere duro con me stesso, l’ho fatto tante volte e devo continuare, perchè in caso contrario arrivano i guai. Ci ho lavorato con il mio psicologo dello sport, è una corazza di cui ho bisogno quando sono là fuori». Venerdì Fish è stato battuto anche nel doppio, tornerà a giocare a Miami, anche se è ancora incerto il suo approccio con i lunghi viaggio in aereo. Ma solo il fatto di essere tornato ha ridato speranza anche a milioni di persone che lottano con le malattie mentali. «Si può battere – ha detto riferendosi al suo stato di ansietà – voglio provare a dimostrarlo alla gente che si può anche ai livelli più alti». OUDIN. IL CUORE. Intanto Melanie Oudin che già nel novembre scorso aveva dovuto sottoporsi a una procedura medica per i suoi problemi cardiaci, dopo aver postato una foto con un piccolo monitor sul petto, ha aggiunto che dovrà ritardare il suo rientro a causa di un altro possibile intervento.

 

Auguri Lea per i tuoi 80 anni

 

Roberto Perrone, il corriere della Sera del 16.03.2015

 

Lea Pericoli. Il Negus, le culotte, la Dolce Vita «Eravamo dei poveracci ma felici I soldi li guadagnavamo al poker» Federer gioca il tennis perfetto Avrei voluto una figlia come Pennella esumo «Ho una passione per le fotografie, qui sono con Amedeo D’Aosta. Ecco JR, quello di Dallas, questo è il principe Ranieri, poi Indro Montanelli, che carino. Questa era l’amante della Bolkan, un pettegolezzo me lo perdoni?». Florinda? «Sì stava con questa, mannaggia come si chiamava?». Evitiamo, Lea. «Questo è un telefilm, interpretavo una signora proprietaria di una scuderia coinvolta in cose losche. Ah, qui è Wimbledon con le piume». Un pomeriggio a casa di Lea Pericoli, tennista, giornalista, conduttrice televisiva, donna immagine del tennis italiano. Da quando la conosciamo Lea è così, diretta, ma soprattutto uguale a se stessa e facciamo fatica a credere che domenica 22 marzo, con una festa a Roma, celebrerà i primi 8o anni di un’esistenza da romanzo. «Questi quadri li ho fatti io. Ne ho dipinti 8o un inverno per recuperare dalle sconfitte. Questo è mio padre Filippo con il Negus. Papà ha ospitato Montanelli quando è andato in Etiopia. Venne anche Gualtiero Jacopetti, uomo di grande fascino. Con Gualtiero sono uscita un paio di volte, a Roma. Montanelli, quando cominciai a collaborare per il Giornale, mi mandò a chiamare. “Ma sei la figlia di quel Pericoli?”. Lo volle rivedere. Andammo a cena da Bice». Lea Pericoli nasce a Milano ü 22 marzo del 1935. A neanche due anni, con la madre Jole, si imbarca sul Conte Rosso per raggiungere il padre Filippo che ha seguito le truppe in Etiopia. «E stato ü primo civile a entrare ad Addis Abeba. Aprì una ditta di importazioni e diventammo ricchi ma scoppiò la guerra, arrivarono gli inglesi e lo fecero prigioniero. Doveva finire in India ma ai tempi delle stragi di Graziani papà aveva salvato tante persone, tra cui ü cameriere personale dell’Imperatore. Il Negus lo graziò e lui fece di nuovo fortuna, per poi perdere di nuovo tutto. Più volte». Intanto la giovane Lea, tennista autodidatta sul campo dietro casa, a 12 anni viene spedita a Nairobi, Loreto Convent. «Durissimo. Ero l’unica italiana. All’inizio pensavano fossi sorda perché non capivo nulla e urlavano. Però ero brava a cavallo, le stracciavo a tennis, ero perfino titolare nella squadra di hockey prato. Mi sono guadagnata il loro rispetto». Il Kenya finisce insanguinato dai Mao Mao e Lea torna in Italia. Forte dei Marmi, torneo delle Focette. «Non ero neanche tesserata, gioco e vinco. Un sogno. Stavo in mezzo ai più grandi dell’epoca: Del Bello, Cucelli, Gardini. Fausto venne da me. “Se facciamo una foto con i prodotti Binaca ti faccio avere una Parker d’oro”. L’avrei fatto anche gratis». Però a quei tempi la separazione tra dilettanti e professionisti è custodita da guardiani feroci. «Mi convocò ü segretario della Federazione, Piccardo, piccolo, nevrotico, cattivo: minacciò di squalificarmi per la pubblicità e perché risultavo iscritta a due club. Ero una ragazzina, che ne sapevo?». Lea sta ferma un po’, poi riprende. Va a Wimbledon dove incontra Ted T inlíng, ex giocatore, scrittore, spia e creatore di moda. «Mi chiese se volevo mettermi i suoi vestiti. Come dirgli di no? Giocai con culotte e sottoveste rosa. Fotografi da tutte le parti. Apriti cielo. Mio padre mi bloccò per due anni». Ma ormai il tennis e Lea sono intrecciati. Diventa icona di stile, ma tra un torneo e l’altro lavora come interprete e corrispondente per un commerciante libanese. «Olio, noccioline. Forse anche arali». Con la racchette non si guadagna. «Io ho vinto 27 titoli Italiani, ma pensa a Pietrangell: 4 finali del Roland Garros e 2 vittorie. Un altro mondo. Bello, però. Eravamo poveracci che giravano e si divertivano un sacco. Tra un match e l’altro giocavamo a poker per levarci due lire. Accettavamo gli inviti belli, io adoravo il Cairo». Lea smette a quarant’anni, 1975. Agli Assoluti vince singolo, doppio e misto con Adriano Panatta «che è stato anche fidanzato con mia sorella». «Avevo un tennis primitivo, selvatico, avevo il polso come Borg, senza irriverenza». E Nicola? «Con lui siamo diventati amici dopo, a forza di leccarci le ferite a vicenda. Un grande talento ma poca volontà, l’avesse avuta sarebbe stato il più grande, ma lui ripete che si è divertito tanto lo stesso. Un po’ come Adriano». Le place Roger Federer «L’unico fenomeno. Ha il tennis perfetto, una rarità». Adora Flavia Pennetta. «Carina, speciale. L’ho detto anche a sua madre: la figlia che avrei voluto avere». Confessa che ha vissuto, battagliando contro il tumore, senza paura. «La gente conosce la storia, due anni fa ho avuto un altro intervento e non l’ho detto quasi a nessuno. Ora c’è un bel legame con Marco Alloisio dell’Humanitas, che mi ha operata e con lui ci impegniamo per i bambini. Alla mia festa ho chiesto di fare un’offerta per loro in busta chiusa. Niente La vicenda • Lea Pericoli è nata a Milano II 22 marzo 1935. È stata campionessa italiana dal 1958 al 1975, con 264 presenze in nazionale e 30 Fed Cup • Nel tome) del Grande Slam tre volte gli ottavi a Wimbledon (1965, 1967, 1970) e 4 volte al Roland Garros (1955, 1960, 1964, 1971; semifinale doppio)….

 

Gli 80 anni della nostra Divina

 

Gianni Clerici, la repubblica del 16.03.2015

 

Noi del tennis, e non solo noi, siamo stati tutti innamorati della Lea. In un paese cattolico come il nostro, è difficile sfuggire a un’immagine femminile che idealizziamo, sia quella che non oso dire, sia la mamma, sia la moglie. Insomma, l’amore. Preparandomi a scrivere una piccola celebrazione dei suoi ottant’anni, ho cominciato col telefonare a uno dei miei Editor, per informarlo. «Ottant’anni !» ha esclamato. «Ma sei sicuro? Non è che ti sbagli le date, come fai, sì insomma, da quando sei un po’ suonato. Se sei sicuro lo pubblichiamo, ci mancherebbe. Lo spazio? Per una come lei limiti non ce ne sono.. Ho allora telefonato a Pietrangeli, anche lui innamorato della Lea. .Si, certo. Il compleanno si festeggia a Roma, il 22 marzo. Mi chiedi perché non l’ho sposata? Me lo sono chiesto anch’io, più di una volta. Ma eravamo sempre tutti e due così occupati….. Quanto a me, mi sono ricordato di averla vista la prima volta al torneo di Wimbledon del 1956, e di essermene subito innamorato, giovane giornalista che ero, al Giorno. Lei aveva giusto vent’ anni. Era arrivata in Italia da Addis Abeba, dov’era cresciuta, dove aveva abitato con suo Papà, un grande uomo d’affari, che il Negus, Hailé Selassie, aveva personalmente liberato dal campo di concentramento in cui si sarebbe trovato, nel 1941. A Wimbledon le tenniste indossavano ancora gonne lunghe sin quasi al ginocchio, solo le americane erano più disinvolte, con quella che si chiamava sottana-pantalone. Come Lea scese in campo si verificò un assieparsi simile a quello che avevo visto per il primo film della coetanea Sofia Loren, i fotografi che si battevano a colpi di gomito, i dirigenti in blazer imbarazzatissimi: ogni volta che Lea colpiva il suo diritto, la sottanella, già corta sino alla coscia, roteava, facendo si che la Divina, come avevo preso a chiamarla, mostrasse l’indumento sottostante, che, non fosse state tanto chic, si sarebbe potuto definire mutandine. Simile immagine lasciò tutti sconcertati, e purtroppo l’ultimo non fu Papa Pericoli, che prese a pensare che il futuro di sua figlia non fosse quello della star di un’attività ancora indefinibile quale il tennista. Fu allora che ricevette da me una lettera aperta, che ho rivisto con orgoglio negli archivi del Giorno, nella quale lo avvertivo che non si poteva mutare un destino irrinunciabile, non meno di quello di una Carla Fracci. Oltre a me, era innamoratissimo di sua figlia il famoso coach australiano Dinny Pails, allenatore della nazionale italiana. Confuso com’era, il poveruomo cercò, come certi mariti anziani, di spingere la giovane a dei mutamenti che imitassero il suo stile, e fu questa la principale ragione per la quale la Lea fu una campionessa meno fulgida di quanto avrebbe potuto. Lea ha infatti vinto molto, ma forse meno di quanto le avrebbe consentito quel fisico da mannequin, come allora si chiamavano le top model. Dopo averle dedicato qualche dozzina di ore di una vita di spettatore riscattata solo dalla sua presenza, le ho chiesto quale dei suoi match ricordasse con più emozione, oltre alle prime partite milanesi, il titolo junior italiano del 1952, il tempo in cui si divideva tra San Siro, incapace di dimenticare il suo cavallino d’Africa, e tanto disinvolta in groppa che qualcuno provò ad offrirle la possibilità di una gara, contro autentici fantini. Forse il primo successo internazionale a Crans Montana? Forse gli ottavi di finale al Roland Garros, a soli vent’anni, che equivalevano a sedici delle attuali contemporanee, prodotte e ipersviluppate in laboratori tennistici? Non poteva dimenticare, certo, i successi su tre Number One mondiali quali Ann Haydon, Virginia Wade, e l’inventrice del femminismo tennistico, Billie Jean King. Ma anche le cinque finali romane insieme a Silvana Lazzarino, e, sempre con quella che battezzai Minnie, i tre consecutivi titoli a Montecarlo, sua città adottiva, e la supercoppa d’argento offerta da un gentiluomo dal nome indimenticabile, Lord Highlife. Nel parlare di successi, non posso evitar di citare quel che è insolito tra gli sportivi, spesso campioni con il corpo in tradizionale opposizione alla mente. Come ebbe terminato di assemblare i 27 titoli italiani, Lea prese a scrivere, anticipando due attività spesso in contrasto quale giornalismo scritto e parlato. Iniziò, con la Lettera 22, alla Notte, per essere notata da quel genio di Montanelli, che forse se ne innamoròanche lui, e passare al Giornale. Ma non solo di tennis, com’era attendibile, prese ad occuparsi. Si ritagliò una memorabile parte di giornale, sino a due pagine che disegnava, con una notorietà non inferiore a Maria Pezzi, la Number One della moda. Poiché Lea era abituata a superare match in tre set, insieme al giornalismo giunse anche la TV. Telecrona- che di tennis, quale primo commentatore femmina in Italia, ma anche altro, e quale altro. A Montecarlo, dove spesso soggiornava, amata dal pricipe Ranieri, iniziò un gioco chiamato Paroliamo, e, con il famoso Jocelyn, a Parigi, una Caccia al Tesoro in elicottero, anche perché, confessa ridendo, era l’unica donna ad esprimersi disinvoltamente in tre lingue. II giorno in cui Lea chiese a Montanelli di correggerle un pezzo complicato, ebbe un’inattesa risposta:. Non correggo neanche me stesso, ci mancherebbe con te. Ma perché, quando sei libera, non ci provi con un libro?.. Giunse così un libro insolito, ‘Questa Magnifica Vita , nel quale Lea affermava, con ininterrotti esempi, quanto sia da vivere positivamente la vita, quel che spesso dimentichiamo in una somma di contrarietà, sfortune, fastidi o semplicemente contrattempi. Seguì un volume di successo, forse non sufficiente tuttavia per la storia di un’italiana che aveva abitato una Colonia, e l’aveva amata quasi fosse la patria. Lea racconta la sua fortunata infanzia e le storie minime di quel continente, che non cessa di visitare ogni anno: un diario che, quando lo lessi e recensii, non mi trattenni dal definire addirittura simile a My Africa, di una scrittice che ebbi l’onore di conoscere, Karen Blixen. Fu poi la volta di ‘C’era una volta il Tennis”, una biografia della quale il nostro amico Nicola non può non essere fiero, il lungo ricordo di una affettuosa amicizia di sessantenni, forse il modo migliore di trascorrere una vita parallela. E, ingiustamente scambiato per comuni fiabe africane, un testo poetico di grande creatività, “L’AngeloCapovolto”. Se queste righe hanno incuriosito il lettore, questi potrà chiedersi cosa faccia ora la protagonista. Oltre ad occuparsi di attività benefiche ovvie per chi, come lei, è stata vittima di non uno ma due tumori felicemente sconfitti, Lea gioca spessissimo a golf, iniziato dopo il tennis, un gioco in cui ha raggiunto l’eccellenza con un handicap di 13. Edèstataelettaal ruolo congeniale di Madrina del nostro tennis, capace di eleganti sintesi nel consegnare le coppe dei nostri Campionati Internazionali d’Italia, a Roma, mentre il pubblico l’applaude, insieme alle vincitrici. Insomma, ne sono ancora innamorato, ed è un privilegio che mi sia stato chiesto questo articolo….


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