Rassegna a cura di Daniele Flavi
Hingis e Parigi amore mai nato
Vincenzo Martucci, la Gazzetta dello sport del 1.06.2015
Martina Hingis, una delle campionesse più forti di sempre sulla terra rossa a non aver vinto il Roland Garros. Perché? «Non è un torneo che mi ha deluso cosa tanto, con due finali e tre semifinali in singolare. All’epoca giocavo già tanto anche in doppio. E Parigi è lo Slam più fisico, succhia tante energie, perché gli altri Major si giocano su superfici più veloci e chiedono meno sforzo anche mentale, e perché ci si arriva meno freschi, come momento della stagione, rispetto per esempio, agli Australian Open, che sono all’inizio dell’anno». Nel 1997 mancò il Grande Slam proprio fallendo la finale del Roland Garros contro Iva Majoli che non ha più fatto granché: era caduta da cavallo, s’era fatta male: fu colpa sua? «Avevo battuto la Seles dopo una gran battaglia, 6-4 al terzo set, ero ancora in gara anche in doppio e in finale ero distrutta. Pagai prima la stanchezza, e poi l’infortunio». Nel 1999 aveva praticamente vinto, si mise a litigare col pubblico: fu colpa sua? «Lì avrei dovuto vincere, ma, a 18 anni, ero ancora un’adolescente, volevo vincere così tanto… In certi momenti fai delle cose ancor più pazze. E’ quello che successe a me. Quel giorno ho imparato tanto». Insomma, lei che sembrava un computerino, freddo e distaccato, era invece fragile e vulnerabile. «Siamo esseri umani, viviamo di emozioni , Ma, sommando i successi Slam, a fine carriera, Hingis e Seles hanno vinto meno del previsto. «Beh, cinque Slam non sono pochi, ho perso sette finali, è vero, ma alcune davvero per poco. Con la Capriati, nel 2002, in Australia, ero avanti 6-4 4-0, poi ebbi anche 4 match point, ma persi. Giocatrici come lei e come la Davenport mi hanno sempre dato fastidio perché, quando credevo di essere ormai in controllo, loro, invece di rilassarsi, non avendo più da perdere, tiravano tutto utilizzando al massimo la loro potenza». Lei aveva l’intelligenza, il tocco, la varietà, il timing… «Io dovevo costruire ogni punto e lottare continuamente, e quando mi salivano sopra di potenza, non avevo più risposte». Si giudica sfortunata? «No, perché? Ho vinto il massimo in proporzione al mio potenziale. Fisicamente, non potevo vincere punti facili, non avevo un servizio così potente, dovevo spingere tanto, mentalmente, ma non potevo forzare troppo il fisico come poteva fare Steffi Graf. Figurati adesso che c’è tanta gente sopra il metro e 80, sull’erba mi ucciderebbero». Perché continua a giocare in doppio (e intanto insieme alla Mirza ha battuto Knapp e Vinci)? «Perché è bello tener viva questa sfida con me stessa; perché, malgrado abbia cercato di fare altre cose — ho allenato una pro e ho allenato in una scuola, ed ho fatto la telecronista — giocare è quella che so far meglio; perché il tennis regala emozioni uniche; perché non c’è altro come questo che ho fatto così bene nella mia vita; perché le sensazioni della vittoria sono uniche. E forse solo qualche gara di equitazione, ad alto livello, mi ha dato soddisfazioni così grandi»….
Tsonga orgoglio francese
Valentina Clemente, il corriere dello sport del 1.06.2015
Essere francese e giocare il Roland Garros non è mai stato un vantaggio e lo dimostra il fatto che il palmarés dei transalpini nello Slam di casa non è mai stato ricco: le pressioni dell’ambiente infatti hanno portato pochi tennisti ad eccellere e si tema ancora l’erede di Yannick Noah, ultimo tricolore a salire il gradino più alto nel 1983. Negli ultimi anni le speranze si sono rivolte tutte verso Jo Tsonga e Gael Monfils, ma se quest’ultimo ha avuto una carriera segnata da diversi infortuni, il primo è stato ad un passo dalla finale nel 2013, anno in cui si ritrovò di fronte David Ferrer e cadde in maniera inaspettata. Nella tormentata giornata di ieri, in cui la pioggia è stata la prima protagonista, Tsonga ha messo insieme un alto tassello importante della sua storia personale, visto che conto Tomas Berdych (6-3 6-2 6-7 6-3) ha collezionato la sua 88′ vittoria in uno Slam ed è salito su un podio tutto speciale dietro i due connazionali Jean Borotra e Henri Cochet per il numero di successi in carriera in un torneo Spesso Jo è stato criticato per una forza mentale non all’altezza delle aspettative, ma ieri contro Berdych anche nei momenti più difficili non ha mai mollato, conquistando così i quarti di finale in cui sfiderà il giapponese Kei Nishikori. «Non è stato facile perché, anche se ho giocato bene nel terzo set, nel momento in cui avrei dovuto chiudere la partita ho avuto un calo e lui è riuscito a tornare in gara. Ho fatto qualche errore di troppo in quel frangente, ma alla fine ho avuto la lucidità giusta per portare a casa l’incontro nel quarto e battere uno dei migliori giocatori al mondo». Se si considera il fatto che dalla fine dello scorso anno, e più precisamente dalla finale di Coppa Davis contro la Svizzera, Tsonga ha vissuto non poche difficoltà tra infortuni e critiche, il francese sta esprimendosi su un buon livello sulla terra rossa del Roland Garros, sorprendendo gli addetti ai lavori e forse anche lui stesso. «Mi sento bene in questo momento e so che con il mio miglior tennis posso battere qualsiasi giocare su questa superficie. Ho sempre creduto nelle mie potenzialità, anche se durante il mio percorso ho incontrato gente che avrebbe voluto mettermi in difficoltà, affermando che non avevo le qualità per puntare in alto. Per fortuna intorno a me ho sempre avuto le persone giuste, le quali sono alla base del mio successo odierno»…..
Sventurato Berdych
Gianni Clerici, la repubblica del 1.06.2015
Piove e ai tempi dei Moschettieri, non era previsto un tetto. Subita la vorace professionalità dei bagarini nordafricani, ai più ottimisti tra gli spettatori rimane soltanto la chance dell’acquisto dell’ombrello arancio-verde, i colori del club, scoraggiante ricordo. Un ricordo ammirato, da vecchio aficionado, va invece a chi conosceva il gioco, diversamente dalle odierne banalissime bimani, sorta di robottine che rendono il tennis una vicenda inguardabile. La mia ammirazione va dunque, forse per l’ultima volta, al ricordo di Doris Hart, la pluri amata americana che ci ha lasciati all’età di 89 anni. Come giunse per la prima volta in Europa, e la vedemmo in campo, pensammo che il suo atteggiamento avverso alla minima rincorsa celasse pigrizia o addirittura snobismo. Era invece l’effetto di un’infantile poliomielite, e quel suo ignorarla ce la rese cara, e amica. A volte ci si allenava, in quel mondo felicemente privo di coach, con le nostre amiche, e un giorno, con mio partner Orlando Sirola e Chatrier – ora patrono del Centrale – domandammo a Doris se mai volesse fare da quarto. Non solo sorrise, alla nostra insolita proposta ma, appena iniziammo, iniziò a sommergerci di vole impeccabili quanto violente. Requiescat nei ricordi, straordinario esempio di umanità creativa, modello invisibile alle volgari bimani di oggi, che non meriterebbero nemmeno i risultati, negli elenchi delle righe sciupate. Nella seconda parte della giornata gli spettatori più insistenti, o meno prodighi, hanno assistito a una vicenda strettamente connessa con l’umidità dei campi, e la assegnazione di qualche tennista a subire pioggerella evento. Tra questi, il giapponesino Nishikori ha ricordato il proverbio più volte ripetuto da Bollettieri, “lifting in the rain”, sul ritmo della famosa canzone. Mentre le nerissime nubi erano attraversate da un insperato arcobaleno, avremmo assistito all’abituale vicenda psicanalitica mancata di Thomas Berdych…
I soliti noti al comando
Angelo Mancuso, il Messaggero del 1.06.2015
Il normale ordine delle cose. Il Roland Garros sta confermando una tendenza consolidata: il tennis maschile è saldamente nelle mani di pochi intimi. Lo dicono i numeri: Djokovic, Federer, Nadal e Murray si sono spartiti 41 degli ultimi 46 titoli dello Slam, con le con le eccezioni di Gaudio nel 2004 a Parigi, Del Potro nel 2009 agli US Open, Safin nel 2005 e Wawrinka nel 2014 a Melbourne e Cilic agli US Open sempre lo scorso anno. E alle loro spalle a sgomitare sono sempre gli stessi. Oggi comincia la seconda settimana di torneo e in gara a Parigi ci sono ancora 7 delle prime 8 teste. L’unico a non rispondere all’appello è Tomas Berdych, n.4. Ma non si può parlare di sorpresa: lo ha battuto uno dei beniamini di casa, Jo-Wilfried Tsonga, per 6-3 6-2 6-7 (5) 6-3. Fino a 10-15 anni fa accadeva tra le donne: in fondo arrivavano sempre le solite note, o quasi. Ora la situazione si è ribaltata e infatti al Roland Garros femminile ci sono già state alcune eliminazioni eccellenti: hanno salutato al secondo turno Halep e Wozniacki, terza e quinta testa di serie, mentre la n.6 Bouchard ha perso all’esordio. IL FATTORE FISICO «Tra gli uomini è decisivo: il divario tra i primi 20 e quelli che inseguono è aumentato rispetto al recente passato. Quelli avanti in classifica non sono migliori solo tecnicamente, ma anche atleticamente ed è difficile sorprenderli», ha sottolineato Guga Kuerten, ex n.1 e campione del torneo, che domenica premierà il vincitore. «Nel femminile – ha aggiunto – c’è più competizione rispetto a qualche anno fa, ma spesso emerge l’aspetto emotivo. Ecco perché ci sono più sorprese. Guardate quanto ha sofferto Serena contro la Azarenka, che non è al top della condizione». Intanto il torneo va avanti: Federer (n.2) deve completare il suo match contro Monfils interrotto per oscurità sul punteggio di un set pari. Per restare in tema di gerarchie al prossimo turno troverebbe il connazionale Wawrinka (n.8). Quarti anche per Kei Nishikori (n.5): alla vigilia era considerato come il terzo di un’ideale griglia di partenza. Sin qui semplice routine, compreso il successo contro Gabashvili (6-3 6-46-2). IL QUARTO PIU’ ATTESO Oggi, pioggia permettendo, si completano gli ottavi. L’impressione è che nella parte alta il tavolo sia già imbandito per il piatto più succulento, il quarto di finale tra Djokovic e Nadal. Il torneo potrebbe decidersi lì: chi vincerà probabilmente domenica alzerà il trofeo. Prima il serbo trova sulla sua strada l’ex enfant prodige francese Gasquet, mentre per il mancino spagnolo (n.7) c’è lo statunitense Jack Sock, troppo tenero per mettere in ambasce il maiorchino sulla terra. Nole e Rafa hanno vissuto giornate di totale tranquillità. Gli unici brividi sono stati il lieve risentimento muscolare agli adduttori del serbo durante il match di secondo turno contro Muller e le polemiche con gli arbitri dello spagnolo, accusato di “ricusarli” come nella peggior tradizione pallonara. In agguato ci sono Andy Murray (n.3) e David Ferenr (n.7).