Sentirsi zen a Indian Wells

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Sentirsi zen a Indian Wells

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TENNIS – Zen è la parola usata da Federer per descrivere il suo attuale stato d’animo, e quella con Haas è stata la sua miglior partita nel 2014 secondo molti. Stanotte nei quarti di finale troverà Kevin Anderson, erede della grande tradizione sudafricana. Matteo Gallo

C’è qualcosa di molto romantico nel vedere Roger Federer palleggiare con Edberg durante un riscaldamento a Indian Wells. Edberg era l’idolo di Roger quando questi era solo un bambino e lo svedese vinceva Wimbledon e incantava gli appassionati di tutto il mondo col suo rovescio e il miglior gioco a volo della storia recente. Federer ha voluto vicino il suo campione preferito, ed Edberg ha risposto di sí. Le cose stanno andando piuttosto bene. E non era per niente scontato.

Negli ultimi 4-5 mesi Federer ha preso decisioni importanti per il suo gioco, due su tutti: cambiare racchetta e cambiare coach. A quel livello si tratta di cambiamenti strutturali molto importanti, che possono avere una forte influenza su gioco e risultati. Sono innumerevoli i casi di giocatori che hanno cambiato attrezzo o compagno di viaggio e sono entrati in un tunnel di risultati negativi. Non è il caso di Federer e il mondo del tennis dev’esserne felice.

Cambiare per tornare ad essere quello di prima. Creare situazioni nuove per stimolare la competizione. Nuova racchetta, nuovi colpi, ore di allenamento per cercare la miglior tensione possibile, il peso, la grandezza del piatto corde. Sappiamo che Roger ha aumentato la tensione a 25-26 e tra qualche giorno, probabilmente nella breve pausa tra Indian Wells e Miami, incontrerà i rappresentanti della Wilson per decidere se apportare ancora qualche cambiamento. La nuova racchetta é ormai stata adottata da Federer e funziona: su tre tornei giocati quest’anno Federer ha fatto una semifinale (Australia), una finale (Brisbane) e una vittoria (Dubai). E a Indian Wells ha l’aria di essere il giocatore più in forma.

“Mi sento Zen in campo” è la frase che meglio disegna il suo stato d’animo. Zen su un campo di tennis? È la cosa migliore che ti possa capitare nella vita. “Una palla colpita perfettamente è l’unica pace” ha scritto Agassi. Pace, Zen. Non ci sono parole migliori che possano descrivere il tennis di Federer. Ogni sua conferenza stampa è speciale: tutti vogliono essere presenti perché tutti sanno che risponderà in maniera interessante. Ecco il pensiero di Federer sulla diatriba di un quinto Slam, magari a Indian Wells. “Credo che questo torneo debba essere ciò che è: un grande Masters 1000 ed un torneo in cui  i tennisti amano giocare, ed amano il prestigio di vincere e competere qui. Così come lo US Open è ciò che è anche per la sua storia”. D’altronde gli Slam sono 4 da 120 anni, un motivo ci sarà.

Non sappiamo quanto i risultati recenti di Roger siano anche merito di Edberg, ma vederlo lí nel suo angolo trasmette una sensazione di continuità e di scelta ben pensata. Mentre Djokovic fatica ad ogni partita e Murray sembra aver perso quel mordente che Lendl gli aveva trasmesso l’anno scorso, Federer ha di nuovo quell’aria profetica del 2012, quando vinse Wimbledon e tornó al nº1 del ranking mondiale. Anche in quel caso aveva da poco cambiato allenatore e l’energia si era rinnovata con Paul Annacone. Cambiare per rimanere lo stesso.

Le scelte di Federer sembrano dettate dall’amore per il tennis e per il proprio gioco. Edberg probabilmente gli ricorda i pomeriggi passati davanti alla TV a vederlo giocare, quando era ancora un pre-adolescente che sognava di diventare un grande giocatore. Quelli sono presumibilmente gli anni in cui si è innamorato del tennis e lo ha fatto suo. “Lavorare con Stefan dopo che è stato il mio idolo da ragazzino è fantastico” ha detto più di una volta in questi mesi. E su youtube si trova un video di loro due palleggiando con grande tranquillità. Si vede che Edberg non è in gran forma; Federer saltella tra un colpo e l’altro, lo svedese no.

Ma non importa. Edberg è stato il più aggraziato tra i protagonisti del tennis negli anni ’80 e ’90: le sue battaglie con Becker, le volée disegnate sui campi di Wimbledon. Vederli palleggiare non racconta solo un allenamento, ma come dice la pubblictá di una nota marca di orologi, racconta la Storia.
Stanotte Federer si troverá di fronte nei quarti di finale di Indian Wells Kevin Anderson, che ha appena sbattuto fuori dal torneo nientemeno che Wawrinka: Anderson è “l’ultimo dei sudafricani”, erede di una scuola di successo e che ha avuto in Wayne Ferreira il suo miglior giocatore. Una volta si giocavano molti tornei minori in Sudafrica, ora non più. “È molto difficile per i giovani emergere” raccontava Anderson dopo la vittoria su Wawrinka “una volta si poteva entrare nella top 100 senza uscire dal paese. Oggi invece si è costretti ad andare via se si vuole diventare professionisti. Spero che le cose cambino”.

Anderson é uno dei “big boys” del circuito: servizio mortifero, ma anche buona predisposizione da fondo. “Serve bene ma sa anche costruire il punto” ha detto di lui Federer. I suoi successi possono riportare il tennis al centro dell’attenzione in Sudafrica, anche se lui ha già chiesto da un po’ il passaporto americano. “Vivo a Delray Beach con mia moglie (americana) e avere la doppia nazionalità sarebbe molto più comodo. Ma continuerò a giocare la Coppa Davis con il Sudafrica” ha rassicurato. A Soweto, Ellis Park e Pretoria in tanti faranno il tifo per lui.
Matteo Gallo

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