ATP Miami: (S)punti tecnici del primo turno

(S)punti Tecnici

ATP Miami: (S)punti tecnici del primo turno

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TENNIS – Prima puntata della nostra rubrica tecnica dedicata al torneo Combined di Miami. Oggi parliamo della sfida a tutto campo tra Istomin e Mahut e della latente fragilità mentale di Serena Williams. 

Il tennis a tutto campo di Nicolas e Denis

Il confronto tra Nicolas Mahut e Denis Istomin è stato molto interessante dal punto di vista tattico. Tecnicamente, un match piuttosto standard, giocato tra due solide “seconde linee” del circuito, tennisti che stazionano attorno alla cinquantesima posizione mondiale, quindi un buon esempio del tennis “normale”, quello dei professionisti che non sono dotati dello straordinario talento tecnico o fisico dei fuoriclasse ma che fanno la loro onesta carriera.

La cosa fuori dalla norma, in questa partita, è stato l’effetto che ha avuto il gioco di Mahut: come sempre, il francese ha messo in campo il suo tennis verticale, fatto di proiezioni in avanti costanti, dietro al servizio, attaccando la seconda palla avversaria, rischiando continue accelerazioni poco liftate da fondocampo, andandosi a prendere il punto con la volée. E fin qui, nulla di strano, Nicolas è noto per essere uno degli ultimi attaccanti “totali” rimasti al giorno d’oggi.

Ma come dicevo, è stato davvero notevole l’effetto che questo ha avuto sul gioco del suo avversario: costretto a reagire a schemi inusuali, e alla quasi totale mancanza di ritmo da fondocampo, Istomin, che è uno dei più tipici tennisti odierni di pressione con i rimbalzi, ha dovuto adattarsi alle fiammate di Mahut, lasciando andare il braccio e rinunciando alle ragnatele da fondocampo, e ci è riuscito molto bene.

Ne è venuto fuori un match godibilissimo, senza numeri fenomenali, però vedere Istomin che spara rovesci lungolinea rischiosissimi e vincenti uno dietro all’altro, si viene a prendere i punti in avanti con buone percentuali per evitare di venire a sua volta attaccato, accetta insomma di giocarsela sui colpi e non solo sulla solidità e sulla continuità, mentre dall’altra parte Mahut gli veniva sotto appena possibile, è stato un bello spettacolo.

Denis ne è venuto fuori con due tie-break, ma bisogna ringraziare Nicolas per aver dimostrato che un tennis verticale efficace è ancora possibile anche se non si è la reincarnazione di McEnroe, e soprattutto per aver fatto vedere che il contrasto di stili può far venire fuori il meglio anche dai martellatori di oggi, che hanno nella maggior parte dei casi molta più classe di quanto non possano dimostrare se costretti, come di solito, alla pressione da fondo come unico schema.

C’è speranza.

La fragilità di Serena

Parlando di una delle giocatrici più dominanti e vincenti di sempre usare un termine come “fragilità” può sembrare un controsenso. Tecnicamente, Serena Williams non si discute. Servizio, dritto e rovescio ai massimi livelli, potenza ed esplosività ineguagliate, ottimo tocco quando è chiamata alle variazioni o alle volée. In breve, la migliore.

Dal punto di vista mentale, però, ho qualche personalissima riserva sulle doti e sulle risorse della campionessa americana. A mio avviso, il problema di Serena è che lei semplicemente non solo non accetta di perdere, ma non concepisce nemmeno di essere messa sotto, pur momentaneamente, nel gioco e nel punteggio. Questa attitudine mentale, nel momento in cui sei un fuoriclasse, per un tennista non è necessariamente un difetto: potremmo definirla “arroganza positiva”.

Come detto, però, tale attitudine funziona, e conferisce stimoli positivi aumentando e mantenendo la convinzione nei propri mezzi, finchè un fuoriclasse lo sei e lo rimani. Il rischio è che, quando per qualsiasi motivo le cose non vanno nel verso giusto, la determinazione si trasformi in frustrazione e rabbia invece che in concentrazione e impegno nel raddrizzare le situazioni complicate.

Durante l’intero primo set della sua partita contro l’ottima Yaroslava Shvedova, che stava giocando il suo tennis migliore, il body language di Serena era chiarissimo, e passava dall’incredulità per il sorprendente livello dell’avversaria, alla rabbia per l’incapacità di salire con il proprio. Di calma, concentrazione e reazione positiva nemmeno l’ombra. Oltre a ciò, a sottolineare l’ira funesta che la attanagliava, poco fair play, come quando dopo un nastro clamorosamente favorevole in un game tesissimo sul 5-3 Shvedova, Serena non si è scusata, esibendosi invece in un urlo di autoincitamento con fist-pump annesso. Non esattamente un comportamento esemplare.

Alla fine, la differenza di categoria (e la vittoria 7-6, 6-2) è venuta fuori per forza, non prima però che la Williams si fosse trovata ad affrontare tre set point contro nel tie-break, situazione nella quale non avrebbe dovuto nemmeno trovarsi se avesse giocato con maggiore attenzione esprimendo le proprie straordinarie qualità piuttosto che arrabbiandosi per le cose buone messe in campo da Yaroslava.

Finchè sarà tanto più forte di tutte, potrà andare tranquillamente avanti così. Ma il mio timore è che questo atteggiamento, nell’istante in cui dovesse arrivare un calo vero, magari dovuto all’età, possa essere una molla emotiva che le si potrebbe ritorcere contro tutta in una volta. Non credo che vedremo mai Serena Williams in fase discendente, non darà mai alle altre la possibilità di batterla con continuità: appena scenderà un minimo sotto l’unico livello di gioco che concepisce, ovvero il meglio assoluto, sono convinto che smetterà di colpo, da un giorno all’altro. E sarà un peccato.

Belva.

One-Handed Backhand appreciation corner

E rieccoci in battaglia, dura più che mai.

Gli Eroi della Luce a una mano non mollano, e non lo fanno nemmeno le Nemesi Bimani.

Le grandi Speranze attuali nella lotta contro la Barbarie sono, come sempre, le Leggende Rossocrociate Roger e Stanislas, l’Apprendista Bulgaro Grigor, l’Highlander Teutonico Tommy, e il Cavaliere Transalpino Richard. Per gli altri Guerrieri della presa Eastern a una mano la vediamo dura, ma seguiremo con simpatia il talento di Dominic Thiem e Horacio Zeballos.

Tra le donne, brutto momento, ma finchè c’è Carlita Suarez Navarro, una fioca luce continuerà a brillare, nel buio di un tennis femminile ormai precipitato nel Lato Oscuro.

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