(S)punti Tecnici
ATP Miami: (S)punti tecnici, ottavi maschili

TENNIS ATP MIAMI – Nella quarta puntata della rubrica tecnica ci soffermiamo sugli ottavi maschili: il “nirvana tennistico” di Federer, che ha annichilito Gasquet, e la concentrazione assoluta di Nadal che non si lascia distrarre dai limiti dell’avversario.
Lo spettacolo totale di Roger
A tutti i livelli, dagli amatori fino ai top-player, la sensazione migliore che un tennista può provare sul campo è quella di essere in controllo assoluto della situazione. Succede di rado, e devono essere presenti contemporaneamente diversi fattori, principalmente le condizioni e l’ambiente di gioco preferito (superficie, palle, meteo) e soprattutto una tipologia di avversario che esalti le proprie qualità, e non abbia armi per pressare o metterci in difficoltà più di quanto non si riesca a gestire. L’altro può anche giocare bene, ma non deve mai esserci la possibilità che l’esito del match dipenda da lui.
Quando ci si trova in questa sorta di “nirvana agonistico”, si riesce a dare il meglio del proprio meglio, entra tutto, sembra perfino di telecomandare anche le palle e le traiettorie dell’avversario, e quasi quasi dispiace che la partita finisca, pure se la si è chiaramente vinta, tanto è piacevole e gratificante stare in campo.
Se poi tale scenario si verifica con uno come Roger Federer, si arriva al massimo dello spettacolo. Spettacolo non per il match in sé, è ovvio che la “grande partita” necessita di equilibrio, lotta, incertezza del risultato e altissime prestazioni da parte di entrambi i giocatori, non solo di uno: ma se quell’uno, come detto, è Federer, sapersi mettere nell’ottica di godere del gesto tecnico in quanto tale, come fosse una dimostrazione o un’esibizione, può assicurare all’appassionato come al tecnico un’esperienza piacevolissima.
Richard Gasquet è il numero 9 del mondo, non dimentichiamolo: per lui subire una lezione di tennis come il 6-1 6-2 in 50 minuti scarsi di ieri sera non è una cosa tanto comune. Ma purtroppo per il francese, che con Roger aveva anche vinto due volte (sulla terra), il suo tipo di gioco su questo tipo di superficie si è rivelato come il più adatto a esaltare la classe dello svizzero. Un dritto non troppo penetrante o arrotato, e soprattutto poco anticipato, il solito gran rovescio veloce e pulito, un servizio carico e preciso ma non devastante, la posizione in campo troppo difensiva: nulla che potesse far male a Federer.
Lo svizzero, da parte sua, con i colpi di Gasquet ci è andato a nozze, e ha scatenato quanto di meglio è in grado di proporre sul campo. Ne sono uscite sequenze di vincenti trovati pressochè in ogni modo possibile, dagli ace alle volée, da rovesci tanto potenti e precisi da rivaleggiare con quelli di Richard a palle corte millimetriche, da slice che erano vere rasoiate a recuperi in controbalzo giocati solo di polso. E ancor meglio tutto questo, il dritto.
Come negli anni più vincenti della sua carriera, Roger ha saputo ballare sul terreno di gioco facendo spesso e volentieri il giro attorno alla palla, e sparando i suoi drittoni inside-in e inside-out con una potenza e una precisione incredibili. In particolare, in un paio di occasioni nelle quali l’approccio con i piedi non era stato perfetto, è riuscito lo stesso a estrarsi letteralmente la palla dalla pancia grazie alla velocità della torsione busto-spalle, compensando l’equilibrio arretrato-laterale con l’anticipo dello swing e un finale più ampio, e senza perdere fluidità ha prodotto accelerazioni esterne tanto angolate da stamparsi all’incrocio della riga laterale con quella del servizio, lasciando esterrefatto Gasquet tanto quanto il pubblico.
Finchè ne avrà voglia, divertiamoci insieme a lui.
Showtime.
La concentrazione assoluta di Rafael
Se Federer ha offerto una grande esibizione di tecnica pura, altrettanto notevole è stata l’autentica lezione-dimostrazione di concentrazione e attitudine offerta stanotte da Rafael Nadal, opposto a Fabio Fognini.
Davvero un esempio da seguire e imitare, anche perchè applicabile a ogni livello e riproducibile da chiunque: in quarta categoria non si possono certo tirare dritti a 5000 giri al minuto, ma non c’è motivo per cui non ci si possa almeno sforzare di stare in campo con la testa focalizzata e il perfetto approccio alla partita che ha Nadal.
Nel momento in cui ci si rende conto che l’avversario, per limiti tecnici, tattici, o perchè menomato fisicamente, non sarà in grado di impensierirci riguardo al risultato finale (e questo, visto il Fognini “a mezzo servizio” di stanotte, Rafa lo ha capito dopo tre game), si può scegliere di giocarsela in due modi.
Il primo, sconsigliabile (ma capita che ci caschino anche i professionisti), è il rilassarsi, fare il minimo indispensabile, e scendere di intensità, pensando “tanto non avrò problemi a chiudere i punti che mi servono”: questo può rivelarsi assai pericoloso, sia perchè l’avversario in difficoltà potrebbe sempre trovare risorse imprevedibili e diventare competitivo all’improvviso, sia perchè il rischio è quello di perdere il proprio ritmo abituale, di “andare fuori palla” insomma.
Il secondo, corretto sia agonisticamente che tatticamente, e di cui Nadal è un maestro, è molto banalmente il fregarsene nel modo più assoluto di ciò che avviene dall’altra parte della rete, continuando a macinare i propri colpi punto dopo punto, pensando solo al proprio gioco, dando per scontato e certo che finchè uno non si ritira e rimane in campo, vuol dire che pensa di avere possibilità di vincere, e chiudendo il confronto appena possibile, bene e senza problemi.
E così Rafa ha fatto giustamente del suo meglio come se fosse stato un match tiratissimo, prodezze e “vamos” con pugnetto compresi, dimostrando in questo modo anche grande rispetto per il pubblico e l’avversario, e sbrigando la pratica per 6-2 6-2.
Schiacciasassi.
In conclusione, nel dispiacermi prima di tutto da appassionato che apprezza molto il suo talento, più che da connazionale, per lo sfortunato problema fisico che ha impedito a Fabio di difendere le sue possibilità, non ho potuto fare a meno di pensare che anche in momenti difficili e sconfortanti come questi, c’è modo e modo di reagire. E mi sono venuti in mente Aga Radwanska in finale a Indian Wells, così come lo stesso Nadal in finale a Melbourne: partite importantissime, che nessuno dei due ha potuto giocare al meglio – e che hanno perso – causa infortunio. Ma senza per questo lasciarsi andare alla negatività, alla rabbia e alla frustrazione esibite ed esplicite. Peccato.
One-Handed Backhand appreciation corner
Ne resterà soltanto uno.
Ma se quell’uno è il Vecchio Jedi Roger, tutto può accadere.
A partire dall’imprescindibile Vendetta per la caduta dell’Apprendista Bulgaro Grigor, che calerà implacabile sul Guerriero del Sol Levante Nishikori.
Dopodichè, che si presenti alla Battaglia la Nemesi Britannica Andy o la Nemesi Serba Novak, forse i due massimi rappresentanti della barbarie bimane, l’obiettivo minimo sarà raggiunto: far splendere anche sulle semifinali la Luce a una mano.
Che la Forza renda salda la tua presa eastern, Vecchio Jedi: la Galassia ha ancora bisogno di te.
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Alta intensità a Indian Wells: Berrettini e Tsitsipas a tutto braccio [VIDEO]
Due ore di pallate tra Matteo e Stefanos, spettacolo di potenza sul campo di allenamento

da Indian Wells, il nostro inviato
Poche parole, tante immagini: il modo migliore di apprezzare il tennis, visto da vicinissimo, di due top-player. Nel primo pomeriggio californiano, Matteo Berrettini e Stefanos Tsitsipas sono andati in campo sul “practice court 1” di Indian Wells, e hanno fatto divertire gli spettatori assiepati sulle tribune.
Vi documentiamo l’allenamento dei ragazzi con una serie di video esclusivi, da pochi metri: andiamo a goderceli in compagnia.
Palleggio dal centro, è sempre incredibile vedere come si muove un omone come Berrettini:
Sale il ritmo:
La palla schiocca, le scarpe fischiano:
Open stance piena, pallate una dietro l’altra:
Dall’altra parte della rete, non scherza nemmeno Stefanos:
Si comincia coi diagonaloni di dritto:
Matteo non si fa pregare, e in quattro botte costringe Tsitsipas alla steccata:
Si provano i colpi in chiusura, siamo verso la fine della sessione:
Per finire la carrellata, prima le cose belle di Stefanos col rovescio a una mano:
E poi la specialità di casa Berrettini, servizio e due drittoni:
Un gran bel pomeriggio di sport al massimo livello, tra il numero 5 e il numero 6 del mondo: la competizione sta appena iniziando, ma nel “Paradiso del tennis” le cose sono già interessantissime e appassionanti.
Per quello che abbiamo potuto vedere, anche parlandone un attimo con Matteo e Vincenzo Santopadre, il nostro miglior giocatore sembra stare bene, ha tirato senza paura, speriamo che possa disputare un buon torneo.
Spunti tecnici: il segreto del dritto di Berrettini
Spunti tecnici: Tsitsipas, forse abbiamo trovato un nuovo Airone
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Spunti tecnici: Sinner, decontrazione e scioltezza
Jannik è forse il miglior colpitore puro che il tennis italiano abbia mai visto. Velocità di palla altissima, fluidità totale

Non era mai successo che il tennis azzurro contasse due giocatori contemporaneamente tra i primi 10 della classifica mondiale come accaduto fino alla settimana scorsa. Così come non era mai successo, tra gli italiani, quello che ha realizzato nel 2021 Jannik Sinner, 20 anni, ovvero vincere ben 4 tornei ATP in una stagione (i “250” di Melbourne, Sofia e Anversa, e il “500” di Washinghton, più una finale Masters 1000 persa a Miami). Il giovane ex sciatore della Val Pusteria sta vivendo, da ormai un paio d’anni, un percorso di progresso tecnico e tattico a tratti esaltante, meritatamente condito da vittorie di peso e una conseguente scalata verso i piani alti del nostro sport, dove ha raggiunto Matteo Berrettini, che sta facendo sognare i tifosi non solo nostrani.
La cifra del gioco di Sinner, tennista modernissimo come impostazione tecnico tattica, è la qualità del palleggio aggressivo da fondocampo. Dritto e rovescio di Jannik sono fucilate in costante accelerazione, con una capacità fenomenale di creare velocità di palla da ogni angolo del campo. Come ci riesce il nostro campione? Andiamo ad analizzarlo, ringraziando l’imprescindibile Vanni Gibertini per i video e le immagini originali ed esclusive di Ubitennis direttamente realizzate da Indian Wells nell’ottobre 2021. Iniziamo con un video rallentato, dove possiamo apprezzare due dritti e un rovescio.
SPUNTI TECNICI: Il nostro coach analizza colpo per colpo, foto per foto, Jannik Sinner al microscopio
Quello che salta subito all’occhio, oltre alla generale compostezza della postura e dell’equilibrio, è la facilità con cui Jannik fa scorrere la testa della racchetta attraverso la palla, senza perderne minimamente il controllo. Andando a osservare con attenzione alcuni “frame” tratti dallo stesso filmato, possiamo notare la caratteristica speciale degli swing di Sinner: il giocatore è talmente decontratto da far finire l’attrezzo praticamente nello stesso punto, ben alto e dietro le spalle, da cui ha iniziato il movimento a colpire.

Questa ampiezza dell’ovalizzazione non è un dettaglio peculiare di Jannik, è tecnica abbastanza standard, quello che risulta straordinario nel caso dell’azzurro è che di norma uno swing così sciolto, in gergo si direbbe “a tutto braccio”, viene “lasciato andare” così tanto nel momento in cui si vuole produrre un’accelerazione vincente, alla massima velocità possibile, con tutti i rischi di errore annessi. Sinner, invece, lo fa in ogni singolo colpo, botta dopo botta, mantenendo percentuali altissime di successo, ed è da questo che deriva la sensazione di ritmo impossibile da reggere che tanti dei suoi avversari hanno provato e poi raccontato dopo averlo affrontato.
Andando a vedere i frame, la stessa cosa avviene dal lato del rovescio.

Rovescio che è il colpo più naturale di Jannik, anche se a ben vedere i progressi degli ultimi tempi hanno portato anche il dritto a essere un’arma di pari efficacia. La caratteristica principale del colpo bimane di Sinner è l’estrema semplicità della preparazione, un “backswing” eseguito praticamente in linea, un po’ come nel caso di Daniil Medvedev. Molto differente rispetto, per esempio, all’ovalizzazione più “rotonda” di uno come Alexander Zverev, nessuna delle due tecniche esecutive è migliore o peggiore dell’altra, sono solo personalismi coordinativi. Vediamo il confronto qui sotto, con un’immagine di Sascha sempre da Indian Wells, la differenza di altezza della testa della racchetta all’apice del backswing è chiarissima.

La preparazione con ovalizzazione facilita un minimo l’accelerazione della testa della racchetta, che viene “aiutata” dal percorso bello tondeggiante che va a effettuare (come nel caso di praticamente tutti i dritti standard), mentre quella in linea, a patto di avere la scioltezza di braccia necessaria per far viaggiare l’attezzo, rende più semplice andare a impattare “attraversando la palla”, con poca rotazione, e altissima rapidità del colpo. Lo vediamo dall’inizio alla fine qui sotto.

L’intero movimento, dal backswing fino all’impatto, vede la testa della racchetta di Jannik che non va più in alto rispetto alla linea delle spalle, e non viene portata più in basso dei fianchi, rimanendo in un “binario” di poche decine di centimetri in verticale. L’accompagnamento finale, sempre composto e con la racchetta che segue la direzione della palla prima del già commentato, scioltissimo “wrap” (avvolgimento delle braccia) sopra la spalla opposta, conclude un’esecuzione a dir poco spettacolare.

Dal binario di cui sopra partono gli autentici treni, lungolinea e incrociati, con cui il rovescio di Sinner fa a fette il campo e di conseguenza gli avversari.
Riassumendo, con i fondamentali al rimbalzo, siamo davanti a una macchina lanciamissili che ha pochi eguali nel circuito, paragonabile a quello che era Tomas Berdych (ma con maggiori margini a mio avviso), e per quanto riguarda il rovescio, l’eccellenza è assoluta, al livello dei migliori di tutti, come i citati Zverev e Medvedev. Forse solo il bimane del grande Novak Djokovic, attualmente, potrebbe farsi preferire a quello di Sinner, ma per una questione di varietà tattica di soluzioni che deriva dall’esperienza del fuoriclasse, non certo per qualità tecnica in senso stretto.
A partire dallo scorso anno Jannik sta lavorando molto per migliorare il servizio, che è un colpo ben eseguito e che produce bella velocità, ma a volte tende a non ottenere sufficienti percentuali e angoli efficaci. Il problema (relativo, parlando di livelli simili) appare in gran parte risolto, certo Sinner è difficile che si trasformi in un bombardiere alla Berrettini, ma se riesce ad ottenere un congruo bottino di punti diretti, e negli altri casi a comandare lo scambio scatenando il pazzesco ritmo da fondo analizzato prima, va benissimo così. Lo vediamo qui sotto:


Esecuzione assolutamente corretta, ottimo impatto, si può notare che Sinner tende a rimanere molto verticale con relativa minore uscita dell’anca in avanti, e di conseguenza azione del piano delle spalle meno accentuata, ma anche qui siamo davanti a caratteristiche coordinative personali, quello che conta è la sensazione e la sicurezza nel colpo che può sentire solo il giocatore stesso. Nel corso dell’ultimo anno Jannik è passato dalla tecnica foot-up, cioè con il piede posteriore che fa un passo in avanti a raggiungere quello anteriore, a quella foot-back, con i piedi entrambi a terra in fase di caricamento. Di solito in questo modo si può regolarizzare il lancio di palla, e pare che per Sinner la cosa funzioni. Ormai le prime palle vanno spesso a 200 kmh e anche di più, le seconde non sono facili da aggredire, e oltre a questo ricordiamo che la fase di evoluzione tecnica del giocatore non è ancora conclusa. In ogni caso, è stata raggiunta l’elite del tennis mondiale, se poi immaginiamo ulteriori margini di miglioramento anche tattici, come la capacità di chiudere a rete con angoli e soprattutto tempi di esecuzione sempre più efficaci, il futuro non potrà che riservarci soddisfazioni che attendevamo tutti da una vita.
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ATP Finals – Spunti Tecnici: Matteo Berrettini e il dritto che fa male anche ai top-players
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Tecnicamente, stando in campo con Matteo Berrettini, che si prepara a giocare le ATP Finals per la seconda volta in carriera (record per il tennis italiano maschile, come l’esaltante finale raggiunta sull’erba di Londra), è molto interessante vedere quanto i colpi dell’azzurro sponsorizzato da Lotto Sport Italia siano strutturati con l’obiettivo dell’efficienza e dell’incisività.
Il dritto è uno dei più potenti e carichi di top-spin del Tour, parole di Novak Djokovic, una botta paragonabile a quella di Juan Martin del Potro, il servizio è sempre la specialità di casa, e il rovescio slice (con rotazione all’indietro) è diventato solido e molto efficace. D’altronde, a questi livelli non vai in fondo agli Slam con buchi tecnici evidenti, chi critica il rovescio di Matteo dovrebbe provare a starci in campo contro, come ha detto anche Monfils dopo averci perso a New York due anni fa. Vediamoci insieme Berrettini da vicinissimo.


Qui sopra, un paio di esecuzioni del dritto in open stance, postura frontale, il classico “sventaglio” con cui l’italiano martella a ritmo altissimo da ogni angolo del campo. Da notare, a parte l’ovalizzazione perfetta e l’ottima spinta della gamba esterna, come Matteo tenga l’indice della mano destra ben separato dalle altre dita. La cosa consente una maggiore sensibilità, la nocca del dito avvolge il manico più avanti sostenendolo e “sentendolo”, è il cosiddetto “pistol grip“, l’impugnatura “a pistola”, come se l’indice fosse su un grilletto immaginario. Rispetto al “hammer grip“, che non è l’impugnatura a martello che in italiano è la continental, ma è la postura della mano sul manico a dita raccolte, il vantaggio a livello di percezione e tatto è notevole, a patto che si sia in grado, con la forza dell’arto, di reggere con sufficiente saldezza l’attrezzo. Ecco un esempio più chiaro, per capirci.

Sopra, Dominic Thiem, sotto, Berrettini. Se osserviamo l’indice, la differenza è evidente. Sono due dritti brutali per potenza, efficacissimi entrambi, ma avete presente quando un colpo ha “qualcosa” in più? Magari dà un’impressione di maggior controllo, o di varietà di esecuzioni, tipicamente la capacità di tirare piatto oppure super-arrotato cambiando l’angolo di attacco del piatto corde sulla palla con disinvoltura? Ma non si riesce a focalizzare quale sia la causa, o perché uno ci riesca meglio di un altro? Ecco, questi dettagli spesso sono la risposta. E sappiamo bene che una delle caratteristiche tecniche di Matteo è proprio la capacità di sparare liftoni alternati a manate piatte come niente fosse.
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Qui sopra, vediamo il rovescio tagliato con rotazione all’indietro, ovvero lo slice. Berrettini ha lavorato moltissimo su questo colpo, ce lo ha detto lui stesso, e i risultati si vedono. Non parte molto in alto con la testa della racchetta, non sale troppo con la spalla, e tiene il braccio abbastanza discosto dal corpo (pensiamo a Roberta Vinci, che arrivava dietro la schiena col piatto corde, e avvolgeva il braccio così tanto che ancora un po’ si strangolava da sola, con la spalla destra in gola). Il movimento a colpire risulta più orizzontale, data l’altezza di Matteo la cosa per lui funziona più che bene, ed è ottima la conduzione del piatto corde, con postura perfettamente composta, come si può apprezzare nella seconda immagine. Notevole la capacità di andare basso con le ginocchia, data la stazza del giocatore. La rasoiata in slice di Berrettini non ha nulla da invidiare, quanto a efficacia e cattiveria della rotazione, a esecuzioni ben più “blasonate” dal punto di vista stilistico. Bravissimo.


Qui sopra (sequenza originale ed esclusiva di Ubitennis da Indian Wells), il super-servizio, senza commenti perché le immagini parlano da sole. Il caricamento iniziale, con il brandeggio basculante “alla Raonic”, e il polso morbido, con presa leggerissima, sono caratteristiche personali di Matteo. Decontrazione totale, che produce una frustata con pochi eguali nel circuito. Dalla “trophy position” in poi, vediamo le immagini, anche scolasticamente è una martellata fantastica, il lieve attimo di surplace con racchetta piatta verso l’alto, difettuccio veniale ma presente fino a tre anni fa, è sparito, Matteo va di taglio ad aggredire la palla in modo perfetto. Che missili, ragazzi.
In conclusione, abbiamo un gran bel giocatore, moderno, fisico, potente, e dotato di tecnica assai più raffinata di quanto appaia a prima vista (e soprattutto in TV). La grande sensibilità della sua palla corta ne è un esempio, non spari servizi a 225 all’ora, dritti a 160 dall’altra parte, e poi chiudi il punto con una carezza a mezza spanna dal nastro se non hai tanta, ma tanta “mano”. Un po’ di abitudine ad andare a rete a prendersi qualche punto in più, altra cosa su cui Berrettini e Santopadre ci hanno detto di stare lavorando parecchio, con successo viste le vittorie, e il “pacchetto” è completo.
Terzo anno chiuso in top-10 ATP, titoli prestigiosi come al Queen’s Club, soddisfazioni personali come la convocazione per il team Europa alla Laver Cup, e il sogno della finale di Wimbledon: Matteo Berrettini è arrivato tra i grandi del tennis, e ha intenzione di rimanerci a lungo.