Tennis e tabù: quando l'avversario diventa insormontabile

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Tennis e tabù: quando l’avversario diventa insormontabile

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TENNIS – Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad ulteriori dimostrazioni di superiorità negli h2h da parte di giocatori come Dolgopolov, Murray, Ferrer. Proviamo a ricordare le “bestie nere” più famose nella storia del tennis e i casi in cui le incompatibilità verso un determinato tipo di gioco hanno fatto la differenza.

“Il tennis è tutto fuorchè un equazione matemica” afferma da sempre, il gran Rino Tommasi, “se A batte B, e B batte C, non è per nulla detto che C debba perdere contro A”. Proprio così, e la storia del nostro sport, che si parli di match antichi o moderni, dimostra che le soprannominate bestie nere popolano in maniera estremamente comune il suddetto mondo, nel tennis ancor più che in altri sport. Va da se che se la Juventus ha battuto 20 volte il Catania, a fronte di 9 pareggi e 5 sole sconfitte (giusto per citare l’ultima partita giocata in serie A), questa disparità è certamente dettata più da una superiorità economica e sportiva storica della squadra torinese rispetto alla siciliana, non potendo ascrivere le sorti dello storico a questioni tecnico-tattiche per più di un tot. di anni, visto il cambiamento degli interpreti.

L’indivudualità caratterizzante il tennis, invece, fa si che molto spesso si assista a rivalità, che poi dal punto di vista pratico, rivalità non sono, in cui l’incompatibilità tecnica di un giocatore diventa ostacolo insormontabile per avere la meglio su un proprio collega, trasformandosi poi, anche in incompatibilità e nemesi di ordine psicologico verso quel soggetto, da cui diventa difficilissimo uscire.

Pensiamo al match giocato qualche giorno fa, tra il nuovo Fognini e Dolgopolov: nulla è cambiato dagli scontri precedenti, con Fabio che in 4 match non ha raccolto la miseria di un set, mostrandosi poi, anche abbastanza nervoso in conferenza stampa (“Dolgopolov tira colpi a caso”). E’ inevitabile dunque che le valutazioni tecnico-tattiche diano una spiegazione plausibile a questo storico dei match fra i due, con Fognini che non riesce ad imporre la sua aggressività poichè viene anticipato dai colpi estrosi e geniali dell’ucraino e, non essendo il primo, abituato ad affrontare situazioni del genere, finisce irrimediabilmente per tornare a casa con le pive nel sacco. Altro classico esempio, differente in parte dal primo, è quello di Ferrer contro un altro italiano, Andres Seppi. L’altoatesino, in 6 match, l’ultimo ieri a Miami, è riuscito a totalizzare 0 set vinti contro un giocatore, di certo più forte e costante di lui che fa (più o meno) le stesse cose ma le fa nettamente meglio: in una situazione del genere, raggiungere la vittoria, citando ancora il pensiero di Rino Tommasi, diventa assolutamente proibitivo, a meno che non si incappi in una giornata storta dell’avversario.

L’occasione è quella giusta per citare gli esempi più chiarificanti al riguardo, del passato e del presente, partendo da un certo Bjorn Borg, uno che di legnate ne ha date eccome, anche a grandi campioni. Lo sa bene Guillermo Vilas, uno che dagli addetti ai lavori, suoi connazionali, è stato definito una bestia, un toro, uno che mangiava sette bistecche al giorno e andava ad allenarsi per altre 3-4 ore se l’avversario non gli procurava lo giusto sforzo durante il match. Il suo storico con Borg è di 17-5 in suo sfavore e anche qui, l’impressione è che Borg facesse tutto meglio del suo avversario, potendo, tra l’altro, godere di una straordinaria resistenza fisica, il punto di eccellenza dell’argentino.

Anche Jimmy Connors ha avuto serie difficoltà contro l’orso svedese, che si esaltava contro l’americano, anche per colpa di un servizio mai decisivo di quest’ultimo e di una risposta di Borg, che invece faceva tremare Jimbo (15-8 il passivo con gli ultimi 10 vinti da Borg). Si intuisce che l’aspetto psicologico ha avuto un ruolo chiave, quando al ritiro di Bjorn, Connors ha dato il via ad una seconda giovinezza sportiva, con ulteriori grandi successi, sia a Wimbledon che agli Us Open.

A dire il vero anche Borg ha avuto le sue nemesi nel corso della sua carriera: nonostante un passivo in suo favore con Adriano Panatta (9-6) infatti, l’italiano è sempre riuscito a dare parecchio fastidio allo svedese, risultando l’unico in grado di battere Borg sulla terra rossa di Parigi, per ben due volte. Gioco d’attacco, imprevedibilità, anticipo, egregio gioco di volo: ecco come far impazzire il muro di Stoccolma e Adriano sapeva applicare bene questa tattica. Ancor meglio la applicò qualche anno dopo il genio del tennis, Jonh McEnroe il quale, diede vita a scontri indimenticabili con Borg, ma in molti, ancora ogggi, continuano a sostenere che la crescita ad altissimi livelli dell’americano, ha costretto, psicologicamente lo svedese al ritiro, a soli 26 anni.

Passando a tempi decisamente più recenti, è noto come gli anni 90 siano stati dominati, per lo più, dagli americani Sampras e Agassi i quali, al di là della loro rivalità, sfociata in esiti di assoluto livello, hanno comunque dato vita a numerosi scontri con gli altri tennisti sulla cresta dell’onda a quei tempi. Da notare infatti le deludenti prestazioni di un certo Michael Stich (uno che campava a pane e Serve&Volley) contro il Kid di Las Vegas (6-0 il passivo negli h2h): “Non so davvero come comportarmi con lui. Qualsiasi cosa faccia mi prende a pallate”.

Lo stesso Sampras ha dato parecchi grattacapi a diversi giocatori, i quali partivano sconfitti, al di là della superiorità di Pistol Pete, non avendo armi necessarie per contrastare quel determinato tipo di gioco. Ivanisevic lo sa (6-12 di cui diverse vittorie del croato maturate agli inizi della carriera di Sampras), Rafter lo sa ancora meglio (4-12), Courier non è da meno (4-16). Ora, al di là del fatto che Sampras fosse superiore a tutti e tre (che comunque sono vincitori di Slam, quindi non proprio degli sciocchi) e che incapasse in rarissime giornate di negatività, viene difficile intuire come un Ivanisevic, con quelle armi, potesse partire favorito contro l’americano, facendoci comunque spesso, partita pari per larghi tratti.

Un po’ il discorso che oggi potremmo fare con le rivalità più recenti, da Federer-Roddick e Nadal-Ferrer. Siamo certi che a Roddick tremassero la gambe dalla paura e dalla rabbia ogni volta che dall’altro lato della rete doveva affrontare Federer e la finale di Wimbledon 2009 è un po’ il match emblema di questo pezzo: quando il divario tecnico si trasforma in insicurezza psicologica, anche nelle giornate in cui tutto ti riesce, in cui riesci ad esprimere il tuo miglior tennis e il tuo avversario è in una giornata poco felice, finirai comunque per perdere il tuo match.

Avendo citato proprio i due dominatori del primo decennio degli anni 2000, non possiamo esimerci dal trattare la rivalità fra loro due e ad affermare (non me ne vogliano i tanti fan di Federer presenti e attivi sul sito) che Nadal ha sempre avuto, almeno da quando è diventato un campione maturo, un vantaggio tecnico, diventato poi anche mentale, nei confronti dello svizzero, al di là di questioni sul GOAT, al di là di capire chi abbia inciso maggiormente nella loro epoca. Se n’è parlato in tutte le salse, d’altro canto, ed è noto ai più che la diagonale dritto-rovescio faccia impazzire terribilmente Federer che, tra l’altro, finisce spesso per sciogliersi nei momenti chiave della partita con lo spagnolo, pur riuscendo poi a limitare i danni e vincere qualche match grazie alla sua classe, che non ha certo bisogno di spiegazioni tecniche (23-10 gli h2h).

Anche Nadal, a dire il vero, ha avuto le sue difficoltà con giocatori fantasiosi, potenti e aggressivi. Al di là di Djokovic, in cui comunque, nonostante le famose 7 finali di fila vinte dal serbo, regna un sostanziale equilibrio, i vari Blake e Nalbandian hanno dato spesso e volentieri grattacapi al numero uno del mondo; nonostante il suo bilancio sia positivo con entrambi (4-3 e 5-2) lo spagnolo ha spesso lesinato parecchie energie, andando spesso al limite delle sue possibilità per battere i suddetti (si ricordi un Blake in versione Play Station al Master del 2006 o un Nalbandian ingiocabile a Bercy nel 2007). Discorso simile merita Gulbis, il quale, nonostante non abbia mai vinto un match con il maiorchino, fa sempre partita pari, prendendosi il lusso di prenderlo a pallate anche sulla terra battuta (Roma 2013, primo set). Viene da chiedersi se Gulbis avesse avuto un pò più di tenacia tennistica (o Nadal un pò di meno, dipende dai punti di vista), come sarebbero finiti alcuni dei loro scontri.

Chiudiamo con il simpatico Vitas Gerulaitis che nonostante avesse mezzi importanti, fosse un giocatore aggressivo, ha sempre sofferto terribilmente sia Borg che Connors, godendo (si fa per dire) di un terribile record di 0-16 con Borg e e 6-17 con Connors: storica la reazione del biondo americano all’interruzione della serie negativa di 16 sconfitte consecutive con Jimbo: “Nessuno può battermi 17 volte di fila”.

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