Federer-Nadal, dieci anni di noi

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Federer-Nadal, dieci anni di noi

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TENNIS APPROFONDIMENTI – Il 28 marzo 2004 Rafa Nadal e Roger Federer si sfidavano per la prima volta in carriera sul cemento di Miami. L’ ‘inizio di una grande rivalità che ha caratterizzato non solo il tennis, ma lo sport degli ultimi dieci anni. Oscar Lanti

Non ce ne voglia Milos Raonic, ma per gli amanti del lieto fine, delle statistiche e dei cerchi che si chiudono (al di là del tabellone), sarebbe stato bello vedere Roger Federer ai quarti di Miami con Rafa Nadal. Perché proprio il 28 marzo di dieci anni fa, sul cemento della Florida, iniziava la storia della loro mitica rivalità. Lo svizzero, purtroppo, si è negato l’opportunità di celebrare in campo l’anniversario perchè il tempo passa e, nonostante evidenti segnali di rinascita, ha il diritto di bucare le fasi conclusive di qualche torneo. Ma torniamo al 2004, quando tutto era ancora possibile, quando anche Roger portava i capelli lunghi raccolti in un codino, era sì numero 1 al mondo (con due Slam in bacheca) ma non era ancora soprannominato “The Genius”. E Rafa? Pinocchietti e camiseta over-size d’ordinanza, il maiorchino aveva 17 anni ed era solo la 32esima testa di serie del torneo in Florida, ma si era già fatto notare vincendo il suo incontro di Davis contro Andy Roddick un mese prima.

Sulla carta, il match è senza storia ma viene vinto a sorpresa dal giovane underdog che non concede all’avversario nemmeno una palla break, lasciando solo 6 game. Numeri che danno qualche indizio sullo sbilanciamento dei successi a favore del maiorchino (10-23) e nascondono forse la risposta al grande interrogativo: perché Roger non ci ha mai capito molto contro Rafa? C’è la tesi della sudditanza psicologica: quando scende in campo per affrontare l’iberico, Federer parte già timoroso (seppur in maniera inconscia), rinuncia ad applicare gli schemi che si era preparato e alla fine perde. “Attaccandolo spesso a rete, posso uscire dalla ragnatela degli scambi” – pensa- ma poi torna di corsa verso la linea di fondo alla prima infilata. Scontro dopo scontro, Nadal ha creato paure e inadeguatezze nella mente di Roger, non ci sono dubbi.

Ma quel 29 marzo 2004, al primo head to head, Rafa vince facendo pressione tennistica, non psicologica. Il piano è chiaro fin da subito: costringere il rivale a fare tre volte il punto e martellare con il top-spin del dritto sul rovescio dell’elvetico, che ha sempre sofferto quella combinazione, tanto da dichiarare a fine partita:  “Sono sorpreso dalla sua sicurezza, è stata una di quelle volte in cui non sono riuscito a entrare nel match”.

Nasce e continua cosi’ uno dei confronti più belli dello sport in generale, il preferito da Novak Djokovic, rimasto ai margini del dualismo. Secondo il  serbo (e non solo) Federer-Nadal è diventato un classicissimo del tennis (paragonabile a McEnroe-Connors, Edberg-Becker, Sampras-Agassi), una sfida imperdibile dotata di un fascino superiore a qualsiasi altra accoppiata moderna, al di là del ranking e dei titoli in palio . Ma perché? Semplice, questione di stile. Non quello sempre umile e rispettoso dei due contendenti (che hanno sempre avuto parole di stima reciproca, a differenza di Pete e Andrè), ma quello tennistico. Le caratteristiche tecniche di Roger e Rafa si integrano alla perfezione, si incastrano magicamente creando battaglia e spettacolo.

Delle loro 33 sfide, molte sono bellissime ma solo tre memorabili: la finale di Roma 2006, la finale di Wimbledon 2008, la finale dell’Australian Open 2009, tutte finite al quinto set e tutte vinte da Nadal. Ma al di là dei risultati conclusivi ( pur pesanti sul morale di Federer, va detto) in queste tre occasioni i due ci hanno regalato sprazzi di tennis sublime, tra controbalzi impossibili sulla riga di fondo (Roger) a passanti millimetrici nello spazio di un fazzoletto (Rafa).

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ZfkWrFBGRDg

Ecco, il succo del discorso è proprio questo.  Continuando a confrontarsi e a volersi superare, Federer e Nadal si sono migliorati a vicenda, si sono spinti oltre il loro limite, si sono stimolati a cercare nuovi colpi, nuove soluzioni. Senza Rafa, Roger avrebbe stra-dominato il circuito ingigantendo il numero dei suoi Slam (17), magari annoiandosi un po’. Senza Roger, Rafa non  avrebbe lavorato così tanto sulla tecnica, affidandosi solo alle sue doti agonistiche. Senza la loro rivalità, il tennis dell’ultimo decennio sarebbe stato immensamente più noioso e noi ci saremmo persi attimi di grande bellezza.

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