Fognini, che delusione (Martucci), Francesca incanta. Roma come Parigi (Clerici), Ivanovic, la grande bellezza "Sono troppo passionale" (Semeraro), Harakiri Fognìni (Palizzotto), Cinque motivi per avere fiducia in Travaglia (Giua)

Rassegna stampa

Fognini, che delusione (Martucci), Francesca incanta. Roma come Parigi (Clerici), Ivanovic, la grande bellezza “Sono troppo passionale” (Semeraro), Harakiri Fognìni (Palizzotto), Cinque motivi per avere fiducia in Travaglia (Giua)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Fognini, che delusione

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 13.05.2014

 

Doveva essere uno squillo, il primo squillo di un bolero magari trionfale, 38 anni dopo Adriano Panatta, l’ultimo campione assoluto del tennis italiano. Finisce con l’esultanza per l’avversario (incredulo) e i fischi per l’eroe della patria, subito declassato ad ex dopo la duplice impresa di coppa Davis, in Argentina e contro Murray a Napoli. Sul campo centrale di Roma, nel cuore del tennis azzurro come su twitter, la folla non può capire il troppo netto 6-3 6-2 col quale Rosol seppellisce Fabio Fognini all’esordio agli Internazionali Bnl d’Italia. La folla giudica, di pancia, gesti, espressioni e silenzi del numero 15 del mondo gli appena 8 vincenti del ligure che non si procura alcuna palla break contro il picchiatore ceco. Che non è un signor nessuno, da numero 56 del mondo, ma è famoso per lo scherzetto a Rafa Nadal a Wimbledon 2012, quando lo fini al quinto set con 20 vincenti e 2 soli errori, ed il prototipo dei guastafeste, anomali ed imperfetti sempre, ma a tratti intrattabili, come Klizan (a Monaco), Giraldo (a Barcellona) e Dolgopolov (a Rio, Indian Wells e Madrid) che hanno sorpreso Fabio quest’anno. Tre coincidenze fanno una prova: «Io sono tranquillo, le ultime tre partite le ho giocate contro avversari che giocano bene a tennis, che possono fare quello che hanno fatto o possono giocare talmente male e perdere partite come Dolgopolov l’anno scorso che è finito 50 del mondo, Klizan che è andato 110 e questo Rosol, che ha tirato tutto dentro, ha giocato meglio di me e ha meritato di vincere». Dubbi La sensazione è che Fabio non sia lui, non ha il sacro fuoco di altri match, non ha lo sprint dell’uno-due, dritto-volée. «Ha giocato una partita sottomessa, troppo in difesa, forse ha pensato che gli bastasse contenere da fondo l’avversario per farlo sbagliare, invece doveva anche avvicinarsi di più alla riga di fondo e non aspettare solo. Ha fatto troppo poco per cambiarla e l’avversario ha potuto giocare ancora più tranquillo», suggerisce il c.t. azzurro Corrado Barazzutti. «Ha giocato molto, prima della Davis e dopo, lo stress è grande quando devi sempre vincere e questo di Roma è un piccolo stop di un giocatore che gioca benissimo e che sta cercando di entrare fra i primi 10 del mondo, e di trovare il suo equilibrio». La sensazione, con Rosol, è che sia bloccato. Vero, non vero, Fabio? «Beh, se tiro la racchetta per terra e prendo warning dite che sono il solito Fognini, almeno in quello potrete dire che sono stato più bravo, a parte la sconfitta. Il miglior Fognini l’ho cercato, a modo mio, sapevo che lui poteva giocare con questa intensità, ma non ho allungato lo scambio, non ho cercato di giocare più punti possibili, ho preso un break stupido nel primo set e lui ha giocato con grande intensità per un’ora, batteva molto bene e il suo match è andato in discesa»…..

 

Francesca incanta. Roma come Parigi

Gianni Clerici, la repubblica del 13.05.2014

 

Porto in giro il mio giovane collega inglese John per il Foro, e gli parlo dell’architettura razionalista di Costanzo Costantini, e di Margherita Sarfatti che purtroppo si limitò a consigliare Benito Mussolini negli angusti recinti delle arti. E ammirato soprattutto dalla presenza di intere scolaresche felici e, compiaciuto, gli comunico che spero quei bambini migliori dei loro papà e dei loro nonni, alla cui generazione appartengo. Ritornando nei nostri stan-zoni dotati di banchi John si arresta incuriosito dinanzi ad una gigantografia che raffigura una tennista, mentre scivola all’indietro, quasi caduta a terra, ma riesce comunque a toccare la palla, in quello che sarà stato un drop-shot acrobaticissimo. Mi rendo conto della curiosità dell’inglese, per informarlo che la foto ritrae tale Francesca Schiavone, un’italiana alla quale si dovrebbe intitolare un campo, come ad un certo Pietrangeli, per aver vinto il torneo del Roand Garros quattro anni fa. “Ora purtroppo non vince più” aggiungo e, visto l’interesse di John, gli suggerisco la strada del Centrale, mentre io preparerò dettagli, partite vinte e perse, dichiarazioni passate di Fognini, l’italiano atteso a un torneo entusiasmante. Mentre mi informo sui mille strumenti elettronici ormai a disposizione di ogni tipo di curiosità, senti squillare il portatile, il cui numero ho appena offerto a John, in caso di bisogno. “Ti serve qualcosa?” domando. “Non a me, sei tu che devi venire”. Per tutta la stima che si merita John abbandono le mie ricerche, e mi affaccio alla tribuna stampa, dove, accanto a John, noto subito la presenza del mio vecchio amico Alberto Guarnieri, del Messaggero. Incurante del proverbio “no claps in the press stand è ancora in piedi, ad applaudire Francesca . E, vista la mia perplessità, “Se lo merita. – afferma – Sembra di nuovo quella del Roland Garros”, esclama. Do un’occhiata a John , e non lo trovo meno entusiasta del mio vecchio amico. Nel mezzo del Centrale, con l’aria amazzonica dei giorni belli, Francesca ricorda, in efficacia e disinvoltura, la straordinaria vincitrice del Roland Garros. Soprattutto per un dettaglio, che mi fa notare Guarnieri. L’avversaria, la n.17 del modo canadese Eugenie Bouchard si avvale, come ormai tutte le robottine, di un rovescio bimane e di un diritto a sventaglio. Su quel rovescio Francesca invia a sua volta rovesci tagliatissimi, che abbassano la palla quasi fosse sgonfia, e ribatte allo sventaglio con lungolinea, sempre di rovescio, che sorprendono la Bouchard, in attesa del solito cross bimane difensivo. Avviene così che la Schiavone sostituisce il povero Fognini battutissimo nei titoli di testa. E stato vittima di un amarissimo Rosol, l’infelice Fabio. Vatti a fidare, dei pronostici, vecchio Clerici.

 

Ivanovic, la grande bellezza “Sono troppo passionale”

Stefano Semeraro, la stampa del 13.05.2014

 

Brava, simpatica, una ex numero 1 del mondo con due gambe da modella, occhi verdi difficili da schivare. Ana Ivanovic arriva allo stand Rolex al Foro Italico e riesce a strappare i fotografi dal campo da tennis dove il divo Federer si sta allenando e persino da quello di paddle dove Totti sfida Mancini. Ana, lei è la più bella tennista del mondo. La bellezza può falsare il rapporto con la realtà? «Non per me, sul campo cerco di dare il meglio e credo la gente lo apprezzi. Qualcuno può farsi condizionare, poi sono una genuina, alla mano. Comunque, grazie». Cosa deve fare un uomo per conquistarla? «Essere sicuro di se stesso. Divertirmi. Non mi piacciono sbruffoni o timidi, apprezzo l’onestà». Lei che armi usa per sedurre? «Non cerco mai di essere quello che non sono: la verità viene sempre a galla». Non mangio fritti né dolci, solo un po’ di Nutella. Quando smetterò voglio 4 figli e un impegno nella moda Meglio il tennis femminile o quello maschile? «Quello femminile: oggi ci sono tante rivalità al vertice. Non siamo solo glamour e gonnellini». Come si fa a battere Serena Williams come le è riuscito in Australia? «E potentissima, bisogna essere aggressivi, ma non troppo perché se fai tanti errori è finita. Facile, no?». La vostra generazione cresciuta sotto le bombe ha fatto grande la Serbia. Dopo lei e Djokovic chi c’è? «Il tennis oggi è lo sport più popolare in Serbia, siamo pieni di giovani talenti, ma mancano le strutture, rischiamo di perderli. Però anche i bambini di oggi sono tosti». Bella e in forma, anche troppo: ci racconta la sua dieta? «Non mangio mai né fritti né dolci…». Mai? «Be’, chi ci crederebbe? (e fa un gesto molto italiano, ndr). Qualche volta mi concedo la Nutella. Però se devo sgarrare preferisco pizza o spaghetti: amatriciana o cacio e pepe». La politica la attrae? «Per carità. Il mio amico Djokovic invece ha le qualità giuste». Cosa vede nel suo futuro? «Tre o quattro bambini, quando avrò smesso. E un impegno nella moda». Nel presente? «Voglio tornare fra le top 8. Era dal 2008 che non vincevo due tornei in un anno (Auckland e Monterrey, ndr). E siamo solo a maggio». Qui solo una semifinale, nel 2010: è tempo di vincere al Foro? «Magari. Amo Roma, la gente, l’atmosfera forse per questo mi metto troppa pressione e non do il meglio». Lei è molto emotiva. «La passionalità a volte mi aiuta, altre mi danneggia. Ma non posso cambiare». Eppure ama la psicologia. «Leggo molti libri e penso a quello che mi capita, forse troppo. A volte è meglio affidarsi all’istinto». Le tenniste sono più stressate dei maschi: vero? «Sì. La gente vede solo il lato glamour del tennis, invece è un lavoro duro. E le ragazze trasformano lo stress in conflitti fra di loro». Lei è dolce, ma in campo sbrana. Dottor Ana e Miss Ivanovic? «Sempre. Odio perdere. E mi arrabbio anche se gioco a carte con mio fratello»

 

Harakiri Fognìni

Daniele Palizzotto, il tempo del 13.05.2014

 

Maledetta pressione. Troppa, improvvisa e insopportabile per le spalle del nuovo eroe del tennis azzurro Fabio Fognini, subito eliminato dagli Internazionali Bnl d’Italia e sommerso dai fischi del pubblico del Centrale. Perché al Foro Italico si può perdere, ma non cosi, senza lottare né reagire alle bordate del ceco Rosol, noto quasi solo per aver eliminato un Nadal decisamente menomato 2 anni fa a Wimbledon. Roma amai propri beniamini, li sommerge d’affetto dal primo all’ultimo punto ed è pronta ad applaudirli anche in caso di sconfitta. In cambio chiede solo una cosa: il cuore. Fognini lo sa, ma stavolta – dopo l’irresistibile scalata fino al 13 posto del ranking mondiale e l’impresa in Davis contro Andy Murray – la pressione era davvero troppa, e lo si era capito già alla vigilia, nello sguardo del numero uno azzurro. L’orripilante scena muta messa in campo sul Centrale del Foro Italico non ha altre spiegazioni: mai Fognini è entrato davvero in partita, passivo sulle accelerazioni del gigante Rosol (21 colpi vincenti contro gli 8 del ligure), inguardabile nello sprecare con quattro errori consecutivi (alla fine saranno 24 contro i 21 del ceco) un prezioso 0-30 nell’ultimo game del primo set, semplicemente inesistente fino al 6-3 6-2 finale. «Rosol ha messo dentro tutto – ha osservato con onestà Fognini – e ha giocato meglio. Io poco cattivo? Se tiro la racchetta mi criticate, almeno stavolta potete dire che sono stato bravo. La verità è che a me girano le scatole per ogni sconfitta, a Roma in modo particolare perché abbiamo un solo torneo in Italia. Ma in fondo ho perso solo un match: la vita va avanti, voglio guardare alle cose positive e al Roland Garros, il torneo più importante». Tutto giusto, anche se l’eco dei fischi del Centrale è ancora forte. Cosi come la reazione istintiva, ma inutile, dell’eroe Fognini, un pollice alzato in tono polemico vero il pubblico. Il Foro, stavolta, non ha capito il momento del tennista ligure, la pressione schiacciante del risultato da ottenere ad ogni costo, nel torneo di casa. Ma l’azzurro, da parte sua, non ha saputo capire la delusione del Centrale per un sogno scappato via troppo in fretta: «I fischi? Meritavo anche di peggio – ha ironizzato Fognini – Quest’anno ho fatto molto per l’Italia, vincendo cinque match su sei in Davis. Sono 15 nel rankingAtp e dopo quattro mesi sono ancora tra i top 10 nella Race (la classifica che tiene conto dei risultati stagionali, ndr), ma non posso cambiare la mentalità di tutti». Forse, però, non ce n’è bisogno. Perché al Foro si può perdere, anche male: basta – si fa per dire – vincere la pressione e metterci il cuore. INFO Federer Sospiro di sollievo per i tifosi italiani. Federer parteciperà agli lnternazionali Bnl: «Arrivato nella Turno bella Italia – È il miglior ha twittato lo risultato svizzero, a ottenuto da caccia del Fognini in otto primo titolo a partecipazioni Roma – Non al Foro Italico vedo l’ora di giocare» 1 Precedente Tra Fognini e Rosol vinto lo scorso anno dal ligure sulla terra battuta di Parigi

 

Cinque motivi per avere fiducia in Travaglia

Claudio Giua, il Tirreno del 13.05.2014

 

Poiché i giornali di oggi gli dedicheranno poche righe (da sempre, chi ha perso fa poco notizia), faccio il bastian contrario e vi dico due cose due su Stefano Travaglia, uscito al primo turno degli Internazionali Bnl d’Italia per mano fratricida. L’underdog, come gli americani chiamano lo sfavorito di un match, approdato al tabellone principale dopo pre-qualificazioni e qualificazioni, merita attenzione sia per le qualità tecniche mostrate sabato con il forte spagnolo Albert Montanes, domenica con lo sloveno Blaz Rola e ieri con Simone Bolelli, sia per il notevole controllo della partita, non comune per un ragazzo di 22 anni che si affaccia ora tra i protagonisti del tennis che conta. Ecco le ragioni per le quali di “Steto” – è il suo soprannome – sentiremo parlare spesso in futuro: 1. dispone di un servizio che gradua a piacimento, sopra i 210 all’ora oppure piazzato millimetricamente sulle righe laterali; 2. usa con sapienza le palle corte, i dropshop che cascano proprio al di là della rete e fa sfoggio meditato del suo colpo killer, il lungolinea di rovescio; 3. è un eccellente risponditore al servizio, tipologia tennistica talvolta sottovalutata dalla critica ma che chi gioca sa che fa la differenza, come vi confermerebbe Djokovic; 4. ha notevoli margini di miglioramento perché ora può permettersi un coach e la Fit lo sta seguendo a Tirrenia; 5. dopo l’incidente domestico che l’ha tenuto fermo per quasi due anni, ha trovato un equilibrio nervoso esemplare. Corrado Barazzutti, che ha seguito il derby dagli spalti della Supertennis Arena, lo tiene sotto osservazione, così come fa con Gianluigi Quinti e Matteo Donati. Detto questo, bisogna dare atto a Simone Bolelli di aver fatto quanto poteva per non lasciare campo libero al giovane awersario. Il bolognese, 28 anni, è solo un parente alla lontana del giocatore che nel febbraio 2009 fu numero 36 al mondo. Però l’esperienza non è acqua fresca. E ti fa vincere per 3-6, 7-5, 7-6.

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