Nishikori, Raonic, Dimitrov: arriva la "Generazione X+1"

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Nishikori, Raonic, Dimitrov: arriva la “Generazione X+1”

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TENNIS ATP – Dovevano imporsi già qualche anno fa, ma si sono fatti attendere. Nishikori, Raonic e Dimitrov riusciranno a colmare l’assenza di una generazione di campioni?

Quando Pete Sampras iniziava a dominare sui prati di Wimbledon, e sui campi si affrontavano campioni in grado di scrivere la storia di questo sport (Edberg, Becker, Lendl, Sampras, Agassi), alcuni di loro non erano nati o erano in fasce.

Più di vent’anni dopo, la Generazione X si affaccia ai vertici del tennis mondiale, promettendo di rinfrescare a breve un panorama dominato da quasi un decennio dagli stessi nomi, per altro affiancabili a quelli sopra citati, tra i più grandi della storia.

Da tempo, l’Atp (e non solo) reclama un possibile cambio della guardia, lecito e normale in qualsiasi disciplina. Ma il tennis di alto livello sembra avere saltato almeno una generazione, incapace di produrre grandi campioni. Ecco allora che Nishikori, Raonic e Dimitrov, tutti attesi almeno da tre-quattro anni, irrompono sulla scena quando ragazzini non lo sono più. Ed ecco perché sarebbe lecito chiamarla, più che altro (e un po’ per gioco), “Generazione X+1”. Nel senso che arriva in ritardo rispetto alle attese generali, andando a colmare un buco temporale in cui nessun giovane è riuscito a fare ciò che avevano fatto i vari Nadal, Djokjovic e Murray impostisi in età precoce.

Lo dimostrano i risultati e soprattutto la Race stagionale: Nishikori è n° 6, Dimitrov n° 8, Raonic un po’ attardato al 14 ma è il più in alto nel Ranking assoluto, n° 9 (Kei è 10, Grigor 12).

Il 2014, come pronosticavamo già dopo l’Australian Open di Wawrinka, sta rimescolando le carte e confermando l’ascesa dei tre non-più-giovanissimi, sempre più in grado di arrivare in fondo nei grandi tornei e creare grattacapi ai Fab Four; di candidarsi, forse a breve, a potenziali vincitori.

Il primo a esserci andato vicino è Kei Nishikori, classse ’89. Il giapponese cresciuto alla corte di Nick Bollettieri finora è stato bloccato soltanto dal mal di schiena. A Madrid stava dominando Nadal e probabilmente avrebbe vinto il torneo (il problema si è certamente acuito sul 4-2 in suo favore nel secondo set). In generale, i suoi risultati confermano una crescita fisica e di personalità. Kei ha la possibilità di resistere anche sulla lunga distanza grazie a un’ottima mobilità e a un buon fondo. Che avesse ritmo, lo ha sempre dimostrato in passato. Il salto di qualità è arrivato nella testa: il nipponico ha ora la personalità di imporre il proprio gioco, di spingere, anche contro i più forti, non accontentandosi di “incontrare” i colpi degli avversari.

Il secondo della “Generazione X+1” è Milos Raonic, nato nel 1990. Personalmente, un paio di anni fa, chi scrive non avrebbe scommesso un euro sul suo approdo nei primi otto del mondo. «Troppo lento e macchinoso, troppo legato al servizio» si diceva. Il canadese invece ha stupito tutti, trovando una grande settimana a Roma che non è figlia del caso. L’accoppiata Piatti-Ljubicic è riuscita a tirarlo a lucido sotto il profilo atletico (come si muove bene adesso!) e a migliorarlo sui due colpi di rimbalzo. Chiedere a Djokjovic, che in semifinale al Foro ha fatto molta più fatica che contro Nadal in finale. Si attende con curiosità la stagione sul duro americano, quando Raonic potrà ottenere davvero grandi risultati.

L’ultimo da prendere in considerazione è Grigor Dimitrov. Il bulgaro, 23 anni compiuti a Roma (con tanto di torta in faccia), è attualmente il meno pronto dei tre. Ma è forse il più forte in termini di potenziale. I miglioramenti ci sono tutti, soprattutto negli spostamenti laterali e in verticale, fino all’anno scorso suo tallone d’Achille. Grigor è diventato più solido anche sul lato del rovescio, stilisticamente impeccabile ma non sempre proficuo in termini di punti. Sta anche cominciando a far fruttare le sue ottime variazioni. Ha solo un grande difetto che coach Rasheed (o magari qualcun altro) dovrà correggere: la posizione in campo. Come può pensare Dimitrov di impensierire Nadal, Federer o Djokovic giocando due metri dietro la linea di fondo? Pazzesco come ancora, nel suo clan, non si sia discusso di tattica ora che il bulgaro è a ridosso della Top Ten. Giocando con i piedi nei pressi della riga, siamo sicuri che Dimitrov compierà il salto definitivo che ancora manca.

I tre giocatori oggetto della nostra analisi non hanno più 18 anni, sono tra i 23 e i 25, quelli della maturazione e forse del (medio) massimo splendore fisico. Devono provarci, ora o mai più, in attesa che esploda finalmente una “Generazione X” (Kyrgios? Thiem? Quinzi?). Perché non riusciamo a pensare, fra due o tre stagioni, ancora al dominio della “Generazione X+4”… ovvero quella dei Fab Four.

Stefano Bolotta

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