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Alla ricerca della vera grandezza: lo sci e sua maestà Tomba

Last updated: 24/03/2017 13:07
By Davide Orioli Published 21/05/2014
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9 Min Read

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TENNIS – Sesta puntata sul GOAT. Questa volta ci si concentra sullo sci e su quello straordinario esempio di campione che è stato Alberto Tomba: il terzo sciatore più vincente di sempre. Prima puntata, seconda puntata, terza puntata, quarta puntata, quinta puntata

SCI

Per anni, Alberto Tomba ha tenuto sull’attenti, la domenica durante il pranzo, milioni di italiani: li ha fatti esultare, imprecare, spesso anche ridere. Ed è rimasto, a fine carriera un personaggio di grande spessore popolare. Con le sue 50 vittorie in Coppa del Mondo è il terzo sciatore più vincente di sempre.

Come nel ciclismo, definire il più vincente è un po’ complicato dato che ci sono più parametri. Nel tennis tutti giocano grossomodo tutti i tornei, l’unica differenziazione fra tennisti la causa(va) la specializzazione di superficie. Nel ciclismo abbiamo visto che non tutti gli atleti concorrono per vincere tutto. Io ti faccio da gregario nelle corse a tappe, tu mi aiuti a vincere le classiche. E non è ben chiaro se un Tour de France valga più o meno di 3 Sanremo o due Mondiali. Nel tennis vige invece una gerarchia più netta: cento Master1000 non fanno uno Slam, e tutti potenzialmente concorrono per vincere tutto.

Nello sci si possono valutare le vittorie in tappe di Coppa del Mondo, il numero di Coppe Assolute (e in maniera minore le coppe di specialita) più alcune gare, Mondiali e Olimpiadi, che valgono da sole forse più di ogni altra cosa. Il palmares di uno sciatore si costruisce soprattutto facendo bene nei momenti importanti. Ne sa qualcosa la nostra Daniela Ceccarelli che in carriera ha vinto una e una sola volta, ma alle Olimpiadi. Qui ahinoi, non c’è un Eddy Merckx che abbia vinto tutto. E a seconda di cosa vogliamo considerare, abbiamo un maggior dubbio.

Se vediamo vincente come sinonimo di dominatore (la tesi che personalmente sposo) allora non bisogna sforzarsi tanto: il nostro uomo è Ingemar Stenmark. Lo svedese ha vinto 86 gare in Coppa del Mondo (il secondo, Hermann Maier, si è fermato a quota 54). In uno sport dove perdere una gara è facilissimo, basta una spigolata o un’inforcata, per non dire che spesso tutto si gioca sul filo dei centesimi, Stenmark ha ottenuto 37 podi consecutivi nell’arco di tre annate. La grandezza di Stenmark ci permette di fare un parallelo con il tennis. Un tipico discorso da forum è contestare il recente rallentamento delle superfici rimbalzandosi il fatto che abbia favorito Federer o Nadal. I fans dello svizzero sostengono una teoria del complotto per il cui il rallentamento sarebbe stato deciso ad hoc per porre un freno al dominio dell’elvetico.

Nello sci questo è successo per certo: nessuna teoria campata in aria. Tutti sanno che Stenmark avrebbe trionfato in diverse edizioni della Coppa del Mondo, probabilmente otto almeno, senza una regola introdotta ad hoc dalla FIS: per ogni singola specialità sarebbe stato possibile solo calcolare un certo numero di risultati migliori al fine di comporre lo score complessivo per la classifica assoluta. Un po’ come il best18 del tennis, ma con conseguenze molto più severe. Gli specialisti come Stenmark, che correva solo in Speciale e Gigante, vennero tagliati fuori dai giochi in favore dei polivalenti. Lo svedese si fermò quindi a 3 Coppe del Mondo.

Oggi questa regola non esiste più, il calendario è strutturato in modo da far si che sia i polivalenti che gli specialisti delle discipline tecniche o veloci possano in teoria vincere (anche se il solo Luc Alphand è stato capace di vincere la coppa da velocista puro). Va da sè che la classifica dei più vincenti in termini di Coppe totali va presa con beneficio di inventario. A guidare c’è Marc Girardelli, con 5 allori. Di origini austriache, scelse di gareggiare per il Lussemburgo. Polivalente vero, uno dei a vincere in tutte le specialità, non ha mai avuto grande interesse a far parlare di sè; è presto scomparso dalla scena pubblica una volta ritiratosi e, in confronto al suo ruolo nella storia di questo sport, non ha un grande peso nei ricordi degli appassionati.

Ciò ci conferma quanto abbiamo visto nei capitoli precedenti: è più facilmente considerato un Grande chi è capace di picchi (o eventi singoli) notevoli piuttosto di chi fa della regolarità la propria arma. Anche fra tennisti non troppo vincenti vige questa regola: ben più appassionati seguono Gulbis e Dolgopolov, dai quali ti puoi aspettare un’ora di pure illuminazione, rispetto agli onesti lavoratori quali Ferrer o Robredo, o i bombardieri alla John Isner. Senza contare gli sfottò a quelle numeri uno come Safina e Jankovic divenute leader di classifica senza mai vincere uno Slam. Grandezza va a braccetto con imprevedibilità.

Ecco perché, nello sci soprattutto, conta vincere Olimpiadi e Mondiali. E qui allora abbiamo non uno ma due “gemelli” capaci di trasformarsi nelle occasioni che contano: Lasse Kjus e Kjetil Andre Aamodt. I due norvegesi hanno avuto, a livello di coppa del mondo, una carriera di grande ma non eccelso livello. Polivalenti veri, temibili (e vincenti) in ogni specialità (tranne lo Speciale per Kjus), hanno però colto pochi allori in Coppa in confronto agli altri sciatori del Gotha. Eppure, quando contava, sono sempre stati lì: specialmente a fine carriera, quando barcollavano nelle retrovie e parevano troppo vecchi, sono sempre stati capaci di piazzare la zampata. Per non essere troppo prolissi non ci dilunghiamo sui palmares e i record, che potete trovare online. Ma il pubblico li ha amati, e considerati grandi, anche e soprattutto per il loro non mollare mai, e ottenere risultati contropronostico sul viale del tramonto, come Connors e Sampras agli Us Open, e come molti tifosi si aspettano ancora da Federer.

Insomma alla fine, fra tutti questi vincenti, chi è il più grande? Fra Stenmark, Tomba, Girardelli, Aamodt e Kjus, io personalmente sceglierei… Hermann Maier. Se c’è qualcuno in tempi moderni in ogni sport che abbia saputo lottare contro ogni avversità, morire e risuscitare sportivamente più volte, e come i due norvegesi riuscire ancora a imporsi quando tutti lo consideravano cotto, quello è l’Herminator austriaco. All’apice della sua carriera fu investito mentre guidava una moto, perse anni di competizioni e secondo i medici non sarebbe più tornato a camminare correttamente. Al suo ritorno trionfò in Coppa correndo una stagione intera con un chiodo di 36 centimetri nel femore.

Pochi anni prima, nelle sue prime Olimpiadi di Nagano (1998) scendendo da favorito nella discesa libera, combinò questo. Si rialzò e nei giorni successivi vinse due medaglie d’oro in SuperG e Slalom Gigante. Un altro grande esempio di come la grandezza non possa prescindere dal fronteggiare e travolgere le avversità che lo sportivo di trova di fronte, nella carriera sportiva ma anche nella vita di tutti i giorni.

Aminoacidi di Grandezza individuati:

  1. Aver avuto dei picchi in carriera piuttosto che una progressione regolare

  2. Saper centrare il gran risultato nel momento giusto

  3. Longevità dell’atleta ed aver ottenuto risultati sul viale del tramonto

  4. Sapersi assumere dei rischi, anche fisici, per ottenere un obiettivo


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TAGGED:alberto tombaAlexandr DolgopolovErnests Gulbis
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