Alla ricerca della vera grandezza: lo spettacolo del ciclismo

Rubriche

Alla ricerca della vera grandezza: lo spettacolo del ciclismo

Pubblicato

il

 

TENNIS – Quarta puntata sul GOAT. Si è da poco esaurita l’ondata di ricordi concernente Marco Pantani. La sua scomparsa, datata 14 febbraio 2004, ha lasciato un grande vuoto nel cuore di molti appassionati italiani, nonostante la sua carriera fosse ormai terminata. Una gran parte del pubblico ha in definitiva smesso di seguire il ciclismo quel giorno. Prima puntataSeconda puntataTerza puntata

Il Pirata è sicuramente uno fra i più grandi di questo sport. Altri nomi che normalmente ricorrono sono quelli di Coppi, Bartali, Merckx. Per ragioni difficili da investigare, nel ciclismo ancor più che negli altri sport, esiste un forte “fattore sciovinismo” nel decretare chi è grande per il pubblico italiano. Negli altri sport solitamente non ci sono grandi problemi ad ammettere la grandezza di un personaggio anche se non italiano. Il tennis è forse uno degli sport più xenofili in questo senso: se uno ama Federer lo tifa anche contro Seppi e Fognini. Nel ciclismo questo avviene di meno: quando si parla di Merckx, Anquetil, Indurain, Gaul, Koblet, per citarne alcuni, spesso gli viene dagli appassionati riconosciuta la forza, la bravura. Ma i veri grandi, per la massa, sono Coppi e Pantani.

Anche qui, come nel caso di Senna e Villeneuve, c’è il fattore della morte da considerare. Coppi soprattutto è da sempre un po’ più celebre e osannato di Bartali anche per la fine prematura (morì nel gennaio del 1960 di malaria) nonostante come forza i due si equivalessero ed anzi, Bartali era forse più completo. Il toscano ha vinto un po’ di meno ma ha risentito maggiormente della lunga pausa dovuta alla seconda guerra mondiale.

Pesare le vittorie nel ciclismo è difficile, dal momento che è uno sport ad alta specializzazione interna: i velocisti difficilmente possono diventare scalatori, con qualche simpatica eccezione, e viceversa, e chi vince nelle grandi classiche (ovvero le corse di un giorno) difficilmente trionfa nelle corse a tappe (quest’ultimo caso è meno raro). Inoltre ci sono le cronometro e, per rendere il tutto ancora più difficile da valutare, è uno sport individuale nel quale però la squadra fa un’enorme differenza.

Individuare il più vincente della storia comunque non è un problema: un belga fiammingo ha messo tutti d’accordo, forse per sempre, vincendo l’impossibile. Stiamo parlando di Eddy Merckx. Cinque Tour de France, cinque giri d’Italia, una Vuelta, tre mondiali in linea, sette Milano-Sanremo, cinque Liegi-Bastogne-Liegi, tre Roubaix eccetera eccetera: la quantità di vittorie in tutte le branche del ciclismo lo pone come più vincente della disciplina senza se e senza ma indipendentemente dalle considerazioni accessorie che si possono fare (erano altri tempi, erano altre bici, non aveva avversari…). Poteva vincere in salita, allo sprint, a cronometro, dominando o di pura grinta, fuggendo da lontano o con un’azione da finisseur. Senza contare tutti i grandi successi su pista e record dell’ora, all’epoca molto ambito e oggi ignorato dai grandi un po’ come il doppio nel tennis. Per lui fu coniato il termine “cannibale”. Con merito dato che, come lui stesso dice, il miglior modo per onorare il suo avversario era dare il massimo sempre. Così se qualcuno l’avesse battuto sarebbe stato certo di non aver ricevuto alcun regalo.

Quando però si viene a considerare chi è stato il più grande, la risposta almeno in Italia non è così netta: anzi, probabilmente la maggiorparte degli interpellati citerebbe appunto Coppi o Pantani. In questo caso possiamo vedere l’influenza, come citato sopra, di un Marketing del Belpaese che ci promuove gli atleti di casa (pur grandissimi) a eroi popolari. Pantani soprattutto, a livello di palmares ha vinto (relativamente) ben poco: un Giro, un Tour, una medaglia di bronzo ai mondiali. Nessuna classica o altra corsa importante.

Vediamo cosa accomuna Coppi e Pantani, oltre ad una morte precoce. Il loro stile sui pedali sicuramente: nonostante il ciclismo sia sport molto vario, quasi tutti i tifosi troveranno più avvincenti le grandi tappe di salita, soprattutto quando sono palcoscenico di grandi imprese solitarie. Coppi e Pantani erano scalatori puri (più sul passo il primo, più scattista il secondo) poco inclini al gioco di squadra e capaci di vivere la tappa “di pancia” osando senza calcoli e stratagemmi, alla rischiatutto. Un punto che gli ha fatto guadagnare le simpatie del pubblico. Merckx al contrario ha spesso puntato al controllo della corsa, anche tramite la squadra, e alla vittoria come primo obiettivo e allo spettacolo (che era comunque capacissimo di offrire) in secondo piano. Inoltre la sua schiacciante superiorità ha dato luogo a poche lotte epiche rispetto ai duelli, ad esempio, di Pantani con Tonkov.

Credo però che più di ogni altra cosa, nell’immagine popolare, contribuisca la telecronaca. Se oggi con lo streaming e il satellite possiamo seguire un grande evento sportivo sulla tv russa o sulla BBC, all’epoca di questi fenomeni ancora si era legati alla diffusione nazionale e a commentatori, spesso divenuti celebri quanto i ciclisti stessi (un nome su tutti, Adriano De Zan), che sicuramente erano più coinvolti e coinvolgenti quando era un atleta di casa a scattare.

Il caso Coppi-Pantani ci mostra quindi come, nella definizione della grandezza, intervenga spesso una componente casalinga. Oltre a ciò, anche la capacità di rialzarsi di fronte alle difficoltà è visto come sinonimo di grandezza: Coppi dovette digerire la morte in corsa del fratello Serse, mentre Pantani rientrò da 2 gravi infortuni, per non citare le vicende sul doping che han caratterizzato il suo finale di carriera. Infine, sulla scia del caso Senna, la morte prematura contribuisce a mitizzare uno sportivo ulteriormente. Eddy Merckx non è italiano, è vivo e vegeto e i suoi infortuni, come le sue implicazioni in casi di doping non sono stati tali da generare grandi discussion in Italia (lo furono però in Belgio).

Un’ultima, importante nota va fatta sul discorso doping: il ciclismo ne è lo sport-emblema. Alcuni dicono che sia il più marcio, altri il più serio proprio perché a differenza di altri sport non nasconde nessuna polvere sotto il tappeto. L’epoca di Pantani è stata anche l’epoca in cui il vaso di Pandora ha iniziato a scoperchiarsi, partendo dallo scandalo Festina via via fino alle ammissioni di Ullrich e al recente e celeberrimo caso Armstrong. Anche Pantani era dopato: non fu mai trovato positivo in carriera nè scoperto in vita, ma analisi su campioni di sangue conservato hanno mostrato che faceva uso di Epo durante il suo unico Tour vinto, nel 1998. Come lui anche il secondo classificato, Jan Ullrich, e molti altri. Similmente è possibile, anche se non si hanno certezze, concludere che usasse le stesse sostanze nel Giro del mese precedente e in quello del 1999, quando ci fu il famoso stop per ematocrito alto che segnò, in definitiva, la fine della sua carriera ad alto livello.

Ciononostante il mito di Pantani è talmente forte che il titolo non gli è stato ritirato, come sarebbe stato logico: figura ancora nell’albo dei vincitori nonostante la sua comprovata positività. La notizia stessa, soprattutto in Italia, è stata trattata molto sommessamente, quasi a “non voler disturbare i morti”. Una decisione, a mio personale parere, poco logica: se uno ha barato, ha barato. Anche se lo fanno tutti e anche se nel frattempo ha compiuto una tragica fine. Ancor più interessante è stata la reazione dei fans alla notizia: ben pochi han preso le distanze o accettato il doping di Pantani. La maggior parte lo ha difeso in due modi: questionando la veridicità di queste analisi “condotte dagli invidiosi francesi” o addirittura giustificando la positività di Pantani perché il Pirata “doping o non doping ha regalato emozioni uniche”. Frase che difficilmente un appassionato di tennis direbbe se il suo beniamino fosse scoperto positivo a un test (ma ho paura di essere smentito). Come grandi e piuttosto uniformi furono le manifestazioni d’ira e di biasimo verso gli organizzatori alla sua sospensione a Cortina nel 1999 sopraggiunta, ricordiamo, per salvaguardare la salute dell’atleta che aveva il sangue troppo coagulato per gli standard. Stesse manifestazioni che sarebbe occorse se Pantani quel giorno avesse corso facendo la fine di Tommy Simpson.

Con questo vogliamo concludere che, aldilà dei meriti sportivi, esistono personaggi così mediaticamente grandi da venir giustificati dai propri fans per quasi qualunque cosa, anzi, queste li fan divenire ancora più grandi agli occhi dei propri adoratori: oltre a Pantani possiamo citare Maradona (dal goal di mano contro l’Inghilterra all’evasione fiscale ai danni dell’Erario Italiano), Tyson (e il famoso morso all’orecchio rifilato a Evander Holyfield, oltre a comportamenti poco gentili in genere fuori dal ring), le sceneggiate in campo di McEnroe e altri.

Aminoacidi di Grandezza individuati:

  1. In uno sport con differenziazione interna (di ruolo, di specialità, di categoria di peso) appartenere a quella popolarmente ritenuta più spettacolare.
  2. La popolarità a livello nazionale.
  3. Aver incontrato in carriera episodi sfortunati o infortuni dal quale il campione si è o rialzato o ne è stato del tutto sconfitto.
  4. Aver avuto una storia sportive controversa.

    Le puntate precedenti:

    Prima puntata
    Seconda puntata: l’atletica
    Terza puntata: l’automobilismo

     

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement