Aspettando Wimbledon: il rimpianto di Adriano Panatta

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Aspettando Wimbledon: il rimpianto di Adriano Panatta

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A soli dieci giorni dall’inizio del torneo più importante del mondo – l’unico in grado di reggere il confronto con Mondiali e Olimpiadi – riviviamo alcuni momenti che hanno fatto di una grande storia una specie di leggenda 

Per quanto si possa essere poco nazionalisti per chi vive da queste parti delle Alpi una delle giornate che hanno contribuito a fare di Wimbledon il torneo di Wimbledon è quella del 3 luglio 1979. E’ un languido tardo pomeriggio londinese e il martedì, prima che si profanasse la santa domenica, era il giorno dedicato ai quarti di finale.

Sul centrale, dopo che Borg ha macinato l’olandese volante Okker, lasciandogli la miseria di 6 game, scendono in campo un americano dal nome francese e nato in Belgio, Patrick Du Prè, numero 18 del mondo, e Adriano Panatta, già vincitore di un Roland Garros che cerca di eguagliare Nicola Pietrangeli, l‘unico italiano ad essere arrivato fino alla semifinale nei verdi prati di Church Road.

Du Prè è arrivato fin lì eliminando a primo turno Gerulaitis in 5 set e al terzo Yannick Noah in 4. Era reduce da un’altra battaglia negli ottavi contro Bob Lutz, sconfitto soltanto per 8 a 6 al quinto set. Panatta era tra le ali degli angeli, come lui stesso racconta. Si era allenato poco con Okker e, avvilito dal fatto che non la prendesse mai, si rifugiò in Versilia per tornare a Wimbledon soltanto in occasione del primo turno. Da lì una specie di marcia trionfale, con un qualche intoppo al secondo turno contro la solita wild card locale; ma aiutato da un nutrito gruppetto di ragazzetti in vacanza studio, Adriano la spunta al quinto set. Poi tutte rapide vittorie in tre set. All’inizio del match Panatta vola.

In meno di un’ora è avanti 6-3 4-0, tutto procede per il meglio, quando la luce si spegne. Lo statunitense mette insieme 7 giochi di fila – un’enormità in un periodo in cui se prendevi il break sull’1 pari non era inusuale sentire chiedere “facciamo il prossimo set?” – vince il secondo e si porta sull’1-0. Adriano si scuote, e mentre le prime ombre della sera cominciano a calare sul centre court si aggrappa al servizio si trascina fino al 6 pari e si conferma implacabile, vincendo il suo sesto (su 7) tiebreak del torneo. Ma misteriosamente la grazia dell’italiano è svanita, neanche il vantaggio di un set lo rasserena, viene brekkato e perde 64 il quarto. In Italia si era spostato il telegiornale nella speranza che poco dopo le 19 (le 20) da noi, la partita finisse. Invece no, si va al quinto, gli italiani sapranno dopo del triste epilogo.

Infatti finisce male, come sapete, con Adriano che subisce il break va a servire sul 5 a 3 ma si vede che non ci crede più. I camerieri italiani (delicata espressione british per definire i frequentatori del centre court durante gli incontri di Panatta) provano ad alzare la voce, ma il primo 15 è quello che schianta il nostro miglior giocatore di sempre, se questo titolo ha ragione di esistere. Panatta non chiude la volée per 3, 4 volte, subisce un pallonetto, lo recupera e poi un chop di dritto si ferma sul nastro. La partita si chiude qui, nel ricordo di Adriano si trasfigura, 30 anni dopo penserà addirittura di essere stato testa di serie. Ma era Barazzutti quello…

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