Wimbledon: emozioni senza tempo

Wimbledon

Wimbledon: emozioni senza tempo

Pubblicato

il

 

TENNIS WIMBLEDON CHAMPIONSHIPS – L’appuntamento sui prati dell’All England Club di Wimbledon è arrivato ed è giusto ricordare alcune pillole di Storia accadute su questi campi.

L’All England Croquet and Tennis Club, Wimbledon, propone l’organizzazione di un torneo di tennis, aperto a tutti i dilettanti, lunedì 9 luglio, e nei giorni seguenti. Tassa d’ingresso una sterlina e uno scellino. Due premi verranno assegnati, un primo premio in oro al vincitore, uno d’argento al secondo giocatore”.

La pubblicazione dell’annuncio sul Country Gentleman’s Newspaper non è da reputarsi un caso, in quanto fu proprio il suo direttore, Mr. J.H. Walsh, a fondare l’All England and Croquet Club lungo Worple Road nel 1868. Inoltre il suo stretto collaboratore, Henry Jones, esperto non solo dei giochi di carte, ma bensì del lawn tennis, divenne il primo giudice arbitro della storia del torneo.

E’ innegabile che le regole elaborate per dare forma a quello che poi diventerà il tennis moderno, siano state create per la prima edizione di Wimbledon. La necessità di far rimbalzare la palla sull’erba apriva le porte ad un nuovo gioco che si staccava definitivamente dal cugino rackets, il quale si svolgeva indoor e somigliante più allo squash. Le regole furono elaborate da C.G. Heathcote, il cui fratello aveva introdotto la prima pallina rivestita di flanella e J. Marshall, conoscitore e scrittore di tennis. A loro si devono varie innovazioni, come l’odierna modalità di punteggio, il campo rettangolare, la rete significativamente abbassata e i paletti della rete esterni all’area di gioco del singolare.

In realtà, il primo giorno dell’evento non fu quello programmato, ma si dovette attendere ulteriori dieci giorni per consentire agli spettatori di assistere all’irrinunciabile incontro annuale di cricket tra l’Harrow School e l’Eton College.

Da ormai più di un secolo ogni giocatore ambisce a sollevare la coppa di Wimbledon, che abbia fatto parte del tennis moderno o contemporaneo, che sia specialista dell’erba o della terra: vincere Wimbledon pone il giocatore più nella storia di qualsiasi altro torneo. Appartiene alla categoria del tornei dello Slam, ma c’è un’aurea speciale che avvolge i Championships e che adombra leggermente tutti gli altri.

Se c’è una qualità da riconoscere ai britannici è la capacità di rendere qualunque cosa appartenente al suolo dell’isola parte integrante della loro storia, facente parte di una vita che magari adesso non c’è più, ma che può rifiorire se ne viene data la possibilità. Basta guardare ai programmi incentrati sull’edilizia delle abitazioni dei canali documentaristici: veri e propri ruderi di non più di duecento anni sono ristrutturati come se un tempo fossero state vere opere d’arte, anche se spesso hanno con loro ben poco in comune. Noi, abituati ad essere circondati da monumenti accumulati in più di duemila anni, due secoli sono come un battito di ciglia. Gli inglesi conosco profondamente le loro tradizioni e hanno l’abilità di rinnovarle per adattarle al contesto storico, ma senza perderne l’essenza e il significato. Senza questa forza, l’erba di Wimbledon avrebbe fatto posto al cemento, così come è accaduto agli Australian Open ed ai Campionati americani ed invece utilizza hawk eye dal 2007, subito dopo l’introduzione della stessa tecnologia agli US Open del 2006 ed ha ampliato il campo centrale mediante un progetto pluriennale che dà la possibilità di giocare al coperto in caso di pioggia o di sopraggiunta oscurità. Neppure i bookmakers avrebbero scommesso un penny sulla rinuncia del torneo a far assaporare a pubblico e giocatori il clima british e le frequenti showers concedendo un tetto al Centre Court, ma Wimbledon sa come sopravvivere al tempo.

I Championships sono stati la scenografia di eventi che si inseriscono in un contesto di ampio respiro, come le vittorie di Althea Gibson, nel 1957 e 1958, la prima afro-americana a poter vantare il titolo. Il successo è  simbolo del suo personale riscatto da un’infanzia miserevole e trascorsa in un ambiente violento, ma anche simbolo di un’intensa battaglia contro la segregazione razziale negli Stati Uniti, esplosa solo due anni prima con il rifiuto di Rosa Parks di cedere il posto sull’autobus ad un bianco. La Gibson, oltre a poter fare l’inchino davanti alla Regina Elisabetta II, che le consegnava il piatto, ebbe la possibilità di partecipare al famoso ballo conclusivo del torneo e, in un suo libro, riassume perfettamente il suo percorso di vita fino a quel momento: “c’è un lungo cammino tra un ballo con il duca di Devonshire, e l’essere cacciata da un bowling a Jefferson City per il colore della pelle”.

Vent’anni dopo, nel 1975, un altro afro-americano entra nella leggenda ribaltando i pronostici che davano il detentore del titolo Jimmy Connors largamente favorito: era Arthur Ashe. Nonostante fossero passate due decadi, il peso degli occhi degli altri sulla sua pelle si faceva sentire ed egli stesso divenne simbolo della lotta per i diritti civili delle minoranze nel mondo, specialmente in Sud Africa.

Poi arrivò il momento delle sorelle Williams, le quali non dovranno sostenere la responsabilità delle battaglie in difesa per la propria etnia, i tempi sono maturati e le sfide si sono evolute. Siamo ormai nel 2000 quando Venus impazzisce di gioia nell’aver fatto suo il titolo, quasi dimenticandosi di dover stringere la mano sulla rete alla Davenport, per poi iniziare la scalata delle tribune, rottura del protocollo non ricucibile dopo Pat Cash. Per i successivi tredici anni, dieci sono state le vittorie in casa Williams, con sommo orgoglio di papà Richard, i cui pronostici sulle figlie sono stati per molti anni irrisi.

Una che ha più di una copia delle chiavi del giardino di Wimbledon è Martina Navratilova, detentrice del record di ben nove titoli ai Championships ed avvicinata, ma con distacco, soltanto da Steffi Graf che ha concluso la carriera con sette. Come spesso Billie Jean King ha ripetuto “Chris Evert ha avuto alcuni anni facili, contro tenniste invecchiate o mamme: poi è arrivata Martina”. Quest’ultima costretta a fuggire a diciannove anni dalla Cecoslovacchia, e da una famiglia che non l’ha mai accettata veramente, sia per la vita che conduceva nel pubblico che nel privato. Così all’inizio degli anni ’80 le fu concesso il passaporto statunitense, dichiarò il suo orientamento sessuale e capeggiò la battaglia per equiparare i diritti delle donne del circuito WTA a quelli degli uomini dell’ATP, tema di dibattito che periodicamente si ripropone nel tennis come in un qualsiasi ambiente di lavoro più “normale”.

Wimbledon ha visto realizzarsi alcune delle più belle favole che si siano viste in questo gioco. E’ impossibile dimenticare le lacrime e la commozione di Ivanisevic nel 2001 dopo aver affrontato Rafter in una finale epica durata due giorni. Il torneo aveva concesso una wild card a Goran, si numero 125 del mondo, ma finalista nel 1998 contro Sampras e successivamente afflitto da problemi alla spalla. Non si può dire che vinse perché aveva dalla sua un tabellone accessibile dato che battè in sequenza Jonson, Moya, Roddick, Rusedsky, Safin, Henman ed infine Rafter.

Altra protagonista di una favola a lieto fine è Amelie Mauresmo, dotata di un talento unico la cui fragilità caratteriale le ha impedito di sfruttarlo fino in fondo. Nulla fu più importante nella sua carriera che vincere il titolo contro la Henin e riportare il titolo ai francesi dopo che l’ultima era stata la Langlen. La sua estetica di gioco era strepitosa, ma troppo spesso i pensieri le si accumulavano nella mente facendole perdere occasioni importanti, non ci fu quindi da stupirsi quando, dopo la finale, ammise “forse sono guarita”.

Se dopo tutte queste storie non siete neppure un po’ curiosi di sapere cosa accadrà durante l’edizione di Wimbledon di quest’anno, non c’è proprio niente da fare, siete salvi dalla tennis-dipendenza.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement