Fognini e Pennetta, si rompe la coppia ma solo sull’erba (Crivelli). Fognini: adesso l’erba ha il suo Balotelli (Semeraro). Liti con gli arbitri e colpi a sorpresa: Fognini avanza (Clerici). A lezione di tennis spettacolo dai maestri Novak e Radek (Giua)

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Fognini e Pennetta, si rompe la coppia ma solo sull’erba (Crivelli). Fognini: adesso l’erba ha il suo Balotelli (Semeraro). Liti con gli arbitri e colpi a sorpresa: Fognini avanza (Clerici). A lezione di tennis spettacolo dai maestri Novak e Radek (Giua)

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Fognini e Pennetta, si rompe la coppia ma solo sull’erba (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

La coppia scoppia. Si scinde. Si separa. Solo sul campo, cosa avevate capito. Perché la piccola e robusta Davis, figlia di un cardiologo e di un’infermiera dell’Ohio, spezza l’abbraccio del calendario di Pen-netta e Fognini, estromettendo Flavia con tigna e traiettorie simil-Nadal, non a caso il suo giocatore preferito. Così, nel giorno del divorzio, resta negli occhi il tuffo meraviglioso con cui Fabio nel tiebreak del terzo annulla il primo set point che avrebbe mandato avanti 2-1 il carneade tedesco Puetz, rendendo una partita già complicata un groviglio inestricabile di brividi e palpitazioni. Fogna, nel punto successivo, infila un altro carico, una demivolée vincente di rovescio che cassa anche la seconda palla set e spegne le velleità del numero 251 del mondo, illustrando agli aficionados che si accalcano stil campo 16 perché McEnroe e gli altri grandi, quando lo vedono giocare, possono liberare le emozioni.

Il numero uno d’Italia è al terzo turno, impresa riuscitagli soltanto nel 2010, e anche se adesso incrocia il bombardiere sudafricano Anderson, pericolosissimo su queste lande, può abbandonarsi alla fiducia: «Ancora una volta ho iniziato male — ammette — ma ho saputo reagire. E’ stato importante vincere il terzo set recuperando da 4-0 sotto nel tiebreak, sono contento perché ho ritrovato il mio tennis su una superficie, l’erba, che appiattisce i valori, dove i match sono sempre alla pari, al di là delle differenze di classifica». Anche stavolta, peraltro, non manca il siparietto con il supervisor dopo un giudizio cambiato: «Gli ho solo chiesto se era giusto ripetere il punto, è vero che sono sempre controllato a vista quando gioco, un po’ come Gulbis, perché siamo due teste calde, ma poi fuori dal campo cerco di far valere le mie opinioni in modo civile». Intanto, però, il penalty point del primo turno per il lancio della racchetta gli procura una ministangata al portafoglio: 27.500 dollari di multa per oscenità e comportamento antisportivo.

Eppure non è cattivo, lo disegnano così: basta osservarlo durante il match di Flavia, seguirne l’ardore con cui accompagna ogni punto, misurarne la delusione per gli errori dell’amata per scoprire un altro uomo. E’ lui che dalla terrazza che sovrasta il campo 18. grida in continuazione «giocale sul dritto», quasi che la voce possa annullare le differenze tra la Pennetta e quel satanasso della ventenne americana, che costringe la nostra a giocare sempre un colpo in più e non sbaglia praticamente mai, fendendo l’erba con sassate pesantissime. La Penna lotta, prova a non arrendersi, nel secondo set arriva per due volte a due punti dal parziale ma poi si inchina (…)

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Fognini: adesso l’erba ha il suo Balotelli (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Mario Balotelli ha il copyright della domanda: why always me? Perché sempre io? Fabio Fognini conosce la risposta. «Perché ormai è così: sono un osservato speciale Lo sanno tutti, le due teste calde del tennis siamo io e Gulbis». La differenza con Ernests, l’intemperante playboy lèttone amante del black-jack, è che ieri Fabio in qualche modo (2-6 6-4 7-6 6-3) ha superato il tedesco Tim Puetz, n.251 Atp, ed è ancora nel torneo. Mentre il numero 12 del mondo è stato già rispedito a casa, o in qualche Casinò nei dintorni, da Sergyi Stakhovsky, l’ucraino che l’anno scorso eliminò Roger Federet La differenza con Super-Mario, invece, è che Mister-Fogna quando gioca per la Nazionale non delude mai, anzi. Però fa arrabbiare, e molto, arbitri e supervisor, rischiando a ogni torneo multe salate, vedi i 10.000 dollari che agli Australian Open gli è costato il litigio con l’arbitro di sedia Pascal Maria e gli addirittura 27.500 per la sceneggiata di lunedì. I suoi siparietti sono ormai leggendari. Il più divertente ieri è arrivato alla fine del match, quando i fotografi gli hanno chiesto uno scatto speciale e lui si è infilato la bandana fra i denti: «Ecco, vi faccio Suarez…», ha detto, facendo il verso al cannibale dell’Uruguay.

Le trovate del Fogna del resto piacciono molto a John McEnroe, che prima del torneo ha ammesso pubblicamente di «adorare» Fabio e il suo carattere, ma ormai attirano l’interesse diffuso della stampa internazionale. Anche ieri prima delle risate con i fotografi non è mancato show polemico: palla contestata con l’arbitro americano Jake Garner nel secondo set, e intervento – richiesto proprio da Fabio – del supervisor Tom Barnes, che subodorando il pericolo si era appollaiato a bordo campo dall’inizio del match. «Gli ho solo chiesto se per lui era giusto ripetere il punto», ha spiegato Fognini «Non è successo niente di speciale, non sono sempre così cattivo come dite. E poi l’importante nello sport è vincere le partite, no?». L’inviato del New York Times, che pregustava un po’ di vaudeville e ha provato a sfrucugliarlo sul match di primo turno con Alex Kuznetsov, è però rimasto deluso: «Vuoi parlare di lunedì? Del Roland Garros? Di quel match in Australia? !o voglio parlare del match di oggi, non del passato. Se vuoi sapere di quanto mi multeranno te lo dirti volentieri allea fine del torneo. Oppure chiedilo ai giornalisti italiani, loro sono molto interessati a queste faccende, lo sono concentrato sul tennis».

Il problema a quanto pare è trovarla fin dall’inizio, la benedetta concentrazione, visto che anche ieri per ingranare a Fabio è servito un set di rodaggio. In difficoltà sulle prime di Puetz, poco incisivo sul suo servizio, Fogna ha iniziato a scaldarsi nel secondo set e il match l’ha fatto girare definitivamente nel tie-break nel terzo, quando ha rimontato da 0-4 e ha salvato due set-point, il secondo con una spettacolare volée di rovescio in tuffo alla Becker. O alla Panatta, se preferite. «Almeno sono stato capace di reagire più in fretta che con Kuznetsov», ha ironizzato alla fine. «Su quel set-point sono stato un po fortunato e poi anche nel quarto ho preso un break stupido ma l’erba è fatta cosi, livella i valori. lo mi ci trovo bene con il rovescio, il mio colpo più naturali il dritto midà tanti punti ma devo lavorarci di più in allenamento. Pure del servizio non sono ancora contento, va migliorato». Al terzo turno, contro il bombardiere sudafricano Kevin Anderson, 197 centimetri, n.18 del mondo, che ieri ha sradicato dal torneo il francese Roger-Vasselin con 24 ace, Fabio dovrà badare a entrare subito nel match. «Speriamo di partire più veloce, stavolta. E’ un aspetto su cui ho lavorato parecchio negli ultimi cinque mesi, una questione mentale (…)

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Liti con gli arbitri e colpi a sorpresa: Fognini avanza (Gianni Clerici, La Repubblica)

UN MIO amico, proprietario di una libreria superspecializzata di tennis, Gerard Jones, mi ha invitato questa mattina a dire qualche parola di benvenuto per la presentazione della biografia di Ken Rosewall, intitolata Muscle, Muscolo, un soprannome ironicamente attribuitogli dal famoso allenatore Harry Hopman. Ho indossato la giacca blu di un famoso club americano, mi sono annodato la cravatta dello All England Club, e mi son messo in strada, pensando di attraversare il golf per raggiungere Wimbledon Station, la stazione della metropolitana. Cammina e cammina, mi sono reso conto, ad un certo punto, di aver sbagliato strada e, dopo un paio di chilometri, ho infine raggiunto la galleria nella quale Rosewall stava già firmando i suoi libri, alla presenza di alcuni conoscitori e non meno di quattro colleghi italiani che meriterebbero una citazione. Salutato Ken che mi ha sorriso «Grazie Gionni, per essere venuto anche se ti ho già mandato il libro», mi sono quindi rivolto ad un pubblico di ben tre persone, che mi avevano offerto la sorpresa di avermi letto in inglese, dicendo: «C’era una volta, nel 1950, un torneo jr a Rapallo, e fu chiesto a me, fresco tennista di Prima Categoria, di far quattro palle con un giovane australiano.

Scesi in campo, con un minimo di presunzione, ma non era passato un minuto che trasecolai. Al primo rovescio il bambino aveva colpito disinvoltamente una riga, con un gesto che ancora non conoscevo. Incredulo, gli indirizzai una seconda palla, che immediatamente mi ritornò sibilante, tagliatissima e insieme velocissima. A rendermi ancora più incredulo fu il «Sorry», che il giovanetto mi indirizzò, spiegandomi poi, nel suo angloaustraliano gutturale, di non poter trattenersi nel colpire le righe quando giocava di rovescio. Sarebbero passati due anni che avrei rivisto lo stesso Rosewall, ormai diciottenne, su un campo del Roland Garros. Era stato sorteggiato col mio amico e partner di doppio Fausto Gardini, un vincitore nato. In quell’occasione Fausto dovette tuttavia soffrire per cinque set il tennis ( per gli spettatori ) incantevole del ragazzo, e, dopo averlo infine battuto di puro muscolo al quinto set, si abbandono malconcio a bordo campo, dicendomi «Questo qui non lo batto più». Avrei assistito in seguito a molte vicende, relative a Rosewall, tra le quali otto tornei del Grande Slam vittoriosi, ad eccezione proprio di questo, di Wimbledon. A quei tempi, il tennis era diviso tra professionisti e dilettanti, e quando Rosewall si decise in favore di una retribuzione, lui, figlio di un bottegaio, rimase tagliato fuori dai Grande Slam, riservati ai dilettanti, più o meno falsi. Avvenne cosi che non poté partecipare a 45 cosiddetti Majors, tornei dello Slam. Oggi, a bassa voce, gli ho chiesto se credeva di poterne vincere tanti da eguagliare, e magari superare, il record di 17 di Federer, il supposto -più grande-del Mondo. Rosewall ha sorriso, con aria interrogativa. «Un’altra delle molte cose che non sapremo mai, caro Gionni».

Al di fuori di simili annotazioni personali, la giornata di gare ha offerto una nuova tragicommedia dell’inimitabile Fognini, abilissimo non solo nei controlli di palla sull’erba che ritiene nemica, ma non meno felice in ripetuti dissensi verbali con gli arbitri e i superarbitri, l’altro giorno Khetowong e Mc Ewan, oggi Garner e Barnes. Incapaci, tutti, di rendersi conto dell’incomprensibile ostilità nei riguardi dell’erba, che per contro pare si pieghi alle realizzazioni più insperate: com’è accaduto in un determinante tie-break del terzo, recuperato da 0 punti a 4, contro l’ignoto alemanno Puetz, n. 251 mondiale. Tra quant’ altro ho visto, non mi pare secondario il comportamento dell’ucraino Stakhovsky, vincitore del bizzarro Gulbis, che sembra ignorare il divieto contemporaneo che impedisce l’antica pratica del serveandvolley. Ma anche simile, minimo dettaglio, conferma il conformismo di questa nostra società contemporanea.

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A lezione di tennis spettacolo dai maestri Novak e Radek (Claudio Giua, repubblica.it)

Novak Djokovic contro Radek Stepanek nella Centre Court: quanti duelli assicurano altrettanto spettacolo tennistico? Avendo saltato tutti i match del Day 2 all’All England Lawn Tennis and Croquet Club perché le scadenze del mio mutuo hanno la precedenza su quelle della passione (se vi frulla per la testa che il vostro futuro sia il giornalismo, scrivetemi ché vi spiego due o tre cosette), per il Day 3 ho fatto con congruo anticipo scelte precise: i due match dei fidanzati numeri 1 d’Italia e, appunto, quello tra il serbo e il ceco.

Precedenza a quest’ultimo, il dodicesimo confronto in nove anni. E, lo dico subito, il più appassionante di questa edizione degli Championships. Il bilancio dei testa-a-testa parla, dopo oggi, chiaro: una vittoria di Radek, undici di Novak, sette set incamerati contro ventinove. Eppure il ceco ha confermato tutti i motivi per cui è tra i giocatori più ammirati del circuito.

Fuori per infortunio Tommy Haas, Radek – 36 anni a fine novembre – è il decano di Wimbledon. In singolare ha avuto un boom tardivo, dai 26 anni in poi, con cinque titoli ATP e i punti decisivi nelle ultime due finali di Davis, nel 2012 contro la Spagna, l’anno scorso contro la Serbia. A Roma nel 2008 stupì il pubblico del Centrale eliminando in due set nei quarti Roger Federer, allora numero 1 al mondo. È stato ed è un eccezionale doppista, con 17 titoli nel curriculum, tra cui due Slam, Melbourne 2012 e Flushing Meadows 2013. E poi è davvero simpatico fuori dal campo, con conseguenti danni collaterali per alcune famose colleghe: è stato fidanzato con Martina Hingis e Petra Kvitova, quest’ultima puntualmente lasciata in primavera, e sposato con Nicole Vaidisova.

In fatto di relazioni personalissime, anche Novak Djokovic è alla vigilia del passo decisivo (il serbo è sentimentalmente meno volubile del ceco) perché il 9 luglio, tre giorni dopo la finale londinese, sposerà Jelena Ristic, incinta del loro primo figlio. Per il matrimonio ha scelto uno dei luoghi più affascinanti della costa adriatica, la penisola di Sveti Stefan, pochi chilometri a sud di Budva. Una sorta di villaggio-fortino molto esclusivo, un po’ simbolo della grandeur nazionalista serba, ben frequentato già negli anni Sessanta: vi si rifugiarono – in buona compagnia – Kirk Douglas, Sidney Poitier, Andre Malraux, Doris Day, Geraldine Chaplin, la principessa Margaret d’Inghilterra, l’ex re Umberto II. A festeggiare re Nole I non mancheranno i nobili serbi Viktor Troicki, Janko Tipsarevic, Ana Ivanovic, Jelena Jankovic e Nenad Zimonjic. Divago troppo, lo so.

La partita ha mandato in visibilio il pubblico della Centre Court. Nole ha tenuto saldo il timone nel primo e nel secondo set (6-4 6-3) poi ha dovuto subire il travolgente ritorno di Radek, davvero eccezionale per resistenza, visione di gioco, voglia di farsi valere. S’è preso il terzo set al tie break e ha giocato in rimonta anche il tie break del quarto, lasciandolo al numero uno del seed solo per colpa di un nastro che ha fermato la volée e di un incrociato di Nole dentro per millimetri.

Fabio & Flavia. Dopo essere stato investito lunedì sulla via di Twitter da un Tir di critiche per aver osato scrivere che nel costo del biglietto per ogni match di Fabio Fognini è compreso il bonus-sceneggiata, non posso sottrarmi dal segnalare di passaggio il marginale episodio all’inizio del terzo set di oggi: protesta moderata per una chiamata in ritardo. Il fatto è che appena sentono salire la pressione fogniniana, arbitro e supervisor intervengono in automatico. Niente di clamoroso, tuttavia.

Anche il match con il tedesco Tim Puetz, come Fabio classe 1987, mai entrato tra i Top 200 ATP (adesso è 218), migliori risultati in carriera i secondi turni a Parigi il mese scorso e a Wimbledon oggi, è stato tormentato, meno che con l’americano Alex Kuznetsov lunedì ma abbastanza per vedere Fabio soccombere per 2-6 nel primo set, controllare con difficoltà l’avversario (6-4) nel secondo, rischiare forte nel terzo (7-6) e filare via tranquillo nel quarto (6-3). Il tutto in due ore e 39 minuti complessivi. Da raccontare c’è soprattutto il tie break del terzo set, cominciato con un doppio fallo e proseguito senza grinta fino allo 0-4, quando Puetz ha infilato quattro errori e poi un ace e un vincente. Solo allora per il numero 18 al mondo è suonata la sveglia: ha annullato i due set point a sfavore e ha chiuso di slancio (8-6).

Per la seconda volta in carriera il ligure arriva al terzo turno degli Championships. Il suo torneo potrebbe partire da qui, dal match tutt’altro che chiuso – sulla carta – contro Kevin Anderson, sudafricano, che sta giocando la sua migliore stagione da professionista, che ama le superfici veloci ma che patirà il gioco fantasioso dell’azzurro. Due i precedenti, equamente spartiti, ma con sconfitta di Fabio sull’erba di Queen’s nel 2009.

Ho potuto seguire solo il secondo set del match tra Pennetta e Lauren Davis, vent’anni e 157 centimetri di energia. Il primo l’aveva perso 4-6 dopo, mi dicono, una lotta estenuante. Ho visto la brindisina esprimere dell’eccellente tennis, ma l’orda delle Around 20 sta via via sfornando future Top Ten – come Bouchard, Barthel, Muguruza – sempre più spesso ostacoli ad alto rischio per le Over 30.

L’unico appunto che mi sento di fare a Flavia è di aver talvolta smarrito la misura del campo, mandando lunghe palle per lei normalmente controllabili. La ragazza di Cleveland – sorprendente per visione di gioco – non ha mai avuto cedimenti, rispondendo punto su punto agli attacchi di Flavia e piazzando spesso colpi profondi e angolati. Inevitabile la roulette – come su diceva un tempo per i rigori – del tie break. Che ha visto la numero 1 azzurra cedere. Peccato, perché perfino i suoi dati statistici di fine partita risultano migliori di quelli dell’americanina.

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