Mara Santangelo: "Se Fognini non entra nei primi 10 avrà fallito"

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Mara Santangelo: “Se Fognini non entra nei primi 10 avrà fallito”

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TENNIS – Mara Santangelo parla della sua nuova carriera all’interno della Federazione. Difende Binaghi (“Se è in carica da così tanto tempo è perché viene eletto”) e SuperTennis (“Il sogno è trasmettere uno Slam”). Sui successi delle donne dice: “Sono determinate, hanno l’obiettivo più chiaro. Se Fognini non entra nei primi dieci è un grande fallimento”.

L’ultimo venerdì di giugno si è svolto a Milano il torneo “Amici del Lavoro” organizzato da Randstad, in collaborazione con Bosch Tec e Carter & Benson. Sede della manifestazione il prestigioso Aspria Harbour Club, uno di quei circoli dove servono due euro per l’armadietto in spogliatoio. Mentre cercavo faticosamente di togliere la chiave, mi è venuto in mente Manganelli che diceva “Ci vuole un incompetente perché l’opera funzioni. Eccomi qua, sono la persona giusta: totalmente irresponsabile e assolutamente squalificato”.

Avviandomi verso i campi, la pistola puntata di Mimmo Rotella (op. “Slayground” del 1973 ) mi avvertiva sull’esito della mia partecipazione ma l’incontro con Mara Santangelo, piacevole e interessante come prevedibile da una ex-giocatrice di tale livello, ha ripagato la fatica di un pomeriggio sotto il sole e la delusione di una sconfitta al secondo turno.

Dopo tre anni sei di nuovo nel club dove hai annunciato il tuo ritiro ufficiale. Che ricordi hai di quel giorno?

Era una giornata di gennaio, se non ricordo male. Avevo scelto questo circolo perché è un posto a cui sono molto legata, dove sicuramente ho tanti amici. E’ stato un giorno che ricorderò sempre con grande commozione perché è stato il momento in cui ho ufficializzato alla stampa il ritiro dalla carriera professionistica. Oggi sono contenta di essere di nuovo all’Harbour Club, con uno sguardo e occhi completamenti diversi. Perché se prima quegli occhi erano abbastanza tristi, il mio è stato un percorso difficile, oggi ho una nuova strada davanti a me. Sono contentissima di quello che sto facendo.

Tra le varie occupazioni, oggi sei impegnata con la Bosch in corsi e seminari di formazione. Potresti spiegarmi quali sono i fattori da infondere nelle realtà aziendali, presi dal mondo del tennis e dalla tua esperienza di tennista professionista?

Sono tre anni che collaboro con la Bosch e facciamo queste giornate di formazione, trovando il connubio tra vita manageriale e sport. Io riporto quella che è stata la mia carriera tennistica, in chiave aziendale. Sviscerando vari temi. Temi che sono importantissimi che toccano vari valori; la passione, importante per me nella vita tennistica per proseguire con la mia carriera e nella  vita di tutti i giorni. In un’azienda ognuno di noi può rendere molto di più se fa le cose con grande passione e determinazione. E poi svisceriamo tanti altri temi.

Tu hai fatto un master alla Bocconi?

Sì, in sport e management. Mi ha aiutato tantissimo per formarmi. Vorrei precisare che quando facciamo queste giornate, prettamente di formazione, sono sempre affiancata da un trainer, che ha una esperienza importante alle spalle.  Dove è lui più che altro a sviscerare queste dinamiche. Io riporto la mia esperienza e quindi  la mia storia che poi viene vista con grande attenzione. Perché è una storia che grazie a tante difficoltà, mi ha portato a raggiungere tantissimi traguardi.

Sei stata infatti un’ottima tennista. Il tuo miglior anno è stato il 2007, con le importanti vittorie agli Internazionali di Roma e Roland Garros nel doppio, con due giocatrici diverse. A Parigi eri in coppia con Alicia Molik, un’australiana che già nel 2005 aveva vinto gli US Open.  Trionfi alla Fed Cup, la Schiavone a Parigi, i fantastici risultati della Errani e della Pennetta, vedi quest’anno la vittoria a Indian Wells, una Vinci con un tennis, secondo me,  tra i più belli nelle prime 20 del mondo. Come spieghi che il movimento tennistico delle donne abbia dato e continui a dare soddisfazioni agli appassionati italiani?

E’ curioso perché mi fai una domanda che ho proprio sviscerato facendo la tesi in Bocconi. Sul perché le donne nel tennis, non solo nel tennis italiano ma anche in altri sport e realtà come il nuoto con la Pellegrini e la scherma, siano più vincenti in questo momento storico rispetto ai maschi. E’ emerso, non sono solo io a pensarla così ma tanti addetti ai lavori e giornalisti, che le donne sono più determinate, hanno l’obiettivo più chiaro e non si accontentano di fronte ai primi risultati. Sono disposte a metterci molto più sacrificio in tutto quello che fanno. Mentre i maschietti hanno una mentalità un po’ meno aperta e predisposta al sacrificio. Abbiamo tantissimi esempi. Anche nel tennis a livello giovanile; abbiamo avuto dei ragazzi chiamati “campioni” che vincevano. Adesso anche lo stesso Quinzi promette bene.

L’anno scorso ha vinto il torneo juniores di Wimbledon.

Esattamente. Ma parlo anche di giocatori juniores nel passato che si sono completamente persi come Capodimonte, Natali, tantissimi che erano dei fenomeni a livello juniores e che poi non hanno fatto niente. Forse perché c’è un aspetto caratteriale diverso.

Daresti qualche consiglio ai tuoi ex-colleghi? Al tanto discusso Fognini?

Il talento non manca. Abbiamo dei buonissimi giocatori. E non parlo solo di Fognini, di cui il talento è risaputo. Bisogna lavorare sempre di più. Nel caso specifico di Fognini è un giocatore completo, se non entra nei primi dieci è un grande fallimento perché sarebbe solo la testa a non permetterglielo.

La tua vita è stata contrassegnata da gioie e dolori. L’anno scorso hai pubblicato con l’Edizioni Piemme il libro “Te lo prometto”. Invito i lettori alla lettura, dove si narra la sua esperienza di tennista e l’avvicinamento alla religione cattolica. Cruciale è stato l’incontro nel 2005 con Serena Williams sul centrale di Wimbledon, una partita dominata nel primo set per cedere nell’ultimo col punteggio di 6-2. A parte il giudizio tecnico della partita, condizionata dal dolore lancinante al piede, dover rinunciare a vincere un partita così fondamentale, che significato ha avuto per te? A livello psicologico la rinuncia è anche un aspetto positivo, di consapevolezza di aver raggiunto il primo limite.  Rivedendo la partita, sapendo la tua vicenda personale, mi è venuto in mente una poesia di Caproni che dice “sono giunto a uno stato di disperazione calma, senza sgomento”. Una sorta di momentaneo congedo dove potevi dire “io ho fatto quello che dovevo”.

Tocchi dei punti molto cruciali di quella che è stata la mia esperienza da tennista. Credo che dove sono arrivata, lo devo proprio a questa forte voglia di arrivare e lo dico nel libro che nasce proprio dalla promessa che feci a mia madre di giocare sul quel campo centrale e di diventare una tennista professionista. Detto questo, io non recrimino nulla e penso di aver dato il mio 100%.  Con la coscienza sono a posto. Sono felice per quello che ho fatto e mai mi sarei immaginata, quando ero bambina, di raggiungere questi risultati, per di più avendo un problema fisico così importante. Lo ripeto sempre, qualsiasi medico che mi ha visitato mi ha sempre detto “Tu non potrai mai giocare a tennis a livello professionistico”. E’ stato difficile in quel momento rinunciare a delle partite alla tua portata,  perché obiettivamente avrei potuto vincere parecchie volte e ho dovuto abbandonare. Però tutto ha un perché, soprattutto per il mio avvicinamento alla fede. E se questo dolore è servito per farmi arrivare anche all’incontro con Dio allora accettiamo tutto ben volentieri e sono contenta e benedico i miei piedi che ho sempre maledetto nei corsi degli anni.

La componente dolore è centrale nella tua carriera professionistica. Per i greci, il dolore non aveva nessuna valenza, apparteneva alla natura dell’uomo in quanto mortale. E’ stato il cristianesimo a caricare di significato la sofferenza, mediante la quale si ha l’espiazione alle colpe. Appartengo alla categoria degli “scettici” però vorrei capire da te se vedi dei paralleli tra la sua esperienza da tennista e il tuo avvicinamento alla fede? Era necessario avere questo percorso?

Assolutamente sì, per quello che dicevo prima. Maledicevo i piedi, oggi riesco invece a benedirli. Se mi chiedi una parola da accostare al dolore e alla sofferenza, oggi l’accosterei in rinascita perché per me  è stata proprio una rinascita, tramite tutto questo travaglio. Quindi tutto è servito. Tutto ha un perché e ci vedo assolutamente un parallelo. Nulla accade per caso nella vita.

Sei stata insignita nel 2007 del titolo di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana, oggi sei dirigente della FIT. Il 19 Giugno il vice-presidente della Camera, Luigi Di Maio,  ha presentato una interrogazione per chiarire alcuni aspetti non chiari tra la FIT e Binaghi. Non m’interessa un parere politico, però non trovi anomalo che il presidente della federazione di tennis sia in carica da così tanto tempo? Se ho ben compreso il regolamento, lo statuto della FIT prevede un sistema di votazioni bislacco, col risultato di elezioni con un consenso unanime. Altri paesi, come gli Stati Uniti, il presidente è in carica massimo due anni e ha il solo interesse di apportare miglioramenti allo sport, evitando le maldicenze, tipicamente italiane, di scambi di favore e o clientelarismi. Che cosa pensi a riguardo?

Io faccio parte della federazione da due anni. Ora che sono all’interno di questo mondo, capisco meglio  molte dinamiche, prima a me sconosciute. Dinamiche in senso positivo. Sono andata a studiare tutta la storia del nostro sport a livello dirigenziale, prima dell’arrivo di Binaghi. Il nostro mondo era a pezzi, con dei grandi buchi, con dei grandi deficit e il tennis italiano non andava assolutamente bene. Da quando è arrivato lui, con tutte le persone che lavorano al suo fianco, il tennis italiano è rinato. Non lo dico io ma parlano i fatti e i giocatori; parlano i fatti con il torneo degli Internazionali d’Italia, con questo grande boom di gente che vuole accostarsi al nostro sport. Perché su una poltrona un presidente ci sta da tutti questi anni? Evidentemente viene eletto. Evidentemente ci sono i risultati. Evidentemente sta facendo un buon lavoro. Poi che ci siano tante persone e tanti nemici, com’è il detto “Tanti nemici, tanto onore”.

Un modo di dire, un po’ in disuso.

Io credo che stia lavorando bene.

Un giudizio rispettabile però dal centro sportivo di Tirrenia negli ultimi dieci anni è uscito solo Giannessi (oggi oltre la 300esima posizione in classifica e 126esima sua migliore piazzamento). Abbiamo solo tre allenatori riconosciuti a livello internazionale, Castellani, Piatti e Pistolesi. Ho avuto la sensazione che ci fosse la tendenza a evitare di allenare giocatori italiani, forse per non avere rapporti con la FIT. Un giudizio personale che vedo dall’esterno. Sulla base di queste considerazioni, non sarebbe necessario rivedere completamente il sistema tennis in Italia?

Di tecnici italiani, riconosciuti a livello internazionale ce ne sono tanti altri. Umberto Rianna che tra l’altro lavora nella federazione. Giampaolo Coppo che ha lavorato nella federazione e cha ha portato tanti altri giocatori nei primi cento nel mondo. Non mancano di certo i tecnici e i bravi preparatori italiani.  Qualcuno lavora anche all’estero. Io credo che ultimamente la federazione sta lavorando molto per cercare di formare questi tecnici e per prendere gli ex giocatori, giustamente, con una grande esperienza, per cercare di farli lavorare all’interno del nostro mondo coi giovani, per dare loro una competenza importante. E di loro parlo di Tathiana Garbin, Silvia Farina, Rita Grande, Mosè Navarra, Sara Zanetti. Su questo perciò non mi trovi d’accordo.

Sei ottimista sul futuro della Federazione?

Non potrei non esserlo, altrimenti non ci sarei all’interno.

Giudichi che si stia facendo un buon lavoro?

Beh sono i numeri a dirlo, non mica solo io.

Mi auguro veramente che venga fuori un grande campione e che faccia da centro di attenzione per tutto il movimento. Il tennis è sempre un po’ bistrattato come sport nazionale. Avere per esempio l’Alberto Tomba del tennis.

Di campioni come Roger Federer ce n’è uno. Di certo non è la struttura che ha aiutato un campione come Roger Federer a nascere in un paesino svizzero. Noi di campioni ne abbiamo. Nei primi 100 abbiamo tantissime giocatrici. Vittorie nello slam inimmaginabili fino a 10 anni fa. In singolo e in doppio. Numero uno in doppio.

Sempre le donne.

[Risate] Su questo ne abbiamo parlato prima. Stiamo lavorando affinché questo non sia frutto del caso o di un movimento di qualche anno ma che duri e continui. Il nostro centro tecnico a Tirrena deve assolutamente tirare fuori sempre più giocatori, come Giannessi, molto validi. Ci tengo a precisare che la Schiavone, prima di vincere il Roland Garros, si è appoggiata al centro federale per allenarsi. Bolelli, che ha fatto il terzo turno di Wimbledon, si è allenato per tanti anni. La stessa Giorgi. Sta diventando un punto di riferimento per i nostri giocatori. Abbiamo a Tirrenia dei tecnici molto bravi come Infantino che ha un’esperienza incredibile ad altissimo livello e che può dare quel valore aggiunto per raggiungere certi traguardi. Ha allentato per tanti anni dei giocatori argentini nei primi dieci nel mondo.

Sai bene quanta fatica comporti diventare un tennista professionista. Soprattutto economico. Lo sanno molto bene anche le famiglia Pennetta, Errani e Giorgi, per fare qualche esempio. Mi ha sorpreso nell’ultima interrogazione alla camera, l’emergere di alcuni aspetti non chiari di come la FIT gestisce gli introiti della televisione, di Supertennis, alcuni investimenti immobiliari, soldi che riverserei più ai giovani, a mio avviso. Poi da quanto ho compreso dallo statuto, i giovani hanno l’obbligo di partecipare ai centri estivi della FIT per poter accedere alle manifestazioni giovanili. E’ un mio errore o un’altra assurdità del tennis italiano?

Non è assolutamente così e ci tengo a precisare per quanto riguarda i contributi. La Federazione dà un sacco di contributi a tutti i livelli. Adesso vogliamo lavorare e stiamo lavorando, nel momento in cui l’età media dei giocatori si è molto alzata, per aiutare sia con un supporto tecnico, come il centro tecnico a Tirrenia, sia economicamente i giocatori che escono anche dagli under 18. Di lavoro ce n’è tanto. Comunque ogni nostro giocatore di varie fascia di età viene aiutato perché è uno sport economicamente dispendioso.

L’anno scorso abbiamo perso il torneo WTA di Palermo cedendo i diritti a Kuala Lumpur. Meno tornei e più televisione in Italia per avvicinare i giovani a questo bellissimo sport?

Ci vuole un giusto bilanciamento, come in tutte le cose. Anche su questo il lavoro che stiamo facendo è davvero eccellente. Il torneo di Palermo è stato ceduto a Kuala Lumpur non per voglia della federazione. Anzi, noi abbiamo tentato in tutti i modi per mantenere il torneo in Italia, facendo un’offerta economica che è stata rigettata. Ci abbiamo provato in tutti i modi. Detto questo, stiamo lavorando per avere sempre più tornei in Italia. Se andiamo a vedere il calendario ci sono tantissimi tornei con la possibilità ai nostri giocatori di giocare nel nostro paese, pagando così meno per le trasferte e  preservare questi soldi che possono servire e rigirare in altro modo, come l’allenamento. La televisione sta dando buoni frutti per avvicinare le persone al nostro sport. E’ stata una mossa molto importante che sta portando grandi benefici. Ci auguriamo nel futuro di poter fare sempre meglio. Chissà un sogno potrebbe essere trasmettere un torneo del grande slam. Permettere alle persone che non possono pagare un abbonamento a Sky di vedere in chiaro un torneo come uno slam

Secondo te ci sarà la possibilità di avere a Milano un buon torneo ATP o WTA?

Sarebbe bello riuscire a riportare a Milano il grande tennis, dopo tanti anni. So che l’assessore Antonio Rossi è molto sensibile su questo argomento. Ci stiamo lavorando.

A ottobre ci sarà il Champions Tour, abbiamo avuto per due anni la manifestazione con le Williams, la Ivanovic, la Sharapova e le nostre italiane. Spero che si possa calendarizzare un torneo a Milano di grande tennis.

Speriamo anche perché il pubblico lo merita. Quando abbiamo organizzato qualcosa, Milano ha sempre risposto benissimo. Ricordo i due eventi con le Williams e la Sharapova con la Ivanovic erano tutto esaurito da parecchi mesi. E’ un peccato non sfruttare tutte queste belle opportunità che questa città può offrire.

 

Vado via dall’Harbour Club molto stanco. Dura la vita del tennista, anche il serbatoio della mia auto era in riserva.

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