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Racconti

Billie Jean King, un abito, un baule, una leggenda

Last updated: 20/07/2014 16:31
By Francesca Moscatelli Published 20/07/2014
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8 Min Read
Billie Jean King ed Evonne Goolagong, Wimbledon 1972
Billie Jean King ed Evonne Goolagong, Wimbledon 1972

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TENNIS – Un baule che contiene un vecchio abito, appartenuto ad una leggenda vivente del tennis, Billie Jean King. Il racconto di come, quasi quarant’anni dopo, sia tornato alla legittima proprietaria e di come la storia possa vivere anche attraverso gli oggetti.

Un oggetto del passato ha spesso più fascino di un qualsiasi gingillo di ultima generazione, perché vive della storia che racconta. Molte volte capita di avere un legame particolare con gli oggetti simbolo della nostra infanzia, che ci ricordano un immaginario molto più grande di noi e denso di una magia che da adulti non si è più in grado di cogliere. La storia di Sarah Lorge Butler e dell’abito ritrovato di Billie Jean King, mi ha riportata ai miei anni da bambina per una serie di analogie… Per tenermi buona la zia di mia mamma mi prometteva che un giorno mi avrebbe fatto dono di un baule pieno di abiti da ballo, che aveva riportato con sé dal Belgio.

Ogni tanto, quando ormai iniziavo ad essere scettica sulla questione, facevano comparire all’improvviso qualche pezzo, come una gonna nera a balze di voile, che doveva arrivare sotto al ginocchio, ma che a me copriva pure i piedi. Quel che ricordo meglio, però, era l’eccitazione genuina per la storia che stava dietro a tutto questo e le domande curiose di chi iniziava a ragionare sulle vicende della propria terra e sul perché parte della famiglia abbia dovuto lasciare il proprio paese nella miseria del dopoguerra.

Anche nel caso della giornalista/autrice americana i protagonisti del racconto sono un baule, un abito e una storia di emancipazione e riscatto sociale, con la differenza che, in questo caso, l’abito appartiene ad una leggenda del tennis e quel baule è realmente esistito, mentre il mio era un Graal che ha tenuto a bada altre generazioni prima di me.

E’ così che, quasi quarant’anni dopo, Sarah Lorge Butler ha restituito a Billie Jean King l’abito che la campionessa indossò nella corsa che la portò a vincere il quarto titolo a Wimbledon nel 1972 (b. Evonne Goolagong 6-3 6-3). Ma come è arrivato nelle mani di Sarah? “Mio zio Barry Lorge era un giornalista sportivo affermato, che ha iniziato la propria carriera occupandosi di tennis. Barry e King sono così diventati amici e in un certo momento lei gli ha donato il vestito (Era il vestito che indossò durante la finale? O uno che indossò nei primi turni? Nessuno lo saprà mai, ma so cosa racconto a me stessa), Barry poi lo passò a sua cognata, mia madre”.

Nel 2011, a causa dei problemi di salute della madre, affetta dal morbo di Alzheimer, Butler si è ritrovata, assieme al fratello ed alla sorella, a dover svuotare la casa di famiglia. Un compito triste, ma il ricordo di quel “talismano” e della sua collocazione era ancora vivido nella sua mente. “Durante uno dei miei ultimi viaggi in Massachusetts, alla casa dove i miei genitori hanno vissuto dal 1971, mio fratello ed io eravamo nel seminterrato con mia madre, avevo portato tutti lì perché volevo ripulire quello scrigno, uno degli oggetti ingombranti di antiquariato della mamma, un grande, bellissimo, baule di legno… Sapevo che l’abito, un tempo indossato da una leggenda, era lì”.

Desiderava restituire l’abito alla legittima proprietaria.

“Mia madre me lo mostrò una sola volta, quando avevo circa 11 o 12 anni e iniziavo a capire che ragazze e ragazzi non erano sempre stati trattati allo stesso modo. Lo scrigno era nel nostro salotto in quel periodo, di fronte alla finestra panoramica. Mamma prese il vestito, lo sollevò verso la luce e mi disse a bassa voce: ‘Quest’abito apparteneva a Billie Jean King'”.

Poi la madre le raccontò brevemente chi era la signora in questione e il suo ruolo nella “Battle of the Sexes”… “Gli ha rifilato una batosta”, riferito a Bobby Riggs. Una volta riaperto quel baule, a distanza di anni, in mezzo ad una manciata di cravatte anni ’70, l’abito era ancora lì, perfetto nel suo bianco “Wimbledon”, “Mia madre e mio fratello lo guardarono senza interesse. L’ho tirato su, credo fosse la prima volta che lo toccavo, era in buono stato, un tessuto elastico fatto di forme paisley, che lo facevano sembrare merletto. Il marchio era Head, aveva una vita bassa, il collo a punta ed era bianco. Era rimasto così per quasi quarant’anni”.

All’inizio del 2013, l’autrice ha raggiunto Billie Jean King al telefono, cogliendo l’occasione per chiedere notizie dell’abito: “Ho amato quel vestito… Posso dirti l’anno, il 1972”, ma non ricordava le circostanze in cui l’ha donato a Barry Lorge, “Di solito regalavo i trofei, davo via tutto. Probabilmente ho un solo trofeo di Wimbledon o forse tre [King ha vinto i Championships sei volte tra il ’66 e il ’75], non ricordo di aver dato via abiti, ma racchette e trofei, davo tutto agli amici o alle persone a cui ero affezionata. Barry ed io andavamo d’accordo, anche se era un giornalista”.

In una seconda spedizione nella casa di famiglia, Butler recuperò, nella stanza della madre, anche la parte superiore del vestito, la giacca per il riscaldamento, fatta dello stesso identico tessuto, “Le ho chiesto cosa ne dovevo fare, potevo spedire anche quella al suo ufficio?”. King non ha esitato nella risposta, “L’ufficio va bene… Se vuoi tenerla, se è importante per te, perché è connessa con tua madre, fammelo solo sapere”.

“Non sono una persona materiale, non penso più di tanto al passato a meno che non mi aiuti a far meglio oggi. I bei ricordi sono cosa buona, le amicizie e l’amore, e tutte le cose che contano, specialmente quando si invecchia; si inizia ad avere le proprie priorità”, un oggetto, per chi ha vissuto la storia del tennis e dell’emancipazione femminile da protagonista e guida, forse non ha tutta questa importanza, ma può essere importante per una bambina o un ragazzino che scoprono una parte di storia, raccontata osservando in controluce un abito di merletto bianco appartenuto ad una grande campionessa, che ha sacrificato parte della propria carriera per un proposito più grande ed importante: garantire diritti alle donne, perché avessero le opportunità e il sostegno necessari a realizzarsi come giocatrici professioniste.

Sarah non ha ancora deciso cosa fare della giacca, magari la mostrerà alla figlia di 10 anni e le racconterà questa incredibile storia, sicura che Billie Jean King sarà comprensiva al riguardo.


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