Stefan Edberg introdotto nella Hall of Fame del tennis canadese

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Stefan Edberg introdotto nella Hall of Fame del tennis canadese

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TENNIS INTERVISTE – Lunedì 4 agosto Stefan Edberg verrà introdotto nella Hall of Fame del tennis canadese. Agli Internazionali del Canada ha vinto in doppio con Pat Cash nel 1987 e perso in finale in singolare nel 1986 con Boris Becker e nel 1987 con Ivan Lendl. In una conference call ha parlato del suo rapporto con Federer: “A Roger non posso insegnare niente dal punto di vista tennistico, ma posso aiutarlo in questa fase della sua carriera attraverso la mia esperienza”. 

Lunedì 4 agosto sul Centrale del Rexall Centre di Toronto, poco prima dell’inizio della sessione serale della Rogers Cup, Tennis Canada introdurrà ufficialmente nella Hall of Fame del tennis canadese il sei volte vincitore di Slam Stefan Edberg, che agli Internazionali del Canada vanta una vittoria in doppio (nel 1987 in coppia con Pat Cash) e due finali in singolare (nel 1986 sconfitto da Boris Becker e nel 1987 battuto da Ivan Lendl). Il suo ricordo più vivo del tennis canadese, però, risale al match di primo turno di Coppa Davis del 1992 disputatosi a Vancouver, nel quale da n.1 del mondo venne sconfitto nel singolare della giornata d’apertura dall’allora 18enne Daniel Nestor e nel quale la sua Svezia dovette rimontare uno svantaggio di 0-2 per poter passare al turno successivo.
A pochi giorni della sua partenza per Toronto, il campione svedese ha risposto alle domande della stampa in una conference call nella quale si è parlato soprattutto del rapporto di collaborazione tra lui e Roger Federer: “Fino a due anni fa non avrei mai pensato che si sarebbe presentata un’occasione di questo tipo – ha confessato con la sua solita modestia Edberg – Dopo la fine della mia carriera professionistica non ho mai pensato seriamente di fare il coach, mi sono dedicato molto all’insegnamento ai bambini, ma quando è arrivata la telefonata di Roger mi sono reso conto che l’esperienza poteva fare al caso mio. Non si tratta del tipico rapporto coach-giocatore: il mio ruolo è più quello di manager all’interno di un team. Ovviamente non c’è molto che si possa insegnare a Federer dal punto di vista tennistico, più che altro gli parlo della mia esperienza e di come questo possa aiutarlo in questa fase della sua carriera. Il nostro programma è piuttosto flessibile, la necessità della mia presenza viene decisa in base alle esigenze; naturalmente sarò presente a Toronto, e poi vedremo come comportarci nel resto della stagione americana”.

Dopo un 2013 segnato dall’infortunio alla schiena che lo ha pesantemente limitato, il campione svizzero ha ritrovato quest’anno una buona forma fisica che gli ha consentito di ottenere risultati più consoni al suo rango, non ultimo la finale di Wimbledon nella quale è uscito sconfitto solamente al quinto set da Novak Djokovic. “Chiaramente è più difficile gestirsi dal punto di vista fisico una volta arrivati all’età di Roger – ha spiegato Edberg – Ho avuto anch’io lo stesso problema verso la fine della mia carriera, e con la mia esperienza sto cercando di dargli qualche consiglio in questo senso. Tuttavia come avete potuto vedere a Wimbledon, Roger è arrivato vicinissimo a vincere il titolo, e tutti i top player arriveranno ben riposati a Toronto dopo qualche settimana di riposo, per cui credo che a livello fisico saranno tutti pronti per affrontare la stagione americana sul duro ed i match 3 set su 5 degli US Open”.

Interessante anche il parallelo tracciato da Edberg tra il periodo d’oro del tennis svedese tra gli anni ’70 e gli anni ’90 e l’inizio di quello che potrebbe rappresentare un simile periodo di splendore del tennis canadese, che vede oggi il proprio rappresentante di punta nel tennis maschile classificato davanti al primo giocatore statunitense: “Ci sono indubbiamente diversi punti in comune tra i due Paesi, come la relativa bassa densità di popolazione e la necessità dettata dal clima di giocare indoor per molti mesi all’anno. Il boom del tennis in Svezia fu in parte trainato dal fenomeno Borg, in parte da ottimi allenatori che hanno lavorato molto bene, ed in parte da un ambiente molto positivo, che ha facilitato il lavoro di sviluppo dei ragazzi. Rispetto ad allora, oggi giorno servono molte più risorse economiche per far crescere un giocatore, ma se i fondamenti sono buoni e si insiste a lavorare bene, prima o poi si trova la generazione giusta e, con un po’ di fortuna, il movimento finirà per alimentarsi dei successi di questa generazione, perpetuando il circolo virtuoso”.

Interrogato su quali siano stati per lui i cambiamenti fondamentali nel tennis professionistico dalla data del suo ritiro, il campione svedese ha indicato nell’omologazione dei campi e nell’evoluzione delle corde i due fattori principali, anche se a suo modo di vedere è stato l’avvento della “Golden Generation” di Federer, Nadal, Djokovic e Murray a disegnare la scena tennistica dell’ultimo decennio: “Questi giocatori hanno dominato i grandi tornei per più di dieci anni, in una maniera che non si era mai vista prima. E’ sicuramente questo l’elemento più caratterizzante dell’ultimo periodo nella storia del tennis”.

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