Canadesi tra l'elite del tennis e gli USA ne traggono ispirazione

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Canadesi tra l’elite del tennis e gli USA ne traggono ispirazione

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TENNIS – Il Canada, da un po’ di tempo a questa parte, si sta mettendo in mostra grazie alle prestazioni più che buone di Raonic e Bouchard. Mentre gli Stati Uniti stanno a guardare. Rode a “zio Sam” la ribalta dei vicini?

‘What Canada Can Teach America’ titola oggi il Wall Street Journal. Raonic e Bouchard stanno dimostrando il loro valore, magari non vinceranno gli US Open quest’anno, ma sono giovani e il tempo è dalla loro parte. Dall’altra parte del confine il tennis a stelle e a strisce è la non più giovanissima Serena Williams e poco altro, c’è da capire la preoccupazione degli “yankees”. Troppo giovane la Bellis, troppo incostanti la stephens o la Keys. Perr non parlare del “deserto” in campo mascile.
Il giornale newyorchese spiega come i canadesi gestiscano i propri campioni, e li facciano crescere, ascoltando il parere di Michael Downey, ex CEO del Tennis Canada ed ora presidente esecutivo del Lawn Tennis Association britannico. Downey è molto caustico. “La federazioni non generano campioni. Se lo fanno, sono a pranzo, non ci badano più di tanto, s’improvvisa. Non hanno soldi, e se ne hanno bisogno, organizzano una raccolta fondi. È questo il segreto del loro successo.” Ed è proprio così: per far allenare Raonic, la federazione canadese ha raccolto delle donazioni e lo ha mandato in Spagna, dove è cresciuto tennisticamente. La Bouchard, invece, si è dovuta trasferire con la famiglia in Florida, dove si è allenata con Nick Taviano.
Questo modus operandi, innovativo rispetto al tenere a lungo presso le accademie i migliori ragazzini, ha particolarmente colpito la US Tennis Association che ha deciso di adottare la filosofia canadese: “Abbiamo cominciato a tenere più bambini per meno tempo in accademia, tentando anche di coinvolgere maggiormente il loro team,” ha detto Patrick McEnroe, general manager dello sviluppo dei giocatori USTA.
Interessante il parere dei due top player chiamati in causa. Secondo loro la differenza non starebbe nella preparazione o in quanto la federazione possa lavorare sui ragazzi ma piuttosto sulla forza di volontà, la voglia che ognuno ha: “Non ha importanza chi fai stare attorno al bambino, quello deve solo vincere il punto,” dice Raonic. “Come crescere, come creare un campione: non c’è una risposta esatta!” A lui, fa eco la Bouchard: “Non è stato certo programmato che io e Milos ‘venissimo fuori’ contemporaneamente, è stato solo un caso.”
Ecco quindi ciò che caratterizza, per davvero, la programmazione canadese: il caso. Nessuna programma, nessuna accademia, niente soldi. Solo tanta, tanta fortuna. Forse non hanno poi così tanto da imparare gli statunitensi dai loro vicini…

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