La social solitudine del tennista da TV

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La social solitudine del tennista da TV

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Com’è cambiato il modo di seguire il tennis rispetto a 20 anni fa, in una carrellata che parte dal canale televisivo Capodistria e arriva all’HD con la mobilità di SkyGo ed Eurosport Player. Le maratone notturne però sono rimaste le stesse, ma non più in solitaria: ora si fanno in compagnia con i social network

Io, la TV e il telecomando. Questo è lo schema fisso del tennista da TV, quello che si alza di notte quando il resto del quartiere dorme per ammirare le gesta del proprio beniamino sul piccolo schermo. Così era 20 anni fa e così è oggi con un’unica differenza: l’avvento dei social network che ci fanno sentire meno soli. Come siamo arrivati fin qui? Siamo partiti da molto lontano, quando Internet ancora non esisteva.. Per la maggior parte della popolazione italiana televisione fa rima con Rai. È grazie alla Rai infatti che il grande pubblico ha cominciato a seguire il tennis sul tubo catodico, con le telecronache di giornalisti diventati poi cult per certi versi.

La memoria storica di chi scrive, un figlio degli anni ’70, ricorda che il primo tennis guardato in televisione era quello del Roland Garros di fine anni ’80, commentato da Giampiero Galeazzi. Giornalista capace di spaziare senza problemi su più fronti (canottaggio, calcio), Galeazzi si esaltava quando c’erano gli italiani in campo. Non era il solo a commentare il tennis per la Rai. C’era ad esempio anche Ivana Vaccari, che lo aiutava nel coprire i tornei italiani – allora ce n’erano -di Firenze, Bologna, Roma e Milano, fra gli altri. Tornei che oggi sarebbero degli ATP 250, fatta eccezione per Roma, dove c’erano sempre i migliori, e Milano, che oggi probabilmente sarebbe un ATP 500, e che richiamava parte dei più forti per via della superficie in duro. All’epoca le alternative erano poche per il grande pubblico. Si seguiva il tennis in TV in chiaro in Italia ma in maniera molto poco professionale. Palinsesto fisso e quindi match troncati (succede anche oggi quando la Rai ci prova ancora a trasmettere un po’ di tennis), sospesi sul più bello con gli appassionati appesi senza altra via per conoscere l’evoluzione e il risultato del match.

Guardate però il pathos che riusciva a trasmettere Giampiero Galeazzi durante le cronache dei match di Coppa Davis

Il tennis ancora non godeva dei grandi numeri di oggi. Migliorò sensibilmente la possibilità di seguirlo Tv quando arrivò Koper Capodistria. Televisione con sede in Slovenia, trasmetteva usando frequenze italiane avvalendosi delle telecronache di Gianni Clerici e Rino Tommasi.

Questa TV cominciò ad aumentare sensibilmente l’offerta per gli appassionati, salvo poi cedere le frequenze a Tele+, che diventò a pagamento e ne prese il ruolo – e che finì successivamente inglobata nel gruppo Sky. Questa era la situazione in TV. Nei giornali se ne scriveva nelle occasioni più importanti, nei tornei dello Slam. Per il resto era un cercare con fatica nelle ultime pagine dei quotidiani sportivi i classici trafiletti, che riportavano i vincitori dei tornei anche con giorni di ritardo. E poi c’erano le riviste specializzate, mensili, che ti proponevano analisi sull’Australian Open quando si stava già giocando sulla terra da un po’.

La passione però dell’appassionato era la stessa di oggi. Ci si svegliava di notte per seguire gli Australian Open e si rimaneva alzati fino a tardi per seguire lo Us Open. Lo Slam della Terra dei Canguri per certi versi era più facile da seguire, poiché alle nostre 9 del mattino proponeva il match serale, di solito fra grandi campioni. Spesso quindi si bigiava scuola e si tornava a casa in solitaria a guardare i tennisti degli anni ’90. (Era apprendimento anche quello).  Gli Slam poi erano anche più attraenti perché con sole 16 teste di serie c’erano dei primi turni veramente interessanti (e quindi anche eliminazioni eccellenti). Non era come oggi dove anche nel maschile puoi iniziare a seguire il torneo dalla seconda settimana, tanto i migliori li ritrovi praticamente tutti, spesso senza neanche aver lasciato un set per strada. Si guardava il tennis, e lo sì commentava nel circolo locale. O al telefono, fisso ovviamente, con gli amici.

Aumentata l’offerta televisiva con l’ingresso delle prime TV a pagamento, il tennis che si poteva guardare nel piccolo schermo non era poi molto. C’erano gli Slam ovviamente, che finalmente si seguivano per intero. C’erano i tornei più importanti, ma nulla di paragonabile alla capillarità di oggi. L’ATP produceva un programma, ATP World Tour se la memoria non inganna, che andava in onda il lunedì in seconda serata. In un’ora di trasmissione venivano condensate le immagini di una settimana di tennis di tutto il mondo. Con ritmo incalzante si potevano vedere i migliori colpi dei tornei della settimana, interviste ai vincitori, e anche la preview dei tornei della settimana, con i vincitori degli anni passati. Una trasmissione fantastica che oggi però non troverebbe il favore del pubblico visto che nel frattempo è avvenuta la rivoluzione dal nome Internet.

Tutti gli anni ’90, quelli di Sampras, Becker, Edberg, Agassi e tanti altri, sono stati quindi dominati televisivamente dalla TV a pagamento, con la Rai ad inseguire cercando di fare un minimo di servizio pubblico. Servizio pubblico coincideva con Coppa Davis, questa sì che si riusciva a seguire per intero con un canale pressoché dedicato. Oggi la funzione di offrire il tennis in chiaro riesce ad offrirla SuperTennis, canale della Federazione Italiana Tennis che trasmette in chiaro in digitale terrestre e sul web. Con Eurosport e Sky a spartirsi il grande tennis, questa emittente che si finanzia con i soldi pubblici (le nostre tasse finanziano lo Stato che finanzia il Coni che finanzia la Fit che finanzia una società che edita il canale) si è accaparrata i diritti dei tornei minori (spesso solo per i weekend, giudiziosamente) maschili e femminili, concedendosi addirittura numerose esclusive. Una manna per chi vuole seguire anche i tornei più disparati in TV e fatica ad adattarsi all’offerta disponibile su internet.

In Italia abbiamo dovuto aspettare gli ultimi anni ’90 per far entrare internet nelle nostre case. Il servizio era a pagamento, le velocità di connessione erano ovviamente lentissime, ma consentiva di comunicare in tempo diretto. La parola chat, l’inglese per chiacchierata, cominciò ad assumere un altro significato in Italia grazie ai canali IRC, dove si poteva discutere di svariati argomenti con altri appassionati. A poco a poco nacquero anche i siti internet specializzati, dopo quelli dei grandi giornali italiani che delocalizzarono anche sul Web.  Fu il punto di non ritorno per la fruibilità massima che esiste oggi. Per il giornalismo specializzato i primi anni del nuovo millennio furono ancora dominati dalla carta stampata, con gli inviati che commentavano sia in Tv (sì, ovviamente loro: Scanagatta-Clerici-Tommasi-Lombardi) che sui vari quotidiani. Ce n’è voluto di tempo per far sì che nascessero i primi siti web completamente dedicati al tennis, dove leggere gratis in tempi brevissimi cosa accadeva in questo sport. La rivoluzione internettiana del tennis si arricchì successivamente di due nuovi capitoli che ora sono diventati imprescindibili per ogni appassionato: l’avvento del “Mondo Social” e di quello dell’”HD”.

Quando la Nokia dominava il mondo dei telefonini come i Fab Four hanno dominato quello del tennis nell’ultima decade, lo sfottò era pratica demandata all’SMS. Si pagavano, quindi ci si andava piano con le repliche e si usavano tutti i caratteri. Oggi invece c’è Whatsapp tanto per nominare il più diffuso strumento di chat in tempo reale in Italia e poi abbiamo Facebook e Twitter dove condividiamo e commentiamo tutti i nostri interessi. Con le velocità di Internet diventate finalmente tali, oggi possiamo vedere il tennis ovunque. Oggi è comune vedere Wimbledon sul treno o nella metropolitana, guardare lo Us Open seduto sul marciapiede di una strada mentre si aspetta la consegna della pizza, oppure parcheggiati in macchina con le quattro frecce con iPad in mano a mangiarsi le unghie mentre il proprio beniamino gioca. Insomma: il tennis oggi è intorno a noi. E anche gratis. Perché c’è lo streaming. C’è quello gratuito dei siti di scommesse (e dei locali dove si può scommettere), c’è quello delle tv straniere raggiungibili tramite altri siti (o anche tramite parabole motorizzate) e c’è quello a pagamento delle TV. E c’è in alta definizione, in HD. La prima volta che Sky – luce della Televisione Italiana nel buio di quel che è rimasto in chiaro, salvo qualche eccezione – trasmise in HD il tennis si rimase esterrefatti. La pallina non aveva più aloni che la circondavano. Potevamo ammirare le gocce di sudore colare dal cappellino di Djokovic e, grazie al moltiplicarsi delle telecamere, ammirare i replay rallentati dei gesti dei tennisti o gustarceli mentre scambiano da fondo campo con inquadrature alla loro altezza. Passati all’HD, non si poteva più tornare indietro. Anche gli streaming del web cominciavano a sembrarci obsoleti.

L’altra grande rivoluzione strettamente connessa all’ampliarsi delle velocità di connessioni ad internet, nel mentre che le televisioni (cifrato: Eurosport e Sky) si davano battaglia per i diritti televisivi dei tornei a seconda della loro convenienza, è che su Internet grazie al player di Eurosport ad esempio si possono seguire anche 7 campi nel singolo giorno. Lo stesso fa Sky quando produce Wimbledon, unico Slam di cui acquista i diritti per l’Italia. Una volta il regista sceglieva il match da proporci, oggi internet ci rende registi del tennis. Avviene solo su Eurosport per quanto riguarda le emittenti che trasmettono in Italia (e che in TV su due canali operano ancora secondo logica di ascolti paneuropea) ma ci sono anche altre soluzioni, come TennisChannel e via dicendo.

Terminato il viaggio verso la modernità della fruizione di questo sport, vediamo come siamo cambiati nel commentarlo nel corso degli anni. La maniera migliore e più immediata per commentare il tennis oggi è farlo con i Social Network. Armato di smartphone, l’appassionato di tennis segue su Facebook i siti che aggiornano sui social i risultati dei principali tornei. Ogni appassionato ha ovviamente poi scaricato sul proprio telefonino evoluto l’applicazione che consente di sapere in tempo reale lo score dei vari match. Altrimenti c’è Twitter. Il social network dei cinguettii è quello dove i giornalisti promuovono i loro pezzi e distillano commenti. Finalmente c’è l’interazione diretta fra i giornalisti e i lettori. Mentre quindi si gioca il tennis in TV, magari sul divano armati di iPad aggiorniamo compulsivamente l’hashtag di riferimento su Twitter (ma ci sono anche su Facebook oramai) dell’evento sportivo. La parola chiave per rintracciare tutti i tweet ad un determinato argomento ci consente di imbatterci nei commenti degli sconosciuti, interagire direttamente con loro mentre in TV si scambia da fondo campo. Se alla “destra del padre” siede il telecomando, alla sinistra oggi c’è lo smartphone o il tablet. Per gli studenti fuori sede c’è il portatile a condensare il tutto,  streaming e social network. Insomma: siamo decisamente meno soli.

Nel 1992, nel tragitto in automobile che mi separava dalla televisione dove stavo seguendo Brasile-Italia di Coppa Davis verso il circolo tennis dove dovevo giocare un match di torneo, rimasi senza notizie per una mezz’ora buona. C’era Stefano Pescosolido in campo, a Maceió, forse il campo da tennis in terra rossa più lento della storia di questo sport. Sostituì Camporese che il giorno prima aveva accusato un problema al braccio alquanto dubbio. Si tentava la rimonta sotto per due a uno negli ultimi due singolari. Jaime Oncins  sospinto dalla torcida locale era in vantaggio per due set a uno. Arrivai al circolo speranzoso della rimonta del ciociaro conterraneo. Corsi nella lounge del circolo ma la Tv era spenta. “Si è ritirato per crampi, l’hanno portato fuori dal campo come Gesù Cristo”, esclamò un appassionato arrabbiato per quel triste e drammatico epilogo. All’epoca i fatti si apprendevano ancora dalle persone, verbalmente. Finito l’excursus, è tempo di scorrere nuovamente la timeline.

 

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