Federer-Jordan: due icone (di stile) a confronto

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Federer-Jordan: due icone (di stile) a confronto

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TENNIS FOCUS – “Federer è come Michael Jordan” Feliciano Lopez dixit. Proprio il presupposto migliore, dunque, per sviscerare un paragone difficile quanto entusiasmante, sul piano sportivo e caratteriale, analizzando i cambiamenti e l’influenza che questi due mostri sacri dello sport hanno apportato alle relative discipline e non solo. Danilo Princiotto e Alberto Prestileo

Un confronto dalle caratteristiche totemiche, un mix di potenza, genio, tenacia, intensità, resistenza fisica e mentale. Un cocktail esplosivo condito dall’attaccamento spasmodico alla vittoria, alla gloria sportiva, al sollevamento dei trofei come fosse un’attività di ordinaria amministrazione. Michael Jordan e Roger Federer, due degli sportivi più grandi di sempre, quantomeno nella top ten di tutti i tempi.
“Sfidatemi, dubitate di me, dite che sono più vecchio, dite che sono più lento, dite che non posso volare più. E’ esattamente quello che voglio da voi” questo recitava Michael in un vecchio spot Nike, dopo il suo ritorno ai Chicago Bulls, in seguito alla breve esperienza nel baseball. Uno spot quanto mai azzeccato e calzante; parole che possono essere estese all’eterno Roger Federer, in grado di risorgere dalle ceneri, quando tutto sembrava finito, quando l’età diminuiva (e continua ovviamente a farlo) la prestanza fisica e la freschezza mentale. Campioni senza aggettivi, entrambi restii al ritiro, troppo attaccati alla loro attività: “Non ridete, ho detto di non ridere” canzonava tra il serio ed il faceto MJ alla premiazione per l’inserimento nella Hall of Fame nel 2009 “magari tornerò in campo a 50 anni”, c’è da scommettere che quel giorno nella testa di Michael prevalesse il serio più che il faceto. Lo stesso Federer ha sempre snobbato la parola ritiro, esorcizzandola da anni, quasi come fosse una chimera: “Non ho idea di ritirarmi, non posso farlo adesso, amo troppo il mio sport”. Entrambi quasi riflessi nella frase pronunciata da Jordan, proprio nella cerimonia poc’anzi citata: “I limiti sono come le paure, spesso, sono soltanto un’illusione”.
Due campioni dai numeri esorbitanti, per uno sei titoli Nba conditi da altrettanti MVP (qualsiasi sportivo dovrebbe vedere, almeno una volta nella vita, gli ultimi secondi di Gara 6 della finale NBA 1998 tra i Bulls e i Jazz), per l’altro 17 titoli dello Slam, record assoluto. Ma parlare di numeri sarebbe riduttivo, i numeri offendono tizi del genere, non rendono onore all’essenza del rispettivo sport che loro rappresentano, denigrano la bellezza del gesto tecnico e la perfezione che sono in grado di generare.

Michael Jeffrey Jordan e Roger Federer: accomunati dalla parola “successo”, anche se approcciato con modalità differenti dal punto di vista caratteriale. Federer (almeno quello moderno) molto più compassato e rispettoso in campo (anche per via della diplomazia sovrana e un po’ finta che regna nel tennis), Jordan estroverso, nervoso, a tratti rissoso (chiedere a Steve Kerr), maniacale; entrambi accomunati, però, dalla sicurezza di essere i migliori o giù di lì, un qualcosa di simile alla presunzione, un sentimento inevitabilmente maturato nel corso delle vittorie. Federer più riflessivo e disposto al rilassamento in famiglia, anche dopo una sconfitta, per ricaricare le batterie, ma mai sazio; Jordan riluttante al riposo, una bestia instancabile ed indomabile. Michael e Roger: 2 modi uguali e diversi di intendere lo sport, 2 dei personaggi con la maggior influenza sul mondo circostante, sia in termini di atteggiamento che in termini di moda e abbigliamento.

E proprio dell’abbigliamento, entrambi ne hanno fatto un punto di forza. MJ, quando firmò il primo contratto con la Nike a metà degli anni ’80, cambiò definitivamente l’idea di “sponsor”. L’azienda americana creò per lui un suo personalissimo marchio: Jumpman (la classica schiacciata di Jordan a gambe aperte stilizzata), e cominciò a produrre scarpe, magliette, pantaloncini e tanto altro. La gente, ormai, poteva uscire di casa indossando qualcosa di Michael Jordan, e questo fece di lui definitivamente una star a livello mondiale e della Nike una multinazionale dagli utili più che decuplicati, nel giro di qualche anno. C’è ancora chi sostiene che il passaggio dalla NBA al Baseball fu una mossa dovuta al fatto che il brand di MJ oramai fosse più potente della Lega stessa; per non parlare della finale del 1998 tra Jazz e Bulls, dove Jordan “costrinse” i suoi compagni ad indossare pantaloncini più lunghi della media e calzini corti, moda cult del momento solo grazie a lui. Lo stesso dicasi per Federer. Al logo RF, che ormai noi tutti conosciamo, non si fa più solo riferimento per articoli sportivi, ma per capi di abbigliamento da indossare in qualsiasi momento, che ci si trovi in Cina, negli Stati Uniti, o qui in Europa. E poco importa se il cardigan sia fuori moda in quel periodo, se lo indossa Roger Federer durante la finale di Wimbledon, non può certo passare inosservato.
Insomma, Federer e Jordan hanno rivoluzionato il modo di pensare delle persone. Uscire di casa con una tuta non è più follia, perché su quei pantaloni c’è il buon vecchio Jeffrey o il più classico Roger; indossare le scarpe marchiate RF piuttosto che MJ (o magari le nuove Nike Court Zoom AJ3 nate dall’unione dello stile dei due campioni) “forse davvero può renderti un giocatore migliore”. E per quanto la memoria possa farci balzare agli occhi René Lacoste e le sue polo, o Stan Smith e le sue scarpe, Roger e Michael, ci sentiamo di dire, restano almeno un gradino sopra. Nessuno ha vinto come loro, nessuno lo ha fatto con il loro unico stile, adesso però, disponibile al primo Nike Store.

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