Tennis e violenze: un binomio tabù

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Tennis e violenze: un binomio tabù

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Partendo dal caso più eclatante riguardante Bob Hewitt, diamo spazio ad un tema scottante, troppo spesso sottovalutato: la violenza sessuale nel mondo del tennis. I casi sono molti e recenti; le conseguenze inestinguibili; le pene spesso intangibili. L’aggravante dell’abuso sui minori, specie a bassi livelli, dilaga a macchia d’olio

Di stupri e violenze non se ne parla, o meglio, non se ne parlava. La società sta cambiando; si sta evolvendo verso una maggiore presa di coscienza sul problema. La gente inizia a considerare (credendoci davvero) la violenza come un atto becero, meschino e vigliacco e a condannare senza mezze misure il fautore di tale oscenità, in maniera sensibilmente maggiore rispetto a 50, 60 anni fa. Circa il 40% del genere femminile, insieme ad un più moderato 16% di quello maschile, ricorda di essere stato vittima di abusi riguardanti la sfera sessuale, con una fascia d’età particolarmente a rischio: quella che va dai 10 ai i 17 anni.

Ecco come il codice penale italiano punisce il reato di violenza sessuale, all’interno dell’Art 609 bis:
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

Nell’ambiente sportivo la situazione non è così riconosciuta come nella quotidianità, l’omertà viaggia a vele spiegate e, come per tutti gli argomenti tabù si sa ancora troppo poco a riguardo, nonostante si intuisca che quei pochi (non così pochi in realtà) casi che giungono alle orecchie dell’opinione pubblica, rappresentano solo la punta di un iceberg molto più profondo e radicato (vedi Mike Tyson). Lo sport è contatto, è emozione, è alchimia con il proprio coach o con il preparatore atletico di turno, e trovarsi in una situazione al limite non è certo impossibile. Deve saperne qualcosa Bob Hewitt, australiano, naturalizzato sudafricano, campione di 9 Slam in doppio, che, a 75 anni, si ritrova in processo, accusato di aver abusato di due under 16 nel 1981-82 e di un under 18 nel 1994, a 54 anni. Le dichiarazioni di Theresa Tolken, l’unica donna, delle tre, che ha avuto il coraggio e la forza di comparire in giudizio potrebbero inchiodarlo, ma intanto il mondo del tennis prende le debite distanze. L‘Hall of Fame ha prontamente provveduto a sospenderlo, mentre Billie Jean King, compagna di doppio e trionfatrice, insieme a Bob, del Roland Garros 1970, su domanda dei giornalisti ha risposto in maniera laconica, non certo ergendo una strenua difesa nei confronti del suo ex collega.

Ma quello di Bob Hewitt è solo uno dei casi più eclatanti, non l’unico ad alto livello, con la Francia resasi spesso protagonista in negativo di episodi simili. Ha destato scalpore la confessione, a mò di sfogo che Isabelle Demongeot fece anni fa, contro il suo allenatore Règis de Camaret, sputando anni e anni di lacrime ingoiate e abusi repressi. Quella di Isabelle è la storia di una tennista precoce, un gioiello in attesa di essere coltivato, un baby fenomeno del tennis francese. La sua leggerezza però, non le consente di combattere con le più quotate Graf, Seles ecc, così rimurgina più volte sul ritiro, nonostante ottimi risultati in doppio, dove raggiunge anche la top ten. Ma un male alberga nell’animo di Isabelle, un male che da troppo tempo la giovane si porta dietro e che decide di raccontare nel libro autobiografico Service Volè, dove accusa il suo allenatore de Camaret di ripetute violenze e abusi subiti dalla giovane, in età adolescenziale. Il processo, passato alla Corte d’Assise, si concluderà con una condanna a 8 anni, più una successiva estensione di altri 2 anni, per l’ex allenatore, grazie al coraggio di tante altre ragazze che, come Isabelle, denunceranno le molestie del baffuto insegnante (“Sono stato coinvolto solo in alcuni giochi amorosi”), nonostante la caduta in prescrizione di molti capi di imputazione.

Personalità conosciuta ai transalpini e non solo, è quella di Andrew Geddes, americano quarantanovenne del New Jersey, accusato, poco meno di un anno fa, di aver abusato in più occasioni, di tre ragazzine tra i 12 e i 17 anni,. Geddes, che lavorava presso il Tennis Club di Sarcelles, ad una manciata di chilometri da Parigi, ha ammesso di aver stuprato una ragazzina, pur adducendo al fatto che i rapporti avuti con le altre due sarebbero stati consensuali. “Le ha percosse, le ha riprese mentre le obbligava a rapporti orali per poi caricare i video in siti porno” ha affermato il Procuratore distrettuale di Nanterre, Robert Gelli. “Allenava gli adulti d’esperienza, non i bambini: sono scosso” ha aggiunto uno spaesato Henri Leconte.

Non solo all’interno del proprio team, ma casi di violenze ed abusi si rinvengono anche nei circuiti maggiori, nell’ITF in questo caso, con l’accusa di stupro a 5 persone, durante il torneo Futures di Maratona, in Grecia nel 2013. Secondo dati filtrati dalla polizia i 5 accusati, due giocatori (entrambi francesi) un coach, un preparatore atletico e un istruttore di danza, avrebbero violentato una giocatrice americana mentre questa era intenta a consumare un rapporto sessuale consenziente con un soggetto di nazionalità rumena. Per la cronaca, l’unica giocatrice americana presente all’interno del tabellone di Maratona 2013 era Ahley Murdock (best ranking 770) e i due francesi (peraltro anche impegnati insieme in doppio) erano Thomas Le Boulch e Alexandre Massa.

Non mancano certo i casi in cui sono gli italiani a balzare agli onori, si fa per dire, delle cronache: nel 2008 è stato Omero Noli, stimato insegnante della Costa Smeralda, ad essere accusato di violenza sessuale da una ragazzina dodicenne. In realtà il Gup ha poi stabilito, nel 2012, la totale estraneità dei fatti del coach sardo, respingendo l’accusa di tre anni avanzata dal Pm. Sorte diversa per Vincenzo Minutolo comasco coach del Vergosa Sporting Club. Il “talent scout”, sempre alla ricerca di giovani ragazze di talento, convinceva queste ultime, dopo aver instaurato un rapporto di confidenza con loro, a recarsi presso il Centro Sportivo “Tevere Remo” in occasione di un importante torneo di categoria. La procedura di Minutolo, accertata in sede di giudizio per due diversi casi (tra cui uno con protagonista una minorenne), era sempre la stessa: durante il soggiorno a Roma, tentava di avere rapporti sessuali con le giovani ragazze, costringendole a scappare senza nemmeno giocare.

Desta impressione soprattutto la frequenza con cui si abusa di ragazzine in tenera età, 12-13-14 anni (cosa ancora più grave se si dovesse stilare un ordine gerarchico). Non c’è ricetta a questo cancro dello sport e della società in generale, se non quella di abbattere il tabù, di discuterne, di far terminare gli incubi di vittime innocenti, troppo spesso bambini, che verranno marchiati a vita da ogni singolo atto di violenza che la bestia di turno perpetrerà su di loro. Dimenticare senza denunciare, per chi ha subito la violenza, vuol dire continuare a vivere in un limbo, in un mondo a parte, senza modo di poter gioire di ciò che la vita offre, sentendosi quasi sporchi e senza ragione alcuna di vivere.

Prevenzione, denuncia, discussione ai piani alti dello sport italiano e mondiale, oltre che del tennis: prima di spezzare i sogni di un/a giovane ragazzino/a (o comunque di una donna già fatta e formata, ovviamente) bisogna riflettere, perchè i valori che lo sport dovrebbe infondere in un adolescente, non possono e non devono essere accostati ad episodi di questa gravità.

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