Djokovic: "Come sono riuscito a diventare più forte di Federer e Nadal"

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Djokovic: “Come sono riuscito a diventare più forte di Federer e Nadal”

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Ospite ad un programma della televisione serba, il numero uno del tennis mondiale Novak Djokovic ha parlato della sua rivalità con Federer e Nadal, di come la nascita del figlio Stefan abbia cambiato la sua vita, dei suoi obiettivi e dei suoi sogni, rivelando un interessante retroscena: “A 14 anni mi offrirono la cittadinanza britannica”

Lunedì sera il numero 1 del mondo è stato ospite del programma televisivo “Svedok” (Il testimone, ndr) della RTS, la televisione nazionale serba. Ecco i passaggi principali dell’intervista, riportata integralmente sul sito della TV serba, in cui il fuoriclasse di Belgrado ha parlato di tanti argomenti: di come sia diventato il numero 1 del mondo superando due mostri sacri come Roger Federer e Rafael Nadal, di cosa sia necessario per diventare e rimanere un atleta di vertice, di come tutta la sua vita abbia un significato diverso ora che è diventato marito e padre. E infine dei suoi obiettivi professionali e dei suoi sogni fuori dal rettangolo di gioco.

Quando sei stato qui l’ultima volta eri il ​​terzo giocatore del mondo. Ora sei il migliore, ma so che non sei cambiato molto. Negli ultimi mesi, sembra che per te sia più importante un altro titolo – quello di padre di Stefan Djokovic da ottobre. Cosa è cambiato nella tua vita?
Sono cambiate un sacco di cose. Certamente non sono né il primo né l’ultimo a diventare genitore. Ma chi l’ha provato capisce le emozioni che stiamo provando io e mia moglie. Siamo entrati in un nuovo capitolo, in una nuova dimensione dell’amore. Sentivo persone che mi dicevano: “Capirai quando lo vivrai, non si può spiegare” ed è veramente indescrivibile a parole. Ho scoperto sentimenti che non sapevo esistessero dentro di me. Questa è la  più grande felicità che ho potuto sperimentare come uomo e ora la vita, la mia carriera e tutto ciò che è intorno a me ha un significato più profondo.

Hai la sensazione che – come hanno detto alcuni atleti – una gioia simile possa rendere le eventuali sconfitte più sopportabili?
E’ sicuramente vero, perché ci sono a casa una moglie e un figlio che ti aspettano, comunque vada sul lavoro. Naturalmente tutti fanno il tifo per te, si aspettano che tu vinca e sono felici se questo accade. Ma la vita non dipende solo dalla vittoria e dalla sconfitta sul campo. Questo approccio, questa filosofia e questo modo di pensare si coltivano a casa.

In quanto atleta di vertice hai i tuoi ritmi, i viaggi, i tornei… Ti dispiacerà che, a causa del tuo stile di vita, non potrai essere in grado qualche volta di scaldare il latte a Stefan alle due di notte oppure che perderai il momento in cui metterà il primo dente, che per molti genitori significa molto?
Sicuramente, come per ogni genitore, mi è difficile stare lontano da loro. E’ accaduto proprio di recente, dato che ho trascorso tre settimane e mezzo in Australia. Ho fatto il mio lavoro e sono tornato a casa soddisfatto dal punto di vista professionale. Mi è difficile, ma d’altra parte, grazie a Dio, ho la possibilità di permettermi di viaggiare con loro. Mia moglie ed io ci siamo seduti, dopo la nascita di Stefan e dopo che lei si era ripresa, e abbiamo parlato del calendario e della programmazione, e di come vogliamo continuare ad partecipare allo crescita del nostro bambino.

E il programma è stato approvato?
E’ stato approvato, naturalmente, entrambe le parti devono essere d’accordo in modo che ci sia armonia in famiglia. Da un lato è probabile che dovremmo sacrificare la sua routine –  e ogni bambino ama avere una routine, non cambiare troppo ambiente, condizioni, eccetera –  a causa del tipo di vita che conduco oggi. Ma abbiamo valutato che sia più importante che io partecipi alla sua vita e che lo veda il più spesso possibile, quindi viaggeranno con me per la maggior parte dei tornei.

Nel parlare di tennis è importante partire dal tuo ultimo titolo agli Australian Open, che hai vinto per la quinta volta. Durante il torneo, il tuo allenatore Boris Becker ha detto, prima della conquista del titolo, che tu come n.1 al mondo non godi del rispetto che meriti. “Si sa chi è il ragazzo più forte in città”, come ha detto lui. Come hai interpretato le parole di Becker e ne avete parlato?
Ne abbiamo parlato molto prima di questa intervista. Cerco di capire tutto quello che accade attorno a me e di comportarmi di conseguenza, con dignità e rispetto. Sono consapevole del fatto che Federer e Nadal, in considerazione dei loro successi e dei risultati che hanno ottenuto per tanti anni a livello mondiale, sono ancora i giocatori di tennis più popolari al mondo. Non sono per niente dispiaciuto per questo, anzi, al contrario. Questo mi permette di crescere da altri punti di vista e di alleviare la pressione. Non sono d’accordo con l’affermazione che non ricevo sufficiente attenzione dal mondo del tennis e dello sport.  Su questo abbiamo lavorato molto con il mio team, sullo spostare l’attenzione “positiva” dei media verso d me. Che è una cosa a cui sono, in un certo senso, stato educato. Arrivo da una cultura il cui hanno valore il rispetto, la gratitudine e l’apprezzamento per le cose positive della vita. Quindi non mi preoccupo troppo delle critiche, anche se sono consapevole che senza di esse non c’è crescita personale, senza di esse l’uomo non si rende conto di dover guardare le cose da una prospettiva diversa.

Uno dei più grandi tecnici del tennis mondiale, Nick Bollettieri, ha detto che tu sei il giocatore più completo nella storia del tennis. Se lo traduciamo in modo leggermente diverso, ti ha definito un genio del tennis. I geni, nel tennis o in altri campi, non scelgono di nascere sempre nelle grandi nazioni. Il problema del rispetto, di cui si parlava prima, è forse dovuto al fatto che provieni da un paese di “cattivi” come la Serbia, mentre il mondo del tennis è convinto che i bravi giocatori provengano solo dai grandi paesi?
Il fatto è che il tennis è sempre stato uno sport delle classi alte, esclusivo e costoso. E’ stato inventato dai francesi e dagli inglesi, nazioni ricche sotto ogni aspetto. Guardando questi fatti, di sicuro non c’erano molti  campioni provenienti da piccoli paesi. E probabilmente ci sono alcuni pregiudizi che giocano il loro ruolo in questa situazione Cerco di utilizzare il srpski inat, che esiste (viene così definito un aspetto del carattere serbo – che si può grossolanamente tradurre in ‘testardaggine serba’, ma per i Serbi ha una valenza positiva – di agire contrariamente a quanto ragionevolmente previsto, a prescindere dalle conseguenze. I Serbi attribuiscono molti dei loro successi nello sport a questa loro capacità di non arrendersi anche quanto tutto sembra essere contro di loro, ndr), più nell’ottica di sopportare determinate cose, forse anche delle ingiustizie, di mostrare un certo livello di tolleranza. Penso che questa sia una virtù e che bisogna comportarsi così in determinati momenti.

E’ una parte del problema sta forse nel fatto che dopo il periodo della leggendaria rivalità tra Federer e Nadal, si è presentato il terzo uomo, ha sconvolto tutto ed è diventato migliore di loro, turbando i  consolidati schemi dei media e del marketing ?
Ho turbato l’ordine mondiale, questo è sicuro. Ma l’ho fatto in un modo positivo – mi sono seduto con tutte le persone che mi circondano e che partecipano alla mia carriera, dalla mia famiglia fino ai miei allenatori e preparatori, alle persone che curano le pubbliche relazioni, per pensare ad una strategia sul modo in cui volevo essere presentato fuori dal campo. Non mi piacciono l’ipocrisia, la doppiezza, mi piace mostrarmi per quello che sono, sincero e aperto, in ogni occasione. Tuttavia, ci sono quelle occasioni ufficiali in cui una persona deve rispettare alcuni protocolli e determinate situazioni per non cacciarsi nei guai. Certe volte  mostro emozioni che per qualcuno possono essere difficili da accettare. Ma questo sono io.

Abbiamo accennato a Federer e Nadal. Voi tre siete da molto tempo, direi, sulla cresta dell’onda del tennis mondiale. Vedi una nuova ondata di giocatori che sta arrivando dopo di voi – Nishikori, Wawrinka…?
Ha citato i nomi di alcuni top player potenziali campioni. Se diventeranno campioni, dipende…

Come si fa a raggiungere la cresta dell’onda dalla loro posizione?
La parte più grande è l’aspetto psicologico – la conoscenza e la consapevolezza di tutto ciò che è necessario da fare anche nella vita privata e il riorganizzare tutto quello che ti riguarda come persona, al fine di portare te stesso a raggiungere  le più alte vette del tennis mondiale. Prima di tutto, penso all’approccio stesso all’allenamento, alla vita, allo stato emozionale. Fino a dove un atleta disposto ad arrivare e a fare qualcosa per arrivare al un successo, è un argomento molto delicato.

E’ stata fatta un’indagine su molti atleti, nella quale è stato chiesto loro cosa sarebbero disposti a fare per raggiungere il successo. Se sarebbero disposti anche a prendere sostanze illecite, che li porterebbero alla morte dopo determinati eventi sportivi più importanti, quali le Olimpiadi, a condizione di vincere l’oro. È sorprendente, ma il 70 – 80% ha risposto affermativamente.
Penso che la società oggi crei una tale tensione e pressione che porti molti sportivi a superare i limiti dell’umanità, della resistenza, e delle proprie possibilità.

Hai detto una parola: umanità. Voi tre in cima vi scambiate dei messaggi in privato? Si sono congratulati con te per la nascita di tuo figlio?
Sì, come no. Quasi tutti i giocatori di tennis che ho visto. E tutti quelli di vertice. Credo che questa generazione di top player  – Federer, Nadal, Wawrinka, Murray, Del Potro – mandi un messaggio positivo per tutti quei bambini che seguono il tennis. Mandiamo un messaggio positivo ai media ed alla società che stanno cercando di creare qualche tensione tra di noi, come è ora il caso tra me e Murray dopo la finale degli Australian Open.

Quando sei stato ospite l’ultima volta in questo studio, ancora non eri riuscito a battere Federer, Nadal lo avevi battuto una o due volte. Mi avevi detto che da ogni sconfitta imparavi molto da loro. Poi è arrivato il 2010 e volevi abbandonare il tennis perché ne avevi abbastanza. Quando è scattato quel qualcosa nella tua testa, che ti fatto non avere più paura di loro e ti ha fatto capire che li potevi battere?
C’è stato, l’ho detto molte volte, un momento in cui dal punto di vista psicologico ho dubitato di me. Ma siccome sentivo che da ogni partita imparavo qualcosa, ho sentito che era questione di momenti, che la ruota avrebbe girato a mio favore  e che sarei riuscito a superare tutte le paure e quel  timore reverenziale  nei loro confronti, e  che avrei iniziato a vincere e conquistare i più grandi trofei .

Tutti e tre descrivete diversamente le vostre partite. Tu dici che ce l’ha i fatta perché hai “buttato fuori” le emozioni negative. Federer dice di essere esausto dopo la partita, ma non tanto per quanto ha colpito la pallina, ma per le forti emozioni che cerca di nascondere. Nadal, a sua volta, dice che per lui il più grande problema è la paura di perdere, anche se dal suo linguaggio del corpo non si vede mai. Quanto è importante il gioco psicologico tra avversari che sono al vertice?
Non è importante, è fondamentale, soprattutto quando si giocano match importanti contro grandi avversari, come la finale di Wimbledon contro Federer dello scorso anno, che si è conclusa dopo quattro ore e mezza. Ci sono degli alti e bassi, soprattutto quando si gioca contro grandi avversari, perché il livello di concentrazione è altissimo e quando si è molto stanchi, è normale che l’energia oscilli, sia dal punto di vista fisico, che da quello mentale ed emotivo. perché la posta in gioco è alta, e quindi stai cercando  tutto il tempo di sopraffare il suo avversario. E’ come una partita di scacchi o come il gioco del gatto col topo.

Qualche volta la testa funziona, ma le gambe cedono. Talvolta il contrario.
Esattamente. Prima di tutto, è necessario arrivare ad un livello di forma fisica che permetta di  reggere il massimo sforzo per 3-4 ore. Ma quello che decide il vincitore, in ultima analisi,  è quanto accade nelle situazioni decisive di punteggio  – se entrare con i piedi in campo, se prendere l’iniziativa, se giocate in modo aggressivo. Questi sono tutti  strategie e pensieri che attraversano la mente in quel momento.

Quando arriva il momento del match in cui si pensa a tutto questo, come ti comporti, parli con te stesso?
Si deve arrivare in uno stato in cui pensare il meno possibile, essere nel momento presente e non vagare troppo  con i pensieri – cosa è successo, cosa sarebbe successo se, che cosa stava per accadere. Non ci si può fare più nulla,  si può influire solo sul momento presente. Quindi si cerca di stare concentrati  sul momento presente, è fondamentale per i giocatori di tennis per riuscire a tirare fuori il meglio da sé stessi.

Come gestisci quei momenti in cui puoi quasi sentire  il profumo della vittoria e poi c’è un calo di concentrazione? Inizi a farti troppe domande? Dicono che sei un giocatore che, non in senso negativo, ha la memoria corta, riesci a lasciar andare. Una volta ho sentito che hai perso il quarto set in un torneo del Grande Slam, sei  andato negli spogliatoi, hai urlato a te stesso allo specchio, sei tornato in campo ed hai vinto.
Ci sono quei momenti in cui ci si deve svegliare, uscire dallo situazione in cui ci si trova e trovare una soluzione che porti a giocare meglio e alla fine – alla vittoria. Questa situazione credo si sia verificata l’anno scorso con Federer a Wimbledon, quando ho perso il quarto set, mentre invece avrei dovuto chiudere il match. Sono andato in bagno non tanto per una  situazione di emergenza, ma più perché c’era lo specchio e in quel momento dovevo scuotermi.

Qualcuno l’anno scorso a messo te e Messi a confronto. Tu l’anno scorso o l’anno prima hai giocato 86 partite durante la stagione (in realtà ne ha giocate 83 nel 2013 e 69 nel 2014, ndr). Poi ti hanno confrontato con Messi, che ha giocato un numero molto inferiore di partite di calcio, che sappiamo durare un’ora e mezza. Cosa pensi di questo paragone?
Messi non può sempre esprimersi al massimo delle sue  capacità perché fa uno sport di squadra e perciò tutto non dipende solo da lui. Si tratta di una squadra ed il singolo si deve adeguare. Da un lato, lo sport individuale ha un vantaggio su quello di squadra, perché si ha la libertà di fare ciò che si vuole sul campo, perché tutto dipende da voi. D’altra parte, lo svantaggio è che non hai qualcuno che ti possa dare una mano. Alla fine, tutto dipende da te.

Quando finisce secondo te una partita di tennis? Le persone pensano che dopo aver alzato il trofeo vai negli spogliatoi, apri lo champagne e festeggi con il tuo team. Pochi sanno che il passo successivo è invece quello di sdraiarti in una vasca da bagno piena di ghiaccio.
Sì, mi sdraio in una vasca da bagno piena di ghiaccio, mi sdraio sul tavolo del massaggiatore, inizio a fare stretching e le altre tecniche di recupero che pratico con il mio fisioterapista Miljan Amanovic da molti anni. Ogni atleta d’elite è consapevole di come sia necessario dedicare tempo alla preparazione e all’allenamento sia a livello psicologico che fisico, e anche a livello  emotivo per una partita di tennis, e quanto tempo ci voglia per recuperare e per prepararsi al match successivo.

Come riuscite tutti voi tennisti a “resettare” così velocemente? La scorsa primavera il capitano Obradovic (il selezionatore della nazionale serba di Coppa Davis, ndr) mi ha detto che una volta ti ha assistito in un torneo del Grand Slam in assenza di Marijan Vajda, e che dopo cinque set eri così esausto che sei andato negli spogliatoi, ti sei seduto sul pavimento, ti sei appoggiato con la schiena e ti hanno letteralmente dato da mangiare con il cucchiaino.
Ci sono anche questi momenti, naturalmente. Non vorrei avventurarmi in questo argomento dove si scivola sulla questione dell’utilizzo di sostanze illecite, perché a me non è mai passato per la testa. Non potrei mai permettermi di fare questo a me stesso, non sono stato educato così, e sono cresciuto circondato da persone che non hanno mai pensato  al fatto che io potessi usare qualcosa di illecito al fine di essere più forte o di recuperare più velocemente. Probabilmente devo molto ai geni dei miei genitori.

Hai vinto otto tornei del Grande Slam, dicci la nuova gerarchia dei motivi per cui giochi. Se è per la storia, per le statistiche. Quali sono le tue priorità ora?
La massima priorità è ora quella di passare più tempo con mia moglie e mio figlio. Questo è il grande cambiamento che si è verificato nella mia vita, ma questo non significa che il tennis non sia una delle mie priorità. Ogni partita che gioco ha ora un significato più grande, perché gioco anche per il mio bambino. Pertanto, cercherò di rimanere più a lungo possibile ai vertici e di lottare per conquistare altri trofei del Grande Slam. Il Roland Garros è uno dei miei più grandi obiettivi, non è un segreto. Cercherò di raggiungerlo quest’anno.

La storia del tennis ti ricorderà anche per aver vinto la Coppa Davis, cosa che non è riuscita a tutti i grandi giocatori. Prossimamente (6-8 marzo, ndr) c’è la partita con i croati a Kraljevo. Si può fare il bis?
Questa è l’idea. Saremo  quasi al completo a Kraljevo. Janko (Tipsarevic, ndr) è assente a causa dell’infortunio, ma Viktor (Troicki, ndr) farà il suo rientro in squadra (dopo la squalifica del 2013, ndr). C’è anche Nenad (Zimonjic, ndr) in qualità di membro più vecchio e più saggio della rappresentativa di Coppa Davis. Ci sarà Krajinovic, che è un giocatore giovane e promettente. Abbiamo una squadra molto forte e credo che quando si unirà a noi Janko, saremo ancora più forti. Speriamo di vincere contro la Croazia, che è una squadra  molto giovane e promettente.

Cosa vedi quando pensi alla tua infanzia tennistica? Vedi tuo padre Srdjan che viaggia con te ai tornei all’estero? E nello stesso momento vedi che sei accanto a Murray, un coetaneo supportato dalla sua ricca federazione, che non ha bisogno di lavare i calzini.
Ogni cosa ha i suoi vantaggi. Sì, mi era stata offerta la cittadinanza britannica quando avevo 14 anni e ne abbiamo discusso intensamente, ma non vedevo il senso di una scelta simile. Ho saltato molti tornei junior per questo – perché non c’erano le condizioni economiche per poter partecipare. Ma non guardo indietro e dico: “Se fosse andata diversamente, io potevo essere…” Cosa? Ora sono il numero uno del mondo e gran parte del merito di questo risultato è legato al mio passato, alla mia infanzia e alla povertà, tutte cose che mi hanno reso più forte.

Lo slogan della vostra fondazione (Djokovic e la moglie hanno una fondazione che si occupa di progetti a favori dell’infanzia in difficoltà, ndr)  è “Credo nei vostri sogni”. Le persone tendono a pensare che uno non ha più sogni quando è il primo giocatore del mondo ed ha vinto tutto quello che hai vinto tu. Quali sono i tuoi sogni ora?
Non ho smesso di sognare. Ultimamente ho un sacco di sogni che coinvolgono non solo me, ma il bene comune. Come persona che ha un determinato status nella società, non solo in Serbia ma a livello globale, sono consapevole di avere delle responsabilità. Tutte le coppe, i titoli non hanno il valore che dovrebbero avere se non ho nessuno  con cui condividere tutto questo e se non utilizzassi la fama ed il successo per aiutare qualcun altro che è meno fortunato di me nella vita.

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