Roger Federer e Novak Djokovic: così simili, così diversi
Dell’ennesima sfida tra Roger Federer e Novak Djokovic, dal punto di vista tecnico, non c’è molto da dire o da analizzare rispetto a quanto già fatto più volte in precedenza. In breve: il meglio che il tennis di oggi può offrire, due campionissimi attualmente in grande forma (risultati e punti in classifica alla mano, tra loro due e il resto c’è un abisso), capaci entrambi di numeri di altissima scuola, i cui confronti diretti si risolvono praticamente sempre su pochi punti, in base a momenti di inerzia dei match, sottigliezze mentali e tattiche, tenuta fisica. Le riflessioni che propongo oggi, quindi, non saranno basate sulla tecnica esecutiva di Roger e Novak, che conosciamo ormai tutti a memoria, o su quello che tecnicamente hanno fatto vedere ieri, ma vanno a comprendere un quadro più ampio.
La prima è che, stile e modo di portare i colpi a parte, Federer e Djokovic sono due giocatori molto, ma molto più simili di quello che si possa pensare, proprio andando a guardare il tennis che propongono. Fondamentalmente, il serbo e lo svizzero sono entrambi due magnifici colpitori da fondocampo, grandissimi atleti, che basano il loro gioco sulla costante ricerca della pressione da dietro per trovare angoli e aperture su cui incidere con anticipi e accelerazioni di dritto e di rovescio. A questa solidissima “base”, imprescindibile nel tennis di oggi, sono capaci di aggiungere alcuni “bonus” tecnici assolutamente straordinari, che costituiscono la loro vera forza, spiegano il divario con quelli che seguono in classifica, e sono anche le uniche vere differenze che li distinguono.
Il “qualcosa in più” di Nole è la sua clamorosa capacità di tenuta e di copertura del campo, tanto eccezionale da far sembrare semplici le uscite in lungolinea dalla pressione sulle diagonali, e il conseguente immediato ribaltamento della situazione da difensiva in offensiva, così come la risposta al servizio migliore degli ultimi anni, per trovare qualcosa del genere bisogna risalire ad Agassi. Quando poi il pallino del gioco, leggi una posizione vicina o addirittura avanzata rispetto alla riga di fondo, è nelle sue mani, Djokovic è in grado di imprimere un ritmo e una velocità tali al palleggio da far andare in affanno chiunque dopo pochi scambi. Infine, un perfetto equilibrio in termini di qualità ed efficacia tra il dritto e il rovescio rende pressochè impossibile una scelta tattica vincente contro di lui: anche nei rari casi in cui posso accelerare, dove tiro? Sia di qua che di là, con il servizio o con i colpi aggressivi, rischio che mi ritornino sequenze di missili sparati da ogni zona del campo, e con qualsiasi angolo.
Il “qualcosa in più” di Roger è il suo assurdo, istintivo, perfetto timing negli impatti, qualità innata, e poi costruita e affinata attraverso una fase di ricerca della palla con i piedi di precisione e rapidità uniche. L’espressione più evidente e visibile di questo sono gli innumerevoli colpi giocati in controbalzo, anticipati che di più non si può, a togliere tempo e spazio all’avversario, ma anche quando sembra che Federer colpisca “normale” in realtà è rarissimo che la palla arrivi al punto più alto dopo il rimbalzo, figurarsi superarlo. Questo rende lo svizzero un “muro” da fondocampo efficace quanto il serbo, la differenza è che Roger si rifiuta di perdere metri e anticipa sempre a costo di steccare, Nole invece può permettersi anche una fase difensiva più classica, da fuori dal campo, grazie alla sua mostruosa elasticità articolare, che gli permette scivolate in disinvoltura anche sul duro. Quando è lui a comandare, invece, Federer è in grado di fare di tutto, a partire dallo slice migliore della storia del tennis, fino a un gioco in verticale magnifico, con drop-shot, volée, tagli, finte, e chi più ne ha più ne metta.
In definitiva, Nole e Roger corrono come lepri, picchiano come fabbri, e risolvono gli eventuali problemi l’uno affidandosi alla tenuta fisica e al ritmo, l’altro cercando maggiori variazioni in avanti. Ed ecco Murray spazzato via a pallate, così come Raonic mandato al manicomio con lo slice. Il serbo meglio (molto) di rovescio, lo svizzero meglio (relativamente) al servizio e meglio (molto) al volo, l’unico vero “buco” tecnico di Nole. E quando l’equilibrio è così sottile, il piccolo margine soprattutto atletico che ha Djokovic, sei anni più giovane, costringe Federer all’esasperazione dell’aggressività e dei rischi in attacco, e a quel punto può capitare di tutto: finchè il Roger in fase “attacco totale” mantiene percentuali accettabili, è in grado di travolgere sia Nole sia chiunque altro, e spesso lo fa, se invece scende anche di poco uno come Djokovic lo intrappola, fino a soffocarlo, con l’ossessiva pressione da fondocampo. Ieri abbiamo assistito a entrambe le situazioni, alternate, e risoltesi alla fine a favore di Nole: sono però convinto che ci saranno altre gustose rivincite in questa stagione, rese ancora più interessanti dal variare delle superfici. Prima di ritrovarci nuovamente sul cemento americano quest’estate, mi piacerebbe davvero assistere a un paio di Federer-Djokovic su terra e su erba, perchè lo spettacolo sarebbe assicurato. Fenomeni.
One-Handed Backhand Appreciation Corner
Niente da fare, il Sith di Gomma Darth Nole ha confermato quanto potente sia il Lato Oscuro in lui. Ma oltre che potente, esso è anche facile e seducente, e rischia di dominare il suo destino per sempre, fino a consumare la sua tormentata anima votata al culto della Barbarie Bimane: dovrà stare attento, il Guerriero Nero, molto attento.
Perchè l’abbagliante bellezza di un finale del rovescio a una mano, che accompagna e dirige un imprendibile lungolinea in corsa, sarà sempre in grado di smuovere i cuori degli spettatori, dovunque e comunque si svolga la Battaglia, e il commovente tifo tributato ieri al Vecchio Jedi sconfitto ne è la dimostrazione. Tra un Cavaliere della Luce e un Seguace del Buio la differenza è chiara, ed è il motivo della nostra lotta, e della resistenza disperata che opponiamo e opporremo, fino alla fine, all’assedio delle Nemesi Bimani, dovesse pure restare uno solo di noi contro la Galassia intera.