(S)punti Tecnici
ATP/WTA Miami: (s)punti tecnici, terzo turno

Flavia Pennetta e Adrian Mannarino danno lezioni di tattica, in modi diversi ma perfetti
Le geometrie complementari di Adrian e Flavia
Tra le cose più degne di nota, a mio avviso, di queste prime giornate del Masters 1000 di Miami, meritano di essere senz’altro sottolineati i perfetti approcci al match, dal punto di vista tattico-strategico, che hanno permesso a Flavia Pennetta e Adrian Mannarino di vincere i rispettivi confronti contro Victoria Azarenka e Stanislas Wawrinka.
Flavia e Adrian si sono trovati davanti due avversari decisamente più potenti di loro con i colpi da fondocampo, il che nel power-tennis di oggi è un problema non da poco. Ovviamente, la soluzione a questo problema – facile a dirsi, molto meno a farsi in campo – è cercare di evitare di essere travolti dalla pressione e dal ritmo del palleggio, mediante variazioni di traiettoria, angolo e profondità. Oltre che più potenti, Vika e Stan sono anche più pesanti fisicamente e per questo relativamente meno a loro agio negli spostamenti, e incidere su questo aspetto è l’unica strada possibile per chi non può permettersi di fare semplicemente a pallate.
La cosa interessante è che Pennetta e Mannarino hanno saputo uscire dalla trappola della sparatoria da fondo utilizzando due tipi di tattica, o meglio di geometria, praticamente opposti tra loro, ma perfetti per mettere in difficoltà Azarenka e Wawrinka: variazioni di profondità e rotazione in verticale per l’italiana, anticipi e angoli in orizzontale per il francese. Curiosamente, i risultati sono stati numericamente identici, 7-6 7-6 in favore di entrambi.
Adrian è un mancino dotato di ottimo timing negli impatti, poco “punch”, ma grazie alle aperture estremamente contenute e agli swing rapidi e precisissimi, in particolare con lo splendido rovescio bimane, è in grado di essere un eccezionale incontrista, e di appoggiarsi perfettamente alla potenza dei colpi avversari. Davanti a uno Stan sicuramente sottotono, ma pur sempre di un signor top-10 si trattava, Mannarino ha correttamente scelto la tattica dell’anticipo ad ogni costo, impostando l’intero match come fosse una gara a “chi la prende prima”, e ha cercato di aprire gli angoli in diagonale sempre di più, fino a costringere spesso Wawrinka a fare quello che gli piace di meno, ovvero un recupero laterale dopo l’altro, a partire dalle risposte a servizi praticamente sempre tirati esterni. Se fai una cosa del genere contro Djokovic o Federer, che sul campo volano, ti consegni alle accelerazioni strette o alle aperture lungolinea, lasciandogli metri di angolo dove incidere: contro gente potente ma non leggerissima nel footwork, però, come Stan (o come Berdych, Raonic, eccetera) se ben eseguita la tattica può disinnescare completamente la capacità di accelerazione dei picchiatori che amano colpire con gli appoggi ben saldi, e così è stato. Wawrinka regolarmente a metri dal campo, e Adrian in anticipo e appoggio costante sui tentativi di sfondamento da lontanissimo dello svizzero, che faceva per questo anche tanta più fatica, fino alla meritata vittoria di Mannarino. Dominic Thiem, prossimo avversario di Adrian, farà bene a studiarsi attentamente il dvd del match, perchè è un giocatore abbastanza simile a Wawrinka, e potrebbe tranquillamente fare la stessa fine.
Flavia, al contrario, sapeva benissimo che aprire gli angoli in diagonale a una come Vika, che potrà anche non essere una lepre ma alla velocità di palla del tennis femminile o spari sulla riga a tutto braccio o comunque l’altra in due falcate ci arriva bene lo stesso, avrebbe significato scatenare le bordate in contro-cross e lungolinea che sono la base del tennis della bielorussa (e di Sharapova, Williams, eccetera). In modo complementare e opposto a quanto fatto da Mannarino, ma con uguale efficacia, Pennetta ha risolto il problema semplicemente rifiutandosi di prendere un angolo che fosse uno per prima, picchiando al centro sempre e comunque, variando magnificamente le rotazioni (colpi filanti e poco liftati alternati a topponi carichi e profondi), con l’unico imprescindibile obiettivo di ottenere lunghezza e percentuali. Ogni tanto, ottime smorzate di grande qualità a completare il tutto, quasi sempre vincenti.
Azarenka, destabilizzata in verticale, si è trovata costretta a cercare lei per prima le accelerazioni e le aperture in cross che le potessero consentire di “vedere” degli accettabili spazi di campo dove affondare, ma da posizione centrale e fuori dalla riga di fondo, il che è una delle cose più difficili da eseguire con successo. Il risultato è stata una marea di gratuiti, in particolare rovesci dal centro che scappavano esterni, o angoli non abbastanza decisivi, che al contrario aprivano i lungolinea per Flavia, che in diverse occasioni non si è fatta pregare trovando ottimi vincenti da entrambi i lati. Un po’ come una squadra di calcio che concede il possesso palla, e una volta portati gli avversari ad avanzare abbastanza, solo allora rischia il pressing e i raddoppi per poi partire in contropiede. La povera Vika non ci ha capito più nulla, al punto da prendersi un penalty point per “audible obscenity” e successiva distruzione di racchetta: fantastica Pennetta, che peserà dieci chili meno di Azarenka ma è stata lei a giocare come il gatto con il topo. Contro Simona Halep sarà un match ad altissimo “tasso di fosforo” per Flavia, che troverà un’avversaria accorta e abile tatticamente quanto lei: partita assolutamente imperdibile.
One-Handed Backhand Appreciation Corner
Senza il Vecchio Jedi Roger a guidarli, i Guerrieri della Luce sono in difficoltà: Stan-The-Man ha ceduto di schianto, ci rimangono l’Apprendista Bulgaro Grigor, il Ranger Canadese Steve, e il Picchiatore Austriaco Dominic. Le Nemesi Bimani, a meno di clamorose ed Eroiche sorprese, si apprestano purtroppo a conquistare Miami, non si vede davvero chi possa contrastare il Sith di Gomma Darth Nole.
Tra le donne, as usual siamo disperatamente aggrappati alla magnifica presa Eastern della leggendaria Carla Suarez Navarro, “Jeanne d’Arc” per gli amici, che però già in ottavi di finale trova la Trottolina Talentuosa Agnieszka: durissima anche qui. Finora, annata cupa, e deve appena cominciare la stagione delle battaglie sulla terra rossa, che Montecarlo 2014 a parte ha dato davvero poche soddisfazioni agli Illuminati del finale a una mano. Ma come detto, finchè resterà anche uno solo di noi, la Speranza in un tennis migliore non svanirà mai del tutto.
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Alta intensità a Indian Wells: Berrettini e Tsitsipas a tutto braccio [VIDEO]
Due ore di pallate tra Matteo e Stefanos, spettacolo di potenza sul campo di allenamento

da Indian Wells, il nostro inviato
Poche parole, tante immagini: il modo migliore di apprezzare il tennis, visto da vicinissimo, di due top-player. Nel primo pomeriggio californiano, Matteo Berrettini e Stefanos Tsitsipas sono andati in campo sul “practice court 1” di Indian Wells, e hanno fatto divertire gli spettatori assiepati sulle tribune.
Vi documentiamo l’allenamento dei ragazzi con una serie di video esclusivi, da pochi metri: andiamo a goderceli in compagnia.
Palleggio dal centro, è sempre incredibile vedere come si muove un omone come Berrettini:
Sale il ritmo:
La palla schiocca, le scarpe fischiano:
Open stance piena, pallate una dietro l’altra:
Dall’altra parte della rete, non scherza nemmeno Stefanos:
Si comincia coi diagonaloni di dritto:
Matteo non si fa pregare, e in quattro botte costringe Tsitsipas alla steccata:
Si provano i colpi in chiusura, siamo verso la fine della sessione:
Per finire la carrellata, prima le cose belle di Stefanos col rovescio a una mano:
E poi la specialità di casa Berrettini, servizio e due drittoni:
Un gran bel pomeriggio di sport al massimo livello, tra il numero 5 e il numero 6 del mondo: la competizione sta appena iniziando, ma nel “Paradiso del tennis” le cose sono già interessantissime e appassionanti.
Per quello che abbiamo potuto vedere, anche parlandone un attimo con Matteo e Vincenzo Santopadre, il nostro miglior giocatore sembra stare bene, ha tirato senza paura, speriamo che possa disputare un buon torneo.
Spunti tecnici: il segreto del dritto di Berrettini
Spunti tecnici: Tsitsipas, forse abbiamo trovato un nuovo Airone
(S)punti Tecnici
Spunti tecnici: Sinner, decontrazione e scioltezza
Jannik è forse il miglior colpitore puro che il tennis italiano abbia mai visto. Velocità di palla altissima, fluidità totale

Non era mai successo che il tennis azzurro contasse due giocatori contemporaneamente tra i primi 10 della classifica mondiale come accaduto fino alla settimana scorsa. Così come non era mai successo, tra gli italiani, quello che ha realizzato nel 2021 Jannik Sinner, 20 anni, ovvero vincere ben 4 tornei ATP in una stagione (i “250” di Melbourne, Sofia e Anversa, e il “500” di Washinghton, più una finale Masters 1000 persa a Miami). Il giovane ex sciatore della Val Pusteria sta vivendo, da ormai un paio d’anni, un percorso di progresso tecnico e tattico a tratti esaltante, meritatamente condito da vittorie di peso e una conseguente scalata verso i piani alti del nostro sport, dove ha raggiunto Matteo Berrettini, che sta facendo sognare i tifosi non solo nostrani.
La cifra del gioco di Sinner, tennista modernissimo come impostazione tecnico tattica, è la qualità del palleggio aggressivo da fondocampo. Dritto e rovescio di Jannik sono fucilate in costante accelerazione, con una capacità fenomenale di creare velocità di palla da ogni angolo del campo. Come ci riesce il nostro campione? Andiamo ad analizzarlo, ringraziando l’imprescindibile Vanni Gibertini per i video e le immagini originali ed esclusive di Ubitennis direttamente realizzate da Indian Wells nell’ottobre 2021. Iniziamo con un video rallentato, dove possiamo apprezzare due dritti e un rovescio.
SPUNTI TECNICI: Il nostro coach analizza colpo per colpo, foto per foto, Jannik Sinner al microscopio
Quello che salta subito all’occhio, oltre alla generale compostezza della postura e dell’equilibrio, è la facilità con cui Jannik fa scorrere la testa della racchetta attraverso la palla, senza perderne minimamente il controllo. Andando a osservare con attenzione alcuni “frame” tratti dallo stesso filmato, possiamo notare la caratteristica speciale degli swing di Sinner: il giocatore è talmente decontratto da far finire l’attrezzo praticamente nello stesso punto, ben alto e dietro le spalle, da cui ha iniziato il movimento a colpire.

Questa ampiezza dell’ovalizzazione non è un dettaglio peculiare di Jannik, è tecnica abbastanza standard, quello che risulta straordinario nel caso dell’azzurro è che di norma uno swing così sciolto, in gergo si direbbe “a tutto braccio”, viene “lasciato andare” così tanto nel momento in cui si vuole produrre un’accelerazione vincente, alla massima velocità possibile, con tutti i rischi di errore annessi. Sinner, invece, lo fa in ogni singolo colpo, botta dopo botta, mantenendo percentuali altissime di successo, ed è da questo che deriva la sensazione di ritmo impossibile da reggere che tanti dei suoi avversari hanno provato e poi raccontato dopo averlo affrontato.
Andando a vedere i frame, la stessa cosa avviene dal lato del rovescio.

Rovescio che è il colpo più naturale di Jannik, anche se a ben vedere i progressi degli ultimi tempi hanno portato anche il dritto a essere un’arma di pari efficacia. La caratteristica principale del colpo bimane di Sinner è l’estrema semplicità della preparazione, un “backswing” eseguito praticamente in linea, un po’ come nel caso di Daniil Medvedev. Molto differente rispetto, per esempio, all’ovalizzazione più “rotonda” di uno come Alexander Zverev, nessuna delle due tecniche esecutive è migliore o peggiore dell’altra, sono solo personalismi coordinativi. Vediamo il confronto qui sotto, con un’immagine di Sascha sempre da Indian Wells, la differenza di altezza della testa della racchetta all’apice del backswing è chiarissima.

La preparazione con ovalizzazione facilita un minimo l’accelerazione della testa della racchetta, che viene “aiutata” dal percorso bello tondeggiante che va a effettuare (come nel caso di praticamente tutti i dritti standard), mentre quella in linea, a patto di avere la scioltezza di braccia necessaria per far viaggiare l’attezzo, rende più semplice andare a impattare “attraversando la palla”, con poca rotazione, e altissima rapidità del colpo. Lo vediamo dall’inizio alla fine qui sotto.

L’intero movimento, dal backswing fino all’impatto, vede la testa della racchetta di Jannik che non va più in alto rispetto alla linea delle spalle, e non viene portata più in basso dei fianchi, rimanendo in un “binario” di poche decine di centimetri in verticale. L’accompagnamento finale, sempre composto e con la racchetta che segue la direzione della palla prima del già commentato, scioltissimo “wrap” (avvolgimento delle braccia) sopra la spalla opposta, conclude un’esecuzione a dir poco spettacolare.

Dal binario di cui sopra partono gli autentici treni, lungolinea e incrociati, con cui il rovescio di Sinner fa a fette il campo e di conseguenza gli avversari.
Riassumendo, con i fondamentali al rimbalzo, siamo davanti a una macchina lanciamissili che ha pochi eguali nel circuito, paragonabile a quello che era Tomas Berdych (ma con maggiori margini a mio avviso), e per quanto riguarda il rovescio, l’eccellenza è assoluta, al livello dei migliori di tutti, come i citati Zverev e Medvedev. Forse solo il bimane del grande Novak Djokovic, attualmente, potrebbe farsi preferire a quello di Sinner, ma per una questione di varietà tattica di soluzioni che deriva dall’esperienza del fuoriclasse, non certo per qualità tecnica in senso stretto.
A partire dallo scorso anno Jannik sta lavorando molto per migliorare il servizio, che è un colpo ben eseguito e che produce bella velocità, ma a volte tende a non ottenere sufficienti percentuali e angoli efficaci. Il problema (relativo, parlando di livelli simili) appare in gran parte risolto, certo Sinner è difficile che si trasformi in un bombardiere alla Berrettini, ma se riesce ad ottenere un congruo bottino di punti diretti, e negli altri casi a comandare lo scambio scatenando il pazzesco ritmo da fondo analizzato prima, va benissimo così. Lo vediamo qui sotto:


Esecuzione assolutamente corretta, ottimo impatto, si può notare che Sinner tende a rimanere molto verticale con relativa minore uscita dell’anca in avanti, e di conseguenza azione del piano delle spalle meno accentuata, ma anche qui siamo davanti a caratteristiche coordinative personali, quello che conta è la sensazione e la sicurezza nel colpo che può sentire solo il giocatore stesso. Nel corso dell’ultimo anno Jannik è passato dalla tecnica foot-up, cioè con il piede posteriore che fa un passo in avanti a raggiungere quello anteriore, a quella foot-back, con i piedi entrambi a terra in fase di caricamento. Di solito in questo modo si può regolarizzare il lancio di palla, e pare che per Sinner la cosa funzioni. Ormai le prime palle vanno spesso a 200 kmh e anche di più, le seconde non sono facili da aggredire, e oltre a questo ricordiamo che la fase di evoluzione tecnica del giocatore non è ancora conclusa. In ogni caso, è stata raggiunta l’elite del tennis mondiale, se poi immaginiamo ulteriori margini di miglioramento anche tattici, come la capacità di chiudere a rete con angoli e soprattutto tempi di esecuzione sempre più efficaci, il futuro non potrà che riservarci soddisfazioni che attendevamo tutti da una vita.
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ATP Finals – Spunti Tecnici: Matteo Berrettini e il dritto che fa male anche ai top-players
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Tecnicamente, stando in campo con Matteo Berrettini, che si prepara a giocare le ATP Finals per la seconda volta in carriera (record per il tennis italiano maschile, come l’esaltante finale raggiunta sull’erba di Londra), è molto interessante vedere quanto i colpi dell’azzurro sponsorizzato da Lotto Sport Italia siano strutturati con l’obiettivo dell’efficienza e dell’incisività.
Il dritto è uno dei più potenti e carichi di top-spin del Tour, parole di Novak Djokovic, una botta paragonabile a quella di Juan Martin del Potro, il servizio è sempre la specialità di casa, e il rovescio slice (con rotazione all’indietro) è diventato solido e molto efficace. D’altronde, a questi livelli non vai in fondo agli Slam con buchi tecnici evidenti, chi critica il rovescio di Matteo dovrebbe provare a starci in campo contro, come ha detto anche Monfils dopo averci perso a New York due anni fa. Vediamoci insieme Berrettini da vicinissimo.


Qui sopra, un paio di esecuzioni del dritto in open stance, postura frontale, il classico “sventaglio” con cui l’italiano martella a ritmo altissimo da ogni angolo del campo. Da notare, a parte l’ovalizzazione perfetta e l’ottima spinta della gamba esterna, come Matteo tenga l’indice della mano destra ben separato dalle altre dita. La cosa consente una maggiore sensibilità, la nocca del dito avvolge il manico più avanti sostenendolo e “sentendolo”, è il cosiddetto “pistol grip“, l’impugnatura “a pistola”, come se l’indice fosse su un grilletto immaginario. Rispetto al “hammer grip“, che non è l’impugnatura a martello che in italiano è la continental, ma è la postura della mano sul manico a dita raccolte, il vantaggio a livello di percezione e tatto è notevole, a patto che si sia in grado, con la forza dell’arto, di reggere con sufficiente saldezza l’attrezzo. Ecco un esempio più chiaro, per capirci.

Sopra, Dominic Thiem, sotto, Berrettini. Se osserviamo l’indice, la differenza è evidente. Sono due dritti brutali per potenza, efficacissimi entrambi, ma avete presente quando un colpo ha “qualcosa” in più? Magari dà un’impressione di maggior controllo, o di varietà di esecuzioni, tipicamente la capacità di tirare piatto oppure super-arrotato cambiando l’angolo di attacco del piatto corde sulla palla con disinvoltura? Ma non si riesce a focalizzare quale sia la causa, o perché uno ci riesca meglio di un altro? Ecco, questi dettagli spesso sono la risposta. E sappiamo bene che una delle caratteristiche tecniche di Matteo è proprio la capacità di sparare liftoni alternati a manate piatte come niente fosse.
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Qui sopra, vediamo il rovescio tagliato con rotazione all’indietro, ovvero lo slice. Berrettini ha lavorato moltissimo su questo colpo, ce lo ha detto lui stesso, e i risultati si vedono. Non parte molto in alto con la testa della racchetta, non sale troppo con la spalla, e tiene il braccio abbastanza discosto dal corpo (pensiamo a Roberta Vinci, che arrivava dietro la schiena col piatto corde, e avvolgeva il braccio così tanto che ancora un po’ si strangolava da sola, con la spalla destra in gola). Il movimento a colpire risulta più orizzontale, data l’altezza di Matteo la cosa per lui funziona più che bene, ed è ottima la conduzione del piatto corde, con postura perfettamente composta, come si può apprezzare nella seconda immagine. Notevole la capacità di andare basso con le ginocchia, data la stazza del giocatore. La rasoiata in slice di Berrettini non ha nulla da invidiare, quanto a efficacia e cattiveria della rotazione, a esecuzioni ben più “blasonate” dal punto di vista stilistico. Bravissimo.


Qui sopra (sequenza originale ed esclusiva di Ubitennis da Indian Wells), il super-servizio, senza commenti perché le immagini parlano da sole. Il caricamento iniziale, con il brandeggio basculante “alla Raonic”, e il polso morbido, con presa leggerissima, sono caratteristiche personali di Matteo. Decontrazione totale, che produce una frustata con pochi eguali nel circuito. Dalla “trophy position” in poi, vediamo le immagini, anche scolasticamente è una martellata fantastica, il lieve attimo di surplace con racchetta piatta verso l’alto, difettuccio veniale ma presente fino a tre anni fa, è sparito, Matteo va di taglio ad aggredire la palla in modo perfetto. Che missili, ragazzi.
In conclusione, abbiamo un gran bel giocatore, moderno, fisico, potente, e dotato di tecnica assai più raffinata di quanto appaia a prima vista (e soprattutto in TV). La grande sensibilità della sua palla corta ne è un esempio, non spari servizi a 225 all’ora, dritti a 160 dall’altra parte, e poi chiudi il punto con una carezza a mezza spanna dal nastro se non hai tanta, ma tanta “mano”. Un po’ di abitudine ad andare a rete a prendersi qualche punto in più, altra cosa su cui Berrettini e Santopadre ci hanno detto di stare lavorando parecchio, con successo viste le vittorie, e il “pacchetto” è completo.
Terzo anno chiuso in top-10 ATP, titoli prestigiosi come al Queen’s Club, soddisfazioni personali come la convocazione per il team Europa alla Laver Cup, e il sogno della finale di Wimbledon: Matteo Berrettini è arrivato tra i grandi del tennis, e ha intenzione di rimanerci a lungo.