Pablo Andujar, la rivincita del mediano

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Pablo Andujar, la rivincita del mediano

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Pablo Andujar Alba a Barcellona ha sorpreso il connazionale David Ferrer e si arreso in finale al solo Kei Nishikori. Una settimana da fenomeno per colui che ha trascorso una vita da mediano. In Spagna è uno dei tanti, da noi sarebbe stabilmente il numero 3

Ci sono tennisti destinati alle luci della ribalta e ai grandi palcoscenici. Ce ne sono altri invece a cui la carriera professionistica riserva solo le retrovie. Sono i “mediani” della racchetta. Quelli che non hanno l’eleganza e lo stile di Federer, quelli che si guadagnano ogni punto di ogni torneo, quelli che si devono allenare più degli altri per emergere e, spesso, non ce la fanno comunque. Pablo Andujar Alba, finalista all’ATP 500 di Barcellona, battuto solo da un marziano chiamato Kei Nishikori al termine di una cavalcata straordinaria, appartiene senza dubbio a questa categoria.

Classe 1986, castigliano di Cuenca, è il tipico giocatore di scuola spagnola. Gianni Clerici non esiterebbe un millesimo di secondo ad etichettarlo come un “arrotino”. Il suo tennis infatti presenta tutte le classiche caratteristiche della specie: dritto in top-spin, molti sventagli a coprire un rovescio deficitario, servizio non velocissimo ma ben lavorato, volèe utilizzata con parsimonia (anche se in realtà la sua non è affatto male), piedi saldamente dietro la linea di fondo, habitat naturale la terra battuta e tanta “garra” in corpo. In fondo assomiglia abbastanza al suo idolo Juan Carlos Ferrero ma con molta meno qualità e più grinta. Un giocatore come Andujar lo devi sconfiggere. O, per meglio dire, lo devi sfondare. Lui non molla. Nemmeno un quindici. Fino alla fine.

Insomma appunto un “mediano”, che combatte in mezzo al campo, nell’ombra, lasciando (non per sua volontà) la gloria ad altri.  Ma se invece fosse nato solo nel momento sbagliato nel paese sbagliato?

Bisogna ammetterlo: è difficile essere un tennista che oscilla nel mezzo dei top 100 nella Spagna di questo ultimo decennio. Dietro a tanti, troppi altri. Dietro a sua maestà Rafael Nadal con cui Andujar condivide l’anno di nascita (e basta). Dietro al tenace David Ferrer, che di talento tecnico non ne ha molto pure lui ma quelle gambe e quella tenuta mentale sono doni di madre natura. Dietro all’imprevedibile e divertente Fernando Verdasco. Dietro allo splendido rovescio ad una mano di Nico Almagro. Dietro all’avvenente Feliciano Lopez e al suo gioco d’altri tempi. Dietro al sempreverde Tommy Robredo. In questi anni, poche prime pagine sono state a disposizione di Pablo Andujar, che non si è distinto a sufficienza. Quantomeno non per gli standard della epoca d’oro del tennis iberico. Da noi sarebbe stato numero tre fisso, dietro ad Andreas Seppi e Fabio Fognini. Per il momento con i suoi tre titoli e il suo best ranking di n.33 (raggiunto nel settembre del 2012), la sua semifinale a Madrid nel 2013 e la finale di domenica a Barcellona, Andujar ha avuto dei risultati di gran lunga migliori di Simone Bolelli, uno che da tanti appassionati e commentatori italiani è stato spesso in passato definito “l’uomo su cui puntare” per il rilancio.

Andujar però in Catalogna i riflettori se li è conquistati a suon di vittorie. Fino al terzo turno sembrava il solito compitino, svolto superando altri due terraioli DOC come il connazionale Albert Ramos e l’argentino Leonardo Mayer. Da quel momento però il centrocampista di rottura ha cominciato a giocare da fantasista, a dare spettacolo. Prima ha sorpreso tutto sommato comodamente il bel Feliciano Lopez e poi si è imposto con autorità su un Fognini scarico fisicamente e psicologicamente dall’impresa contro Nadal. Ma in semifinale è arrivato il capolavoro, contro un altro che si è fatto tutto da solo, grazie a disciplina e dedizione, David Ferrer. Ci ha pure provato a giocarsela in finale contro il robottino Nishikori, ma non c’è stato nulla da fare. Il giapponese è uno di quelli della prima categoria, uno di quelli nati sotto una buona stella.

È stata una bella rivincita comunque per Pablo Andujar. Non capita mica tante volte ad un “mediano” di avere una settimana da fenomeno.

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