Söderling e il sogno del rientro: sarà nel 2016?

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Söderling e il sogno del rientro: sarà nel 2016?

Lo scrive BBC, che ha intervistato il tennista svedese: “Se continuo a migliorare, tra sei mesi potrei allenarmi al 100%”. Lo svedese è fermo da quasi quattro anni

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Secondo BBC Sport Robin Söderling potrebbe rientrare davvero. Da quando ha giocato l’ultimo match nel tour (a Båstad nel 2011) si è ipotizzato il suo rientro più e più volte. Pochi mesi fa lo svedese aveva dichiarato di sognare il rientro ma la mononucleosi che lo ha colpito quasi quattro anni fa continua a rimandare questo sogno (come ha dichiarato Bjorkman tempo fa, il problema non è tanto la nucleosi ma quella stanchezza post-virale che si manifesta improvvisamente e non ti permette di allenarti in maniera appropriata).

Ora sembra che quell’ipotesi tante volte riproposta stia per diventare realtà. Lo svedese ha infatti dichiarato alla BBC di essere fiducioso: “Non sono al 100% ma non ne sono distante, è una bellissima sensazione“. Oggi Robin ha 30 anni, una figlia ed è diventato direttore dell’ATP di Stoccolma. Segno che il tennis scorre ancora nelle sue vene.  “Se i progressi proseguono nella direzione che ne hanno preso, tra sei mesi o un anno potrei allenarmi al 100%. Il mio obiettivo era giocare oltre i trent’anni. Se guarisco completamente, penso di avere ancora degli anni di carriera davanti a me. Veder giocare tanti tennisti oltre la trentina mi dà un po’ di speranza aggiuntiva“.

La malattia che ha colpito Söderlin è la febbre ghiandolare, o mononucleosi infettiva. È causata dal virus di Epstein-Barr e colpisce più comunemente durante l’adolescenza. Il virus di Epstein-Barr (Ebv) colpisce le cellule nelle ghiandole salivare (perciò è comunemente nota come “malattia del bacio”, perché si trasmette principalmente attraverso la saliva) e i globuli bianchi del sangue conosciute come linfociti B. Secondo Paul Farrell, professore dell’Imperial College di Londra, i tennisti possono essere leggermente più esposti al pericolo di contagio perché quelli occidentali provenienti da famiglie di estrazione media avrebbero avuto minori possibilità di contrarre la malattia durante l’adolescenza a causa degli standard d’igiene più elevati della loro cultura.

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