ATP Cincinnati: Federer, altro show contro Murray, Djokovic si salva ancora. La finale è servita

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ATP Cincinnati: Federer, altro show contro Murray, Djokovic si salva ancora. La finale è servita

Roger Federer batte in 2 set Andy Murray e cercherà il settimo titolo a Cincinnati dopo un’altra dimostrazione magistrale di tennis offensivo.
Dopo l’incredibile rimonta con Goffin, Novak Djokovic recupera da una situazione compromessa anche nella semifinale contro Alex Dolgopolov, finendo per imporsi al terzo set dopo essere stato a due punti dalla sconfitta nel tie-break del secondo. Giocherà dunque la decima finale consecutiva sul circuito alla caccia del primo titolo a Cincinnati, l’unico Masters 1000 che manca alla sua collezione.

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[2] R. Federer b. [3] A. Murray 6-4 7-6(6) (Francesco Gizzi)

Federer -Murray Cincy

Federer-Murray è uno dei grandi classici del tennis moderno, una rivalità forse non paragonabile a quelle contro Nadal o Djokovic, ma che ha sempre regalato( dal 2005 a questa parte) belle, bellissime partite. Si affrontavano sotto il sole infuocato dell’Ohio oggi per la 25esima volta in carriera. Roger conduce 13 a 11 gli head to head. Tuttavia il dato che più salta all’attenzione è che lo svizzero ha vinto gli ultimi 4 scontri consecutivi, con l’ultimo successo scozzese  datato gennaio 2013  in 5 set agli Australian Open. Qualsiasi appassionato di tennis avrà ancora vivissimo nella memoria l’ultimo incontro tra i due sull’erba di Wimbledon poco più di due mesi fa, quando un Roger spaziale ha regalato ai fortunati paganti una delle sue migliori prestazioni di sempre, dominando e scherzando il britannico dall’inizio alla fine del match.  Chi si aspettava una partita lottata o quanto meno incerta, sarà rimasto forse deluso quest’oggi. Vero è che se si affrontano il numero 2 e 3 del seeding,  con Murray che grazie al successo di Toronto aveva scavalcato in classifica proprio Roger, è logico aspettarsi qualcosa del genere,  ma il tennis non è sport che possa esser letto semplicemente con i numeri del computer. Se si analizza il percorso dei due a Cincinnati, il risultato di oggi non è poi così inatteso, anzi. Murray arrivava in semifinale avendo giocato complessivamente oltre 7 ore, costretto alla rimonta sia con Dimitrov che con Gasquet e avendo perso ben 11 servizi su 42 totali giocati nel torneo. Un Andy che sicuramente paga fisicamente e forse anche mentalmente, la maratona in finale di domenica contro Nole e che è parso scarico e stanco. Roger, che a Toronto ha preferito non giocare, arrivava fresco come una rosa: appena 3 ore complessive, turni agevolissimi e gambe che sembrano andare a mille all’ora.  L’inizio del match rispetta perfettamente questa differenza di condizione.

Federer decide di giocare la solita partita stra-aggressiva, cercando la rete con grande regolarità e non facendo giocare mai neanche un punto in tranquillità al povero malcapitato avversario. Già nel primo game della partita Murray è costretto a due miracoli per salvare le prime palle break ,ma è semplicemente tutto rimandato due turni dopo, quando lo scozzese arriva pesante su una palla non impossibile e la affossa malamente in rete col rovescio. Federer tiene i suoi turni di servizio con scioltezza regalando pennellate d’autore. Si muove con una facilità impressionante, le sue gambe sono così veloci e eleganti che sembra davvero danzi sul rettangolo di gioco. Murray invece non ingrana: non riesce mai  a proporre palle insidiose oltre la metà campo avversaria e spesso è spinto un metro abbondante fuori dal campo. Come siamo ormai abituati da anni a vederlo quasi in ogni match, Andy borbotta, parla, urla e continua a ripetersi ad ogni punto perso “too flat, too flat!!” (troppo piatto). Federer chiude un primo set che poteva essere forse anche più largo di risultato con un delizioso inside-in con i piedi in corridoio. Pubblico estasiato, lui fa il pugnetto e va a sedersi.

Il secondo set ha meno da raccontare rispetto al primo. Roger sembra preferire maggiormente lo scambio da fondo piuttosto che la discesa a rete. Lo scozzese sale di rendimento al servizio ma non riesce a trovare soluzioni che possano impensierire lo svizzero sulla sua seconda di servizio. L’unica palla break del parziale è ancora una volta per lo svizzero, abile a procurarsela con un bel rovescio lungolinea, ma Murray l’annulla con un ace pietrificante. I game scorrono via lisci senza sorprese e con poco spettacolo. Si va al tie-break.  Iniziano entrambi bene e solidi ma Andy improvvisamente si impigrisce e dal centro del campo spara in corridoio un rovescio a sventaglio. Primo mini-break e 3-1 Roger. Andy prova la reazione d’orgoglio: con una strepitosa risposta in allungo recupera il mini-break e con due sassate si porta avanti 5-4. Roger non si scompone, prima si sposta sul dritto trovando il vincente, poi con la prima anche lui si riporta in vantaggio e si guadagna il match point in risposta, che però Murray annulla con il servizio.  Fortunatissimo lo svizzero poco dopo, quando una risposta steccata si trasforma in un velenosissimo drop-shot. Murray ci arriva a fatica, Federer lo supera in lob e poi chiude con una demi-voleé. Il match point stavolta lo gioca con il suo servizio e non sbaglia: durissimo scambio da fondo concluso con un’ottima volèè e finale agguantata. Domani ci sarà ancora Djokovic dall’altra parte della rete ad impedire il settimo trionfo a Cincinnati di Federer, che però stavolta può essere legittimamente considerato il favorito dai numeri. Ma si sa, il tennis non è matematica, non è computer.

[1] N. Djokovic b. [Q] A. Dolgopolov 4-6 7-6(5) 6-2 (Raffaello Esposito)

Dolgo-Djoko

Deve essere proprio vero che il tennis odiernonon ha spazio per i ragazzini considerando che al Masters 1000 di Cincinnati il semifinalista più giovane è il ventiseienne Alexandr Dolgopolov,  che provenendo dalle qualificazioni si è meritato la ribalta di oggi contro Nole eliminando via via Tomic, Janowicz e La tds n° 6 Thomas Berdych. Djokovic invece, nonostante la battuta di arresto patita contro Murray a Montreal, appare sempre in controllo della situazione e si è parzialmente vendicato nei quarti di Stan Wawrinka, l’uomo che a Parigi hafrustrato il suo sogno di emulare Rod Laver, l’unico tennista ad oggi ad aver completato il Grande Slam nell’eraOpen.

I precedenti dicono quattro a zero per il Monarca ma ben analizzati mostrano come Dolgo abbia alzato bandiera bianca solo al terzo in tre delle quattro occasioni, l’ultima a Miami 2015.

Il talento puro dell’ucraino incide fin dall’inizio e nel terzo gioco il tennista di Kiev strappa il servizio a Nole colpendo alcuni dritti da cineteca e muovendosi ottimamente con i piedi. Aleksandr è un uomo di spettacolo, nel quinto game è alla risposta e fa punto con una smorzata di rovescio dopo aver fintato un drive che rimbalza a tre dita dal nastro. Perde il game ma un terzo del prezzo del biglietto è in quel colpo, per chi ama il gioco del tennis. Nole recupera il break subito dopo ma nel gioco seguente è ancora il genio di Kiev a strappargli il servizio con un’altra smorzata, questa volta di dritto in controtempo.

Quando poi serve per il set nel decimo game Dolgopolov prende il vantaggio decisivo con un terzo drop shot, il più difficile, giocato di rovescio da dietro la riga di fondo e in lungo linea. Un ace suggella un primo set inaspettato.

Forse Nole si sente irriso, la sua faccia al cambio campo non promette nulla di buono ma sia nel primo che nel settimo game del secondo set il serbo deve annullare una palla break ad un avversario che non smette di essere incredibilmente aggressivo. L’ucraino continua a colpire con anticipo soprannaturale e guida ogni scambio. Diciassette vincenti e pochi errori fin’ora ma soprattutto un saldo attivo negli scambi “spaccagambe”, il terreno dove Nole di solito costruisce le sue vittorie.

Ma il serbo, come il saggio porcellino della favola, ha costruito nel tempo la sua casa in mattoni e per quanto soffi fortissimo, il lupo Dolgopolov non riesce ad abbatterla.

Accade così che sia sufficiente una pausa nel tennis stellare dell’ucraino per consentire al numero uno del mondo di brekkare al nono gioco e andare a servire per il set sul cinque tre. Dolgo però oggi non molla, compie un paio di miracoli e contro-brekka a zero portandosi poi in pareggio a cinque. Anche il giudice di sedia si merita la sua dose di applausi intimando ad un gruppo di disturbatori di tacere, “non siamo qui per ascoltare voi ma per giocare a tennis”.

Dopo due turni tenuti è il tie break a decidere. Ed è un film.

Aleksandr ha cinque minuti di trance agonistica, vola tre zero e un dritto piatto lungo linea al termine di uno scambio durissimo lo porta sul cinque quattro con due servizi. Il risveglio è brutale, due errori banali portano Nole a set point e il serbo non sbaglia. Questo ti uccide di Nole, giochi meglio, corri fortissimo, lo superi, poi ti giri e lui è ancora lì.

Tutti compreso Dolgopolov cominciano ad avere il sospetto di come andrà a finire e infatti l’ucraino deve subito salvare una palla break nel primo gioco. Si salva con coraggio ma nel terzo game Djokovic va a segno senza pietà. Aleksandr è incredulo, chiama un medical time out per una vescica al piede e potrebbe ancora rientrare ma Nole annulla due palle break nel quarto gioco e gli strappa ancora il servizio uccidendo la partita. Sei due ed ennesima finale, si vedrà se con Murray o Federer.

Seconda resurrezione nel torneo dopo quella con Goffin.

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