US Open, italiani: Roberta Vinci, quanto è dolce la prima semifinale Slam al 44° tentativo!

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US Open, italiani: Roberta Vinci, quanto è dolce la prima semifinale Slam al 44° tentativo!

Una fantastica Roberta Vinci riesce a conquistare la prima semifinale Slam della carriera, batte Kristina Mladenovic in tre set dopo aver soffocato un tentativo di rimonta e aver lottato in un terzo set complicatissimo. Ora attenderà Serena Williams o Venus, ma questo traguardo è già una vittoria

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Roberta Vinci - US Open 2015
 

R. Vinci b. K. Mladenovic 6-3 5-7 6-4 (da New York, Ubaldo Scanagatta)

Stats vinci mladenovic

Che cosa volete che siano 32 anni e mezzo, quelli di Roberta Vinci alla sua prima semifinale di Slam in 44 Major, quando fra i tennisti giunti alle fasi finali di questo US Open ci sono Roger Federer, 34 anni da agosto, Serena Williams, 34 a fine mese, Feliciano Lopez 34 fra due settimane, Venus Williams, 35 (per non parlare del doppio e di Daniel Nestor, 43 anni!).
Pensavo prima dell’inedita sfida Vinci-Mladenovic, che la “nostra” avrebbe potuto sfruttare l’effetto sorpresa del suo “tennis-vintage”, un po’ come Feliciano Lopez contro Fabio Fognini, e l’avevo scritto con un tweet.
E in effetti nel primo set la Mladenovic, che usa studiare le sue avversarie – quando non ci ha giocato… o non le conosce troppo bene (nel caso di Roberta è la prima situazione) guardando i video di YouTube, dove però non si possono provare le contromisure ad un rovescio effettuato con il taglio sotto la palla – ci ha capito ben poco sul gioco di Roberta, a cominciare dal suo servizio.
Proprio come Fabio contro Feliciano, quando non rispondeva mai. Roberta nel primo set ha perso la miseria di sei punti in cinque turni di servizio e le è bastato strappare a zero nel secondo game del match la battuta alla Mladenovic (guarda caso capace di mettere in cascina solo 3 punti contro 12 nei primi tre games!) per portare a casa il primo set 6-3 in 28 minuti.
Quando si dice l’effetto sorpresa (con l’aggiunta dell’ingrediente esperienza: Roberta, anche grazie al doppio, a cinque titoli Slam in coppia con Sara, sui campi centrali di tutti i Major c’è stata tante volte, molte ma molte più di Kiki).

Che i problemi avrebbero potuto sorgere dopo un primo set di studio… beh ero altrettanto convinto. Anche Fognini era salito 4-1 nel secondo set con Lopez, ma purtroppo senza capire molto di come ci era arrivato, senza trarne il dovuto profitto.
Io mi ero messo nella prima fila dietro al seggiolino dell’arbitro, ma il sole picchiava in modo pazzesco, la camicia si è subito bagnata di sudore, sono scappato via dopo due games, invidiando il presidente ITF Francesco Ricci Bitti che stava all’ombra nella tribuna dei VIP (Ricci Bitti, tra parentesi, dopo 16 anni è in scadenza di mandato: a settembre ci saranno nuove elezioni a Santiago…dove voteranno soltanto i Paesi che manderanno un emissario! Assurdo…tipiche, inaccettabili robe della politica sportiva).
Roberta e Kiki non potevano scappare via, invece, da quel forno nel quale, da quando è stato installato quell’embrione di tetto lassù, non circola più il vento. Gli anni passati ce n’era sempre, fin troppo, adesso quando come oggi ci sono oltre 34 gradi a New York e probabilmente più di 40 sul cemento ribollente dell’Ashe ci si potrebbero cuocere le uova al tegamino.

Temevo per la resistenza di Roberta, quindi, perchè certamente Kiki avebbe provato a reagire. E, anche se ho sempre tifato per tutti i tennisti italiani, uomini e donne, in 139 Slam – e non solo ovviamente – per Roberta ci tenevo in modo particolare perchè il traguardo della sua prima semifinale in singolare meritava proprio di tagliarlo.
Tre volte nei quarti qui e sempre le era toccato misurarsi con un’italiana, ad un passo dal ranking di top-ten – un record cui tutti tengono in modo pazzesco, giustamente per poter raccontare al proprio figlio o nipotino “Ma lo sai che sono stata n.1 del mondo in doppio e fra le prime dieci del mondo in singolare?” – sfuggitole per un cumulo di circostanze sfortunate… poi i problemi anche psicologici seguiti al quasi inspiegabile divorzio da Sara Errani dopo aver vinto cinque Slam e centrato un anno e mezzo fa il Gran Career Slam con il trionfo più prestigioso e inatteso a Wimbledon, insomma è impossibile non essere contenti, che dico… stracontenti, per Roberta oggi.
Sono sicuro che se le avessero chiesto di investire gli 805.000 dollari del premio spettante ad una semifinalista pur di garantirsi questo prestigioso traguardo (anche se al prossimo turno ci sarà una Williams ad aspettarla ed una probabile battuta d’arresto), lo avrebbe fatto. E non solo perchè in carriera ha già incamerato, soprattutto grazie al doppio ma non solo, 8 milioni e 220.000 dollari di premi ufficiali (cioè senza contare gettoni di presenza e premi per la Fed Cup, varie esibizioni, contratti con gli sponsor).

Riprendendo la cronaca del match, una volta vinto il primo set contro la bionda stangona francese (1m e 84 cm ufficialmente, ma sembrano di più) che ricorda un po’ nel sorriso la cantante Giovanna (ve la ricordate? É roba dei miei tempi…), Roberta avrebbe dovuto cercare di uccidere il match. Ma le è mancato il colpo del k.o. contro la n.43 del mondo – a proposito Roberta salirà intorno a n.23/24, scavalcando quindi per il momento Flavia Pennetta che dovrebbe stare fra 26/27 se non vincerà con la Kvitova – un paio di volte. Quando, dopo i 16 punti necessari a raggiungere l’1-1 (salvando ben sei palle break di cui le prime tre consecutive da 0-40), indietro 2-4 per aver perso due turni di servizio facendo solo 2 punti in tutto perchè non metteva più dentro la prima e la seconda era troppo debole – un assist per i drittoni della Mladenovic – è risalita sul 4 pari grazie a 4 doppi falli in un game (il settimo, sul 2-4 appunto) della francese e a due pallebreak salvate nell’ottavo game, beh lì ci sono state due opportunità per il 5-4 e servizio.
Rileggendo gli appunti, dopo poche righe da quel che avevo cominciato a scrivere, trovo che la Mladenovic ha lì messo a segno due gran bei vincenti, però francamente Roberta sembrava aver perso molta penetrazione ai suoi colpi, e senza la giusta profondità per Kiki (più facile scriverne chiamandola così che con quel cognome infinito!) era più facile girare attorno alla palla e sparare i suoi dritti. Temibilissimi quelli schiacciati dall’alto in basso e sparati, veri dritti anomali, nell’angolo del rovescio di Roberta.
Insomma, forse Roberta aveva accusato un po’ la fatica, e poi chissà che non l’avesse distratta un po’ anche la richiesta – poco sportiva a mio avviso – della Kiki per un MTO poco prima del 5-4. Pareva proprio una scelta strategica, per mettere tensione a Roberta che avrebbe potuto trovarsi a servire sul 5-4 o sul 4-5. Entrambi due situazioni psicologicamente difficili.

Alla Vinci, mancate non per sue colpe quelle due palle break sul 4 pari, è toccato servire sul 4-5. Lì se l’è cavata alla grande, addirittura un game vinto a zero. Però poco dopo, quando la Mladenovic è passata a condurre 6-5, Roberta ha giocato uno dei suoi games più brutti, due errori di dritto, una volèe sbagliata ed eccoci al terzo set in cui l’avversaria, di dieci anni più giovane e a quel punto in fiducia, poteva forse considerarsi favorita.

Il caldo continuava ad essere implabile. E in tutti i primissimi games del terzo set Kiki teneva i suoi servizi con poco sforzo e poco stress, fino al 3-2 a 30, a 15, a 0. Mentre per Roberta, meno aggressiva, quasi più a rete, meno incisiva di dritto (che aveva invece tirato alla grande per un set e mezzo) ogni game era sangue, sudore e lacrime (vabbè, dopo la cantante Giovanna mi sono venuti in mente i Blood&Sweat&Tears, un tantino più rock) e si poteva temere che alla fine, avrebbe detto Mick Jagger “We Cannot get Satisfaction” (scusate, deve essere l’effetto del sole di quei primi game…).

Ma Roberta non ha continuato a “rotolare come una pietra” perchè l’esperienza le ha consentito di vincere i due game più lottati ed interminabili: prima quello di 16 punti per il 2 pari, salvando tre pallebreak in un game nel quale le avevano chiamato un fallo di piede sulla seconda di servizio e in cui si è difesa come una leonessa a protezione dei leoncini sull’ultimo punto con due pallonetti raccattati non so come.
Poi, sul 3 pari, servizio Kiki, quello che ha richiesto ben 26 punti e 15 minuti di tortura abbrustolente (!), nel quale ho seriamente rischiato fra i geroglifici del mio blocknotes di perdere la ricostruzione di 4 pallebreak – prima della quinta  decisiva andata a buon fine – e delle 6 opportunità avute da Kiki per passare a condurre 4-3.
Ha cacciato un paio di urla belluine la tenera Roberta (forse più, non le ho segnate tutte!) per autoincitarsi, per stimolarsi a lottare fino all’ultimo respiro. Dopo che la Mladenovic aveva pensato bene di ricorrere una seconda volta al MTO, facendosi spalmare del ghiaccio sulla coscia sinistra. Mah, una volta si diceva che bisognava assolutamente evitare il freddo…

Insomma, com’è e come non è, Roberta è salita sul sospiratissimo ed angosciosissimo 4-3 quando erano trascorse 2h e 17 minuti di gioco, ha tenuto il servizio a 15 per raggiungere il 5-3, s’è lasciata scivolare via il game successivo, anch’esso a 15, e allo scoccare delle 2 h e 27 si è ritrovata a servire per quello che sarebbe stato l’ultimo game di questa sofferenza. 30-0, 30 pari, 40-30 e matchpoint, ennesimo dritto vincente di Kiki (il 20mo di 51 vincenti, 20 dritti e 16 rovesci, gli altri sono stati servizi o volee, contro i 22 complessivi di Roberta, 10 dritti e solo due rovesci…ma Kiki evitava accuratamente il rovescio per non farsi invischiare in quei rovescini tagliati alla…Feliciano Lopez).

Sul 40 pari Roberta mette dentro il servizio che le serve (ha servito il 59% di prime, 65 su 110, quindi non una percentuale altissima…ma scendendo dal 65% del primo set al 63% del secondo e al 50% del terzo, cioè una sola prima palla ogni due servizi…e meno male non c’è stato un quarto!) e un dritto in rete della Mladenovic ha sigillato, dopo 2 ore e 32 minuti, la conquista della prima semifinale in 44 Slam da parte di Roberta Vinci. Leggendo le statistiche del match si possono notare gli 11 doppi falli di Kiki (e sono stati ben 4 nel game di 26 punti e 15 minuti che ha forse deciso la partita)  e i suoi 64 errori gratuiti. Tanti davvero, per un match che è diventato – e non solo per la calura ma per l’inevitabile tensione che non poteva non attanagliare due giocatrici entrambe consapevoli di avere una grandissima occasione per centrare la semifinale – una sfida giocata sui nervi.

 

Nel seguito quanto dichiarato dalla Vinci alle domande della stampa internazionale

Come credi di aver giocato?
È stato un incontro molto duro, era un quarto di finale. All’inizio ho giocato bene, molto meglio di lei, e sono riuscita a vincere il primo set. Poi sul 2-1 per me con un break ho perso la battuta in, tipo, 35 secondi. E da lì lei ha iniziato a migliorare, giocando molto meglio che non nel primo set. Sul 3-3 al terzo un game infinito, vantaggi, ace, doppi falli, tutto, e quando alla fine sono riuscita a vincere quel game credo lei si sia un po’ demoralizzata.
Ovviamente è la prima semifinale della mia carriera quindi sono molto felice.

Come pensi di dover giocare contro Serena o Venus? Hai giocato contro di loro diverse volte, hai molta esperienza, parlaci di come questo ti può aiutare a giocare la semifinale.
Sì, è vero, ho molta esperienza, quando giochi con Serena l’esperienza davvero non conta. Devi giocare meglio del tuo meglio.
E per certi versi anche contro Venus.
Giocherò la mia partita, aggressiva, niente di particolare. So di avere tanta esperienza, ma contro di loro non so se mi servirà.

Nel corso dell’estate hai giocato buone partite sul cemento americano. C’è una partita che ci puoi indicare come quella che ti ha dato maggiore fiducia?
Probabilmente la partita contro la Bouchard (a New Haven, ndr). Ho giocato veramente bene. Lei ha giocato così così, ma io sono stata veramente molto brava.

Ti ha aiutato non aver giocato con la Bouchard al turno precedente?
Sono comunque stanca! Certo non ho giocato, ma dal punto nervoso la pressione c’è comunque. In ogni modo il turno di riposo è stato molto positivo per il mio corpo che ha potuto avere un po’ di riposo in più.

 

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