Serena Williams e la concorrenza: analisi di una stagione anomala

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Serena Williams e la concorrenza: analisi di una stagione anomala

Come stanno in questo momento le giocatrici di vertice della WTA? Cosa aspettarsi in vista del Masters e della prossima stagione?

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Terminati gli US Open ci si avvia verso il Masters, il torneo riservato alle migliori giocatrici del mondo. Ma come stanno in questo momento i vertici del movimento tennistico femminile?
Per cercare di rispondere, vorrei partire da un semplice dato, e confrontarlo con il passato.

1.
Ecco il dato: in questo momento Lucie Safarova è quinta nel ranking con 3525 punti; esattamente dodici mesi fa (29 settembre 2014) gli stessi punti le avrebbero consentito al massimo il dodicesimo posto in classifica, dietro alla numero undici Jankovic (a 3635 punti).
Il ranking si calcola sostanzialmente con gli stessi valori dal 2009 (anche se con alcuni aggiustamenti marginali che non consentono un confronto preciso al 100%). Ebbene, dal 2009 in poi, mai con i punti che ha oggi Safarova si sarebbe andate oltre il nono posto.

Per completare lo scenario su cui ragionare, va tenuto presente il grande Slam sfiorato da Serena: nei soli quattro Major ha conquistato 6780 punti (11500 totali). Si potrebbe pensare che quanto manca alle altre giocatrici rispetto al 2014 l’abbia sottratto lei; in realtà se si fa un semplice calcolo aritmetico si deduce che i punti totali che mancano alle altre top ten superano di molto quelli conquistati in più da Serena.
In sostanza il dominio di una sola giocatrice non spiega il calo complessivo delle altre atlete di vertice.

Ecco ad esempio il confronto di classifica tra settembre 2015 e settembre 2014:

Confronto ranking WTA sett. 2015-2014

Quello che emerge, dunque, è che rispetto agli ultimi sei anni di WTA, la concorrenza alla numero uno non è mai stata tanto in ribasso. E il dato della posizione di Safarova (quinta con così pochi punti) lo conferma.

Non voglio con questo proporre un ragionamento qualitativo. Non credo si possano trovare strumenti di analisi condivisi per sostenere tesi su questo aspetto: la qualità del gioco è materia troppo soggettiva per essere valutata con i numeri. A me, ad esempio, non pare che quest’anno nella WTA si sia giocato mediamente peggio che nelle stagioni precedenti, e non credo che le partite siano state meno divertenti o più brutte del 2014.
Però una cosa si può sostenere con certezza: nessuna delle “solite” giocatrici di vertice ha mostrato nell’arco della stagione la consueta solidità e continuità di rendimento.

In sostanza nel 2015 ha deluso soprattutto il nucleo di tenniste che normalmente abitano i piani alti del ranking, con anni di permanenza continuativa in top ten. Chi sono? Farei questi nomi: Sharapova, Kvitova, Radwanska, Wozniacki, Azarenka.
Sono tutte giocatrici che in carriera sono state come minimo capaci di arrivare in finale Slam e di raggiungere il secondo posto al mondo. Alcune di loro gli Slam li hanno anche vinti e sono state prime nel ranking. Queste cinque giocatrici (insieme a Williams e a Li Na, ritirata nel 2014) hanno rappresentato per molto tempo il riferimento più stabile del circuito, il livello con il quale misurarsi per fare il salto di qualità e provare ad entrare nell’élite del tennis.
Ebbene, nel 2015 nessuna di loro ha avuto una stagione all’altezza di quelle migliori:

Sharapova: dopo la finale di Melbourne è andata incontro a continui problemi fisici che non le hanno mai consentito di raggiungere la piena forma. I due migliori tornei successivi (vittoria a Roma, semifinale a Wimbledon) sono stati frutto soprattutto della classe: risultati ottenuti di carattere, ma senza la qualità di gioco del passato. Nello sport la prima componente è la salute, e Sharapova nel 2015 è stata particolarmente penalizzata sotto questo aspetto. Dopo il forfait a Flushing Meadows, il ritiro di Wuhan è l’ulteriore conferma di quanto sia sfortunata la sua stagione.

Kvitova: discorso molto simile a quello di Sharapova. Qualche picco di gioco, soprattutto a Madrid, nel quadro di una stagione in cui ha saltato alcuni tornei importanti (Indian Wells, Miami) per problemi fisici. La diagnosi di mononucleosi ha spiegato le difficoltà di rendimento che hanno reso ancora più inaffidabile una giocatrice già storicamente discontinua.

Radwanska: ha vissuto un inizio di stagione terribile, che l’ha portata fuori dalla top ten dopo molti anni. Dopo Roland Garros era in piena crisi tecnica, sottolineata dalla separazione da Martina Navratilova e dalle durissime dichiarazioni del padre nei confronti del suo storico allenatore Wiktorowski, invitato a dimettersi. Poi si è ripresa a partire dalla stagione su erba, ma nel frattempo sei mesi erano andati persi.

Wozniacki: già all’inizio del 2014 era uscita dalla top ten, ma poi il declino era stato invertito con la reazione di orgoglio mostrata dopo il mancato matrimonio. Nella seconda parte di 2014 sembrava una giocatrice recuperata al grande tennis: in piena salute psicofisica, con il picco straordinario alle Finals di Singapore, dove Wozniacki aveva giocato benissimo. Ma nel 2015 è di nuovo appassita, e di nuovo è uscita dalle prime dieci.

Azarenka: gli infortuni del 2014 sono stati superati, ma la migliore condizione non è tornata: non riesce a eliminare il sovrappeso, e sul piano tecnico è mancata la continuità ad alti livelli. Non credo possa essere soddisfatta di una stagione senza tornei vinti, punteggiata da qualche buona sconfitta in tre set contro Serena Williams.
Caduta attorno al 50mo posto per l’inattività, è progressivamente risalita sino al ventesimo posto; ma oltre fatica ad andare, visto che è 18ma nella race. Il rischio è che questa posizione da provvisoria diventi stabile, trasformandosi in un allarmante ridimensionamento.

Al di fuori di questi nomi va ricordata Simona Halep, attuale numero due del mondo. Il suo caso è differente, perché è più giovane delle tenniste citate, ha una carriera ad alti livelli più recente e non si può dire sia regredita: nel ranking ha aumentato i punti complessivi rispetto al 2014 (ne aveva 6036 nel 2014, ne ha 6780 oggi), anche se negli Slam ha fatto un passo indietro. Però la crescita ulteriore di gioco e di personalità, che alcuni ipotizzavano, non mi pare ci sia stata.

2.
A questo punto mi sembra interessante introdurre un secondo dato: nel 2015 cinque giocatrici sono entrate per la prima volta in top ten. Non accadeva dal 2004; normalmente il ricambio è meno vorticoso (uno, due nuovi ingressi per anno, qualche volta tre).
E la stagione non è ancora finita: se Belinda Bencic avesse vinto la finale di Tokio, si sarebbe aggiunta alle cinque esordienti (Makarova, Suarez Navarro, Muguruza, Safarova, Piskova), portando a sei il numero complessivo.
In caso ci riuscisse nelle prossime settimane, per ritrovare una situazione del genere bisognerebbe risalire addirittura al 1989 quando le nuove top ten furono ancora di più, sette (Kat. Maleeva, Sanchez Vicario, Rehe, Martinez, Fernandez, Seles, Novotna).

Tenendo presente quanto detto all’inizio, non sorprende che sia diventato più facile e frequente trovare un posto tra le prime dieci, visto che la soglia di punteggio da raggiungere si è abbassata. Intendiamoci: non penso sia negativo il ricambio di per sé, ma qualche perplessità sorge nel momento in cui con poco più di 3000 punti si conquista il sesto-settimo posto della classifica mondiale.

Un discorso simile potrebbe valere anche per l’ultimo Slam. Senza nulla voler togliere ai meriti di Flavia Pennetta, che a New York nei momenti decisivi ha giocato un ottimo tennis, è difficile ritenere un sintomo di grande salute per il movimento il fatto che quando è uscita la numero uno assoluta (34enne) sia emersa come alternativa una giocatrice di 33 anni compiuti, che ha poi annunciato il ritiro.
E così la sensazione complessiva è che, in questo momento, la concorrenza più qualificata a misurarsi con Serena sia in crisi; e forse anche per questo Patrick Mouratoglou ha dichiarato senza mezzi termini che Williams (che l’anno prossimo andrà per i 35 anni) nel 2016 punterà al Golden Slam (i 4 Major con in più il torneo olimpico).

Stando così le cose, la classica immagine del ranking simboleggiata dalla piramide andrebbe forse rivista utilizzando come rappresentazione una guglia che svetta isolata al di sopra di un paesaggio sostanzialmente orizzontale: al di sotto del picco solitario si articola uno scenario di per sé anche interessante, ma quasi mai all’altezza di misurarsi con chi domina.

3.
E per il 2016? Ci aspetta un futuro ancora di crisi? Non è detto. Ci sono a mio avviso due elementi che potrebbero indurre all’ottimismo.

Primo elemento: mi sembra improbabile che il 2016 si riveli altrettanto sfortunato per tutte le giocatrici citate prima (Sharapova, Kvitova etc.). Tante controprestazioni in contemporanea sono davvero rare, come dimostrano le classifiche delle stagioni scorse. Si può pensare quindi che torni ad alzarsi la soglia di eccellenza secondo standard più vicini agli anni passati.
La visione pessimista potrebbe invece ritenere che questa generazione di tenniste stia iniziando una parabola discendente sul piano psico-fisico. Potrebbe essere, ma ricordo che la più anziana è Maria Sharapova, che è del 1987; le altre giocatrici sono nate dopo il 1989: in termini di concorrenza rispetto a Serena Williams significa dai sei ai nove anni in meno.

Il secondo elemento è che, anche approfittando della maggiore facilità con cui si è potuto scalare il ranking, diverse giovani giocatrici hanno raggiunto posizioni di rilievo, come Muguruza, Pliskova e Bencic. Questo è, secondo me, comunque un aspetto positivo: due delle cinque giocatrici neo top ten del 2015, sono poco più che ventenni, e la diciottenne Bencic è arrivata ad una vittoria dallo stesso traguardo; il conseguimento di obiettivi importanti potrebbe favorire ulteriormente il loro processo di crescita. Non solo: potrebbe anche aumentare gli stimoli per le coetanee, che vedono come sia concretamente possibile arrivare molto in alto.

Infine, per quanto riguarda le giovani, penso vada sempre considerata una ipotesi remota ma non impossibile: vale a dire che prima o poi emerga qualcuna in grado di innalzarsi a livelli di gioco davvero superiori, rivoluzionando definitivamente le gerarchie esistenti.

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