Signor G., la tua generazione ha perso

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Signor G., la tua generazione ha perso

Grigor Dimitrov non vince più, anche Paire non ha faticato troppo per superarlo a Tokyo. Crollato in classifica sembra sia ormai un talento perduto. Al nuovo che arretra subentra il nuovissimo che avanza

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C’erano molte attese riposte nella leva tennistica della classe ’91, (e abbiamo già messo insieme Gaber e De Gregori). La si attendeva con ansia, anche perché qualcuno aveva cominciato a spargere in giro una specie di arcana profezia. Raccolti qua e là pezzi di essa, la profezia poteva essere terzinata, alla Nostradamus, così:
“allo scoccar della decade più uno/sorse lo campion dello sport amato/ che vinto poteva esser da niuno”.

Perché era appena accaduto che dopo la straordinaria classe ’71 (capoclasse Pete Sampras dai record imbattibili), fosse arrivata l’incommensurabile classe ’81 (anno in cui vagiva Roger Federer dai record imbattibili). Nel pieno rispetto della profezia, si attendeva allora una nuova stella cometa, e molti sorrisero quando la intravidero solcare i cieli diretta ad est e posarsi su una capanna bulgara. Con i re magi adoratori del rovescio a una mano e del tennis d’autore, prostrati al capezzale di Grigor Dimitrov.
E non solo al suo. Perché ci si era accorti che anche nei dintorni del 1971 e del 1981, qualcosa di altrettanto dignitoso (e rigorosamente decennale) aveva fatto da scia agli astri più lucenti. Agassi, Courier, Ivanisevic e Chang erano stati compagni di asilo di Sampras; Safin, Hewitt, Roddick e Nalbandian avevano condiviso il pongo con il piccolo Rogé.
Si scoprì quindi che insieme al Messia di Haskovo, nuova Betlemme Bulgara, in Lituania un anno prima era nato Ricardas Berankis, e un anno dopo nelle terre del tennis che conta, erano stati espulsi dal ventre di madre tennis l’americanissimo Harrison e l’aussie-aussie-aussie B-Tomic.
E tutti noi, dinanzi a questi portenti, cominciammo a trascurare gli slam (ancora per poco) scontati e dominati da Rogerbello, ed a buttarci sui risultati dei tornei juniores o dei Futures sparsi per il globo (che come scrive qualcuno su questo sito, al TennisHipster piace troppo dire “ma io lo avevo già visto giocare contro Korobashvili, all’ITF Bulgaria F2 di Chernomoret, ed ero lì per seguire Korobashvili, naturalmente!”).
Tutti col naso all’insù a vedere atterrare comete quando Ryan Harrison alla tenera età di 15 anni, si qualificò per l’ATP di Houston e su quella terra color sterco di bisonte, vi batté il bravo uruguagio Pablo Cuevas, che ci sembrò in quel preciso momento più forte di Nadal. Citato Nadal che l’anno dopo sudò sette camicie (smanicate all’epoca) per venire a capo di un turno a Rotterdam contro Grigor Dimitrov: ed era un Nadal 2008, annata buona, quella che pare non poter tornare.

Insomma, ci preparavamo a continuare il godimento e il tifo: io, avendo presto abbandonato il prospetto Gasquet all’abbraccio dei giudici di linea, aspettavo in particolare quel ragazzo bulgaro che quando agitava il dritto con la Wilson e compiva i passetti di arresto verso destra… oddio… uno sturbo… mi ricordava Lui.
Aspettavamo che ‘sti ragazzetti spodestassero la pur succulenta generazione “mezzana”, quella del quinquennio dopo il 1981, quella dei Nadal, Djokovic e Murray, troppo simili, troppo stereotipati, troppa corsa e grinta coltivate nell’ombra della magnificenza svizzera. Perché se la profezia avesse fallito nel ’91, a questo punto lo avrebbe fatto anche nel 2001, nel 2011, nel 2021 and counting. E noi saremmo stati condannati a secoli di nulla.
Perciò, silenzio, si disse. Non mettiamogli pressione. Lasciamoli crescere. Lasciamo trascorrere gli anni.
Silenziosi come una foresta che cresce gli anni sono trascorsi e trascorrono. E la tua generazione, Signor G., Signor Grigor, solo grazie a te, ha collezionato una sola semifinale slam e come coppa più prestigiosa levata al cielo quella di Acapulco. Roba che se sei anni fa mi avessero detto anche solo che ci andavi a giocare lì, avrei pianto. Per Harrison adesso si punta sul fratello minore Christian, ma anche questo nicchia e allora papà Harrison si è rimesso a lavoro con sommo piacere della signora. Berankis, chi? Tomic e Signor G. fornicano che è un piacere: il primo in quantità, il secondo in qualità, ma a noi del loro talamo nulla è dato di vedere.
Nessuno in un quarto di finale slam quest’anno. Per Dimitrov un quarto a Madrid ed uno a Montecarlo. Tomic un quarto ad Indian Wells ed una specie di Mitropa Cup sollevata contro Mannarino a Bogotà.
Promesse irrealizzate. Una leva tennistica che se allargassimo al 1993 e 1994, o retrocedessimo al 1990, produrrebbe Raonic (troppo grosso), Goffin (troppo piccolo). Nella quale ci ritroviamo i non precedentemente accreditati Janowicz, Sock e Thiem, gli ultimi due (forse) più precursori della classe che verrà che non ritardatari della precedente.
E la classe che verrà è già arrivata.

Non so se avete gustato il siparietto Harrison-Kokkinakis alle quali di Cincinnati. Lo riassumo io: match teso, vola qualche parola, si gioca anche un tie break decisivo vinto naturalmente dal 19enne australiano. “Mi ha detto ‘sei come il tuo amico Nick’ (Kyrgios) dice Kokk. “No, ti ho detto che sei un bambino (‘a kid’) risponde Ryan. Lasciamoli litigare, chi se ne frega di chi ha ragione, alla fine sono tutti e due dei ragazzi. Ma uno dei due lo è più dell’altro, e sta in corsia di sorpasso, a sinistra, con la freccia e a doppia velocità. Harrison, con quel litigio, non potendosi opporre al sorpasso, è come se avesse tirato fuori il cacciavite e provato a fargli la fiancata.
C’è più frustrazione per la classe ’91 in quell’episodio, vuoto e gratuito, che non nel guardare il ranking e vedere Coric vicino a Dimitrov, Kyrgios prossimo a Tomic (ma addirittura meglio di lui a tamarraggine, come forse anche Rublev), o nel vedere Kokkinakis che si dà da fare con le fanciulle degli altri e poi riesce anche a vincere le partite. Io leggo smarrimento, profondo smarrimento. Se non sei più una promessa e ti aggiri attorno al 100 del mondo. Se non sei più addirittura il nuovo Federer ed a 24 anni stai per uscire dai primi 20. Forse, qualcuno, smetterà persino di crederci.
Chi andrete a vedere allora, anche se non “hipster”, al prossimo slam o al prossimo zapping televisivo? Il solito Dimitrov oppure Hyeon Chung? (per il quale in questa sede brevetto l’affinità con i colpi di Djokovic.. guardatene dritto e rovescio). E in questi Us Open avete buttato un occhio a “wild card Harrison” andare fuori nientepopodimeno che contro Rajeev Ram oppure il qualificato Zverev fare cinque set con Kohlschreiber?

Per questo, mio caro Grigor, mio caro signor G., la tua generazione ha perso. Perché i discorsi che si facevano su te e compagni, oggi si ripropongono paro paro per questi sbarbati. E mentre i tonfi di Nadal o di Federer faranno sempre rumore perché partono da cime altissime, quelli vostri non faranno altrettanto, assorbiti dall’entusiasmo nascente per questi nuovi eroi e spiccati da altitudini virtuali, da cieli bassi, da gabbiani ipotetici, signor G. La tua generazione ha perso non perché Acapulco sia un po’ poco, ma perché c’è il silenzio della sconfitta, e anche laddove ci fosse la delusione di vedervi presto a casa, già si può cambiare campo e generazione, e continuare a sperare.
Le spiegazioni sui perché non le posseggo. Non le sfioro nemmeno. Sulla debolezza di questa leva tennistica, che invece prometteva una nuova Shangri-la, non formulo teorie. Forse gli anziani affermati sono troppo forti e frustranti. Forse troppi soldi, troppe responsabilità e il tutto troppo presto. Forse la stella cometa ogni duemila anni, sbaglia anche lei.
Mi limito ad osservare ciò che accade ma premetto che lo farò ancora per poco. Perché ognuno ha un motivo per volgere il proprio sguardo altrove. E nel salutarti distintamente Signor G., ti comunico che il mio è quasi sempre quello di fuggire dalle promesse non mantenute.

Agostino Nigro

US Open, (s)punti tecnici: Grigor Dimitrov, specchio specchio delle mie brame

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