Si possono vincere le finali di Singapore anche dopo aver subito due sconfitte ma...

Editoriali del Direttore

Si possono vincere le finali di Singapore anche dopo aver subito due sconfitte ma…

Le favorite sono le due ragazze ancora imbattute, Maria Sharapova (6-3 sulla Kvitova) e Garbin Muguruza (4-2) sulla Radwanska. Basta discutere questa formula. Quando partecipare è un traguardo memorabile e non solo per i 7 milioni di dollari per 8 tenniste

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Non è che si possa continuare a discutere all’infinito la formula dei Masters di fine stagione. Lo si fa invariabilmente dal 1970 per quello maschile, dal 1972 per quello femminile.
Ma il Masters è così, ci sono forti ragioni commerciali perché sia strutturato così, è comunque un “prodotto” televisivo unico, gli otto migliori dell’anno, uomini e donne aspirano ad esserci pur sapendo che i risultati dei gironi dipendono spesso da circostanze abbastanza casuali, abbastanza contraddittori. Al punto da sembrare talvolta ingiusti. Flavia Pennetta domina Agniewzka Radwanska ma la polacca è in semifinale e Flavia va a casa.
Ma tutti i protagonisti e le protagoniste dei Masters accettano di buon grado quel che accade perché il Masters viene considerato il torneo più importante dopo gli Slam, quello dove è già prestigio esserci, partecipare (come sarebbe piaciuto al barone de Coubertin). Perfino più che ad uno Slam. Perché lo Slam lo devi vincere o devi arrivarci in finale perché la gente se lo ricordi. Se ne salti uno, o due, o anche più in una carriera decennale, non se lo ricorda nessuno.

Se invece arrivi a partecipare al Masters se lo ricordano tutti. Noi italiani infatti ci ricordiamo che al Masters maschile hanno partecipato solo Panatta e Barazzutti fra gli uomini, e cinque ragazze fra le donne, Reggi, Farina, Schiavone, Errani e Pennetta. Ma quanti si ricordano quanti Slam ha saltato Panatta, in Australia o negli Stati Uniti?
Per partecipare ad uno Slam basta avere la classifica fra i primi 104 giocatori dei ranking mondiali ed iscriversi. Partecipare ad un Masters di fine stagione è invece un traguardo che tagliano solo i primi 8 dell’anno. È ben diverso. E anche se gli Slam continuano ad aver maggior prestigio, e sempre lo avranno anche se può capitare di vincerlo senza battere nemmeno una testa di serie, per vincere un Masters invece devi battere almeno tre delle prime otto tenniste del mondo. Oppure quattro o cinque.
Così in questi giorni ho sentito ripetere dalla Kerber “Sono contenta di essermi qualificata per la quarta volta consecutiva per le finali WTA, vuol dire che ho fatto una buona annata”, così come la Sharapova ha detto “Io ne ho giocate già sette e sono otto con questa…con gli infortuni che ho avuto già essere qui è un bonus”, e più o meno le più assidue al Masters vi hanno fatto tutte riferimento: la Radwanska ha ricordato di essere alla sua settima partecipazione alla rassegna finale, la Kvitova alla quinta. E per una Pennetta che a 33 anni è riuscita a disputare il suo primo Masters, beh è stato il coronamento di una carriera, tant’è che ha fatto di tutto (rincorso punti in Cina, Russia, fino all’ultima settimana prima di Singapore) pur di centrare l’obiettivo, per una Muguruza che sta giocando il suo primissimo di una lunga serie, il sigillo al suo primo anno da top del tennis.
A questo si aggiunga, e non è un dettaglio, che in palio non ci sono noccioline ma 7 milioni di dollari per 8 giocatrici!
Hai voglia a essere ricca, ci sono dei gran bei soldini che… non “olent”. Non fanno schifo neppure a Maria Sharapova, la più ricca del lotto, per aver già guadagnato 36 milioni di dollari di soli premi ufficiali e – dico a spanne _ dieci volte tanto di “non ufficiali”. Anche altre due tenniste dell’Europa dell’est, Radwanska e Kvitova hanno guadagnato 20 milioni ma sono più giovani di due/tre anni rispetto a Maria.
Quarta nella lista dei premi incassati, ma per via dei suoi 33 anni passati, c’è Flavia Pennetta che con i suoi 15 anni da professionista ha incassato ufficialmente un po’ meno di un milione di dollari l’anno (14 milioni e spiccioli). Come tutte anche Flavia ha arrotondato con premi vari, degli sponsor, delle esibizioni, della Fed Cup, della Fit (anche se a lei i 400.000 euro “regalati” alla Schiavone per il Roland Garros 2010, Binaghi non glieli ha dati).
Una montagna di soldi che ha “coperto” soltanto tenniste europee quest’anno.
Scrivevo sopra che si può vincere le finali WTA -–e quelle ATP – anche a seguito di tre sole vittorie e due sconfitte.
Questo potrebbe accadere quest’anno se a vincere a Singapore fossero Agniezska Radwanska oppure Petra Kvitova che nei loro round robin hanno vinto una sola partita perdendone due. Eppure sono in semifinale. La Radwanska che ha soffiato il posto a Flavia Pennetta, dopo essere stata in pratica a due punti dall’eliminazione quando la Halep, avanti 5-1 nel tiebreak del primo set, stava per infliggerle la terza sconfitta consecutiva. La Kvitova che deve alla sua grande amica Safarova che è riuscita a non lasciare nemmeno un set alla Kerber, il suo accesso alle semifinali. Proprio come la Sharapova non ne aveva lasciato nemmeno uno a Flavia, che pure era stata avanti 3-1 e due pallebreak
Né Sharapova, né Muguruza hanno perso una partita fin qui. Le hanno vinte tutte e tre. E in modo convincente. Senza fare sconti a nessuna.
Tutto quanto accaduto in queste quattro giornate di Singapore farebbe pensare che le favorite per l’affermazione finale siano proprio loro due.
Dal 2003 – cioè a quando il formato del Masters femminile è tornato ad essere quello che era stato dal 1972 al 1982 – a oggi è successo sei volte che alle semifinali siano approdate tenniste che avevano vinto un solo match su tre. Ma nessuna ha poi vinto il torneo. Nel 2009 fu Venus ad arrivare alle semi con quel record, 1-2, ma poi, battuta la Jankovic in semifinale, perse da Serena in finale. Fra parentesi Serena quell’anno vinse singolo e doppio e non è mai più successo. Potrebbe risuccedere quest’anno alla Muguruza (che gioca il doppio con la Suarez Navarro).
Le altre ad aver centrato le semifinali grazie ad una sola vittoria e al quoziente set, sono state la Zvonareva nel 2011, la Jankovic nel 2013 (come detto) e la Radwanska ben due volte, un anno fa (perse dalla Halep) e quest’anno. Fortunella no?
Per la Kvitova è invece la prima volta quest’anno. Ma non era mai successo che due semifinaliste dello stesso anno avessero perso 2 partite su tre come Radwanska e Kvitova quest’anno.
18 volte è accaduto che una giocatrice abbia vinto tutti i suoi tre incontri, come quest’anno la Sharapova e la Muguruza. In 7 occasioni chi aveva vinto le 3 partite ha poi vinto anche le altre due e conquistato il titolo. E’ successo 3 volte negli ultimi quattro anni: la Kvitova nel 2011, Serna Williams nel 2012 e nel 2013. Lo scorso anno invece la campionessa Serena Williams aveva perso nel girone eliminatorio 6-2 6-0 dalla Halep che avrebbe poi battuto in finale.
Radwanska-Muguruza sarà la prima semifinale, alle 8 italiane, e ci sono 4 vittorie a 2 per la spagnola nei precedenti, Sharapova-Kvitova la seconda alle 11,30 italiane e Maria conduce 6-3 negli head to head.
Io sospetto che Maria sperasse di affrontare la Kerber (sebbene non è che il bilancio con la tedesca sia poi così positivo, 4 vittorie e 3 sconfitte per la siberiana) perché secondo me la Kvitova un maggior potenziale, se in buona giornata può battere chiunque. La Kerber, a dispetto dei 4 tornei vinti, nei Majors e nei grandi appuntamenti è meno vincente. Anche oggi era incredibilmente nervosa, ha quasi litigato con il proprio coach… Noto però che ogni volta che ad una tennista basta fare anche un solo set (vedi Pennetta, vedi Halep, vedi Kerber), immancabilmente perde in due. Fragilità nervosa di queste amazzoni del tennis? Beh, ripensando a quel che è successo a Serena Williams contro Roberta Vinci l’11 settembre scorso, ma anche a Amelie Mauresmo che al Roland Garros non riusciva mai ad esprimersi, e anche a tante battaglie perse da Martina Navratilova che pure era più forte di una spanna di tutte le altre, beh non c’è dubbio che i nervi giochino un ruolo molto importante soprattutto nel tennis femminile. E questa formula del Masters, dove chi entra in campo nei gironi all’italiana scende quasi sempre in campo con qualche conto da fare, sembra fatta apposta per mettere in risalto questa loro caratteristica.

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