Quattro idee per cambiare il tennis

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Quattro idee per cambiare il tennis

Tra la diatriba sul timer in campo al Medical Time out, passando per il calendario ed il coaching. Quattro idee per rendere il nostro sport diverso, forse troppo

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Il tennis è fatto di tradizioni e molte, nonostante in tanti anni di storia ci siano state delle modifiche, sono difficili da cambiare come il bianco dei Championship per ricordare quella probabilmente più banale. Proviamo dunque ad immaginare quattro modifiche, più fattibili e meno fattibili, che potrebbero dare al nostro sport una nuova faccia.

Timer in campo
Nonostante sia un po’ scemata l’attenzione verso la regola dei venticinque secondi (venti negli slam) tra un punto e l’altro – anche grazie ai giudici di sedia che negli ultimi anni hanno esercitato maggiore pressione sui giocatori e tollerato molto di meno le violazioni –  il time violation rimane una parte del gioco che potrebbe essere migliorata. Il timer in campo sembrerebbe la soluzione più ovvia, da piazzare magari insieme a quello che registra il tempo di gioco. Una soluzione da basket insomma che potrebbe modificare radicalmente il gioco. Nell’ipotesi più semplice potrebbe essere il giudice di sedia ad azionarlo al termine del punto per poi controllare che non ci siano violazioni e che il tennista al servizio non sfori il tempo massimo. Bisogna dire però che a quel punto sarebbe difficile avere un margine di tolleranza, dovuto ad uno scambio prolungato in precedenza o magari semplicemente ad un tennista che si fa scappare la pallina in preparazione al gesto del servizio. In contrapposizione ai contro però troviamo anche qualche pro. Il più importante sarebbe quello di evitare le “furbate” di qualche atleta sotto con il punteggio (a Nadal fischiano le orecchie?). Chiunque abbia giocato a tennis, anche a livelli non eccellenti, conosce la frustrazione del dover aspettare l’avversario quando si è pronti. Amplificata inoltre se si ha l’impressione che quel qualche secondo in più di tempo è volontariamente provocato.

Medical Time Out
Iniziamo con i tasti dolenti, il MTO. Da sempre oggetto di aspre diatribe il medical time out è forse la parte di regolamento che i tennisti utilizzano in modo più strumentale. Come possono ITF e ATP attenuare le pratiche furbette? Una soluzione per evitare le improvvise irruzioni del medico potrebbe essere posticipare a fine set le chiamate che non necessitano di interventi istantanei. Esempio: se sul 4 pari del primo set Djokovic chiede il MTO per fastidio al braccio, l’idea sarebbe quella di prendere atto della richiesta ma posticiparla alla fine del set. Se si è stati in grado di giocare otto game in quella situazione si può anche arrivare alla fine del parziale in fondo. Sarebbe una soluzione estrema, forse, ma che potrebbe anche risolvere molte spiacevoli discussioni e lamentele per non dire che qualche furbetto sarebbe costretto a cambiare (finalmente!) qualche cattiva abitudine. C’è infine da ammettere però che una soluzione del genere provocherebbe non poche lamentele anche per le tante tipologie che si vengono a creare e per le situazioni differenti durante un match. È indubbio ammettere infatti che un MTO per fastidio muscolare dopo un’ora di gioco si può anche posticipare ma un altro per crampi al quinto set dopo tre ore e mezza forse no.

Coaching (tecnologico)
Altra parte di regolamento ricca di controversie e quella legata al coaching, ovvero alla possibilità di un tennista di parlare con il suo allenatore o in generale con il suo angolo. Di esempi di lamentele ne abbiamo visti moltissimi, ultimo quello di Fognini ad Amburgo quando il ligure si è scagliato veementemente contro Nadal per lamentarsi dei continui disturbi di Zio Toni (che poi ha anche ammesso). Inutile ricordare che per il regolamento tutto ciò è categoricamente vietato mentre invece per le donne c’è addirittura la possibilità dell’arrivo in panchina durante il cambio di campo. Estendere questa possibilità agli uomini sarebbe una svolta epocale, il tennista a questo punto non sarebbe più solo contro tutti sul rettangolo di gioco. Suggestiva sarebbe anche l’ipotesi di coadiuvare al coaching in campo anche il supporto tecnologico. Le grafiche ormai la fanno da padrone sulle tv e magari portarle in campo sarebbe molto utile anche ai giocatori. Quante volte infatti viene mostrata la grafica su come un tennista sta cambiando, posizione in risposta in quel match rispetto al resto del torneo. Magari lui stesso lo sa ma vederlo, presumibilmente su tablet, gli aprirebbe ancor di più gli occhi. Certo come già detto questa rimane una delle ipotesi più inverosimili in quanto cambierebbe radicalmente il senso di questo sport.

Calendario
Altro argomento scomodo che di tanto in tanto torna all’ordine del giorno è il calendario dei tornei, fittissimo e con poche varianti. In virtù di ciò l’idea sarebbe quello di rivoluzionarlo in buona parte, proponendo (magari qualcuno ci ascolta) cambiamenti più che sostanziali. Una novità assoluta potrebbe essere quella di spostare tutta la tournèe asiatica in preparazione degli Australian Open, anche per darle un senso perché ad oggi sembra essere buttata lì nel calendario e purtroppo anche snobbata dai tennisti, troppo stanchi per affrontare una lunga e faticosa trasferta nel momento in cui la stagione sta per finire.

Ma veniamo agli incastri, la serie di tornei asiatici si svilupperà, nel calendario 2016, in tre settimane (dalla 40esima alla 42esima) mentre i tornei pre Australian vanno dalla seconda alla terza, con proprio l’Aussie nella quarta e quinta. Spostare “l’Asia” indietro nel calendario significherebbe avere il primo slam dell’anno tra la settima e l’ottava settimana, in Febbraio, dall’8 al 21 per la precisione. In quelle settimane si giocano ben sei tornei: Rotterdam, Memphis e Buenos Aires nella prima e Rio, Delray beach e Sao Paolo nella seconda. Giocare in Febbraio in Australia non sarebbe un problema, anzi si eviterebbe anche il gran caldo che spesso colpisce l’Happy Slam. Il clima però potrebbe però essere un problema per i tornei asiatici, prendendo ad esempio Shangai si vede come le temperature medie siano decisamente basse. Si va dai giorni in cui ci sono 20 gradi di massima ad altri nei quali non si arriva a 10 ma la media storica non supera i 10°. Sarebbe a questo punto poco ipotizzabile un inizio di stagione a quelle temperature per poi spostarsi nel super caldo Australiano di Gennaio e Febbraio. Non ci sarebbero problemi invece per la posticipazione dei restanti tornei durante l’anno. Indian Wells e Miami non ne verrebbero influenzati per clima, come nemmeno la stagione europea sulla terra rossa in quanto tra Aprile e Maggio sono davvero poche le differenze climatiche, è pur sempre primavera. Stessa cosa per l’accoppiata Parigi / Wimbledon mentre a New York la media storica delle temperature si aggira sui 20 gradi di massima e 14 di minima, buoni per un tennis all’aperto.

Chiaramente lo spostamento non comporterebbe solo dei contro ma anche dei pro. Tutti i tornei post US Open si disputerebbero su cemento indoor ed in pratica fino alla fine dell’anno non ci sarebbero più tornei outdoor. Questo cambiamento del calendario allungherebbe la striscia indoor definitivamente fino alla fine della stagione. Ne gioverebbero Metz e San Pietroburgo perché allo stato attuale si sviluppano nella settimana precedente ai tornei asiatici costringendo i partecipanti a lunghe trasferte per parteciparvi.

Insomma queste sono quattro idee  forse utopistiche o troppo difficili da attuare che di fatto darebbero una faccia totalmente diverse alla disciplina da noi tanto amata. Difficile sarebbe anche ad abituarsi a cambiamenti così radicali ma di fatto qualcosa per certi aspetti del regolamento bisogna pur sempre farla per evitare, come detto nell’articolo, margini di tolleranza eccessivi.

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