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Rassegna stampa

Murray, elogio della manina benedetta (Clerici), Nadal demolisce Wawrinka Murray scaccia i sospetti (Cocchi), Novak vs Roger mai in equilibrio (Azzolini), Ok Murray e Nadal Bolelli-Fognini, oggi è già dentro o fuori (Giorni), C’è un bel futuro dopo Pennetta & Co. Tennis (Nizegorodcev)

Last updated: 17/11/2015 10:55
By Daniele Flavi Published 17/11/2015
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20 Min Read


📣 Guarda il torneo ATP di Shanghai in streaming su NOW! 

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Murray, elogio della manina benedetta

 

Gianni Clerici, la repubblica del 17.11.2015

 

Era quasi pieno, questo avveniristico capannone, grazie a Murray, che incontrava una vittima predestinata, David Ferrer, valenziano, che soltanto le prime due sillabe dell’aggettivo indicherebbero valente. Mi pareva non ci potesse essere partita, tra lo scozzese, idolatrato in Inghilterra nonostante avesse votato per la Signora Nicola Sturgeon, la capa dello Scottish National Party alle elezioni di quest’anno, e il modestissimo Ferrer, simile a un tennista il cui personaggio esiste in ogni Club. C’è infatti sempre un Brambilla, o un Rossi, noto per la sua regolarità, e insieme l’incapacità ad elevarsi sopra di essa, uno che offre ai consoci la possibilità di autovalutarsi, di capire se si sia in forma o al contrario. A conferma, almeno parziale, del destino della partita pomeridiana, avevo visitato una sala corse, dove mi avevano mostrato le quote, Murray a un terzo, lo spagnolo a tre. Mi ero tuttavia seduto al mio posto in tribuna, guardandomi intorno, soddisfatto di esser uno dei meglio piazzati dei diciassettemilaottocento presenti, capaci di sborsare una media di quaranta euro a testa, che salivano a novanta a bordo campo, dove si rischia di esser colpiti da una pallina. Colpito, tuttavia, non sarebbe stato altri che il povero Ferrer, bravissimo in quello che dovrebbe essere lo scopo principale di ogni tennista, e cioè di rimandare la palla. David, infatti, non sbaglierebbe mai, non fosse un autentico campione, quale Andy Murray, a costringervelo. Murray è uno dei pochissimi a possedere una manina benedetta, pub passare con totale disinvoltura a impugnare bimane o a tagliare il rovescio ad una mano, pub stare indietro o attaccare, cambiare rotazione e, insomma, è uno che nei giorni di congiunzioni astrali felici pub permettersi di vanificare la sublime creatività di Roger Federer o l’incredibile atletismo di Novak Djokovic. La partita mi è apparsa insomma quanto definirei con un’antitesi palleggio agonistico. II palleggio è cosi proseguito piacevolmente, per noi spettatori, sinché, in vantaggio cinque a quattro, Murray ha deciso di inventarsi quattro tiri irraggiungibili per il povero spagnolo….

 

Nadal demolisce Wawrinka Murray scaccia i sospetti

 

Federica Cocchi, la gazzetta dello sport del 17.11.2015

 

Guarda un po’ chi si rivede, Rafa Nadal. Corre, spinge, strapazza Stan Wawrinka nel match d’esordio alle Finals. Stan, l’unico che è riuscito a battere Novak Djokovic in uno Slam, guarda caso in finale, conquistando il Roland Garros, praticamente il giardino di casa del maiorchino, che a Parigi ha vinto nove volte. Lampi di Nadal, quello dei vecchi tempi, dei «vamos!», di quel dritto a uncino che a vederlo da vicino fa paura. Finisce in due set: 6-3 6-2, quella che doveva essere la partita più intensa e combattuta e invece, di fronte dell’energia esplosiva di Rafa, Wawrinka sembra così morbido che si taglia con un grissino. Il dritto non lo assiste (18 errori non forzati), il rovescio a un certo punto gli volta le spalle (19), ogni volta che tenta un lob, Rafa gli risponde con uno smash. Insomma: un disastro. Se da un lato l’umana compassione per lo «Stanimal» ferito è d’obbligo, dall’altro fa piacere rivedere un Rafa così energico e deciso. RISALITA Lui che era precipitato fino al 10 posto del ranking mondiale a inizio stagione e che era stato accusato di aver perso lo spirito da combattente. Prima del torneo, all’ennesima domanda sui suoi infortuni e l’inesorabile parabola discendente aveva avuto un moto di orgoglio: «Basta chiedermi degli infortuni: quest’anno non ho avuto nessun problema fisico, ho soltanto giocato male. Sono arrivato a qualificarmi qui da numero 5, quindi significa che il gioco sta tornando. Per questo sono fiducioso che la mia ripresa continuerà, chiaro?». Abbastanza. CHE SFIDA Sarà interessante vedere adesso come la convalescenza proseguirà contro Andy Murray, suo prossimo avversario domani pomeriggio nel secondo match del girone «Nastase». Murray sembrava venuto a fare una comparsata alla 02 Arena, visto l’impegno urgente e imperdibile con la finale di Davis in Belgio la settimana prossima. E invece il buon David Ferrer si è trovato di fronte un rivale aggressivo e motivatissimo che lo ha spiazzato. Un 6-4 6-4 liscio come l’olio, con lo spagnolo a cercare di allungare gli scambi, e il numero due al mondo aggressivo alla risposta. È andata avanti così praticamente per tutto il match: Ferrer alla ricerca del servizio perduto, e Murray feroce nel castigarlo. «Andy è stato molto bravo, e a me non funzionava il servizio — si duole il più anziano del Masters, con i suoi 33 anni —. Ma non sono abbattuto: per fortuna ci sono ancora due match e non tutto è perduto. Alla fine a parte la battuta non ho giocato tanto male». In serata Ferrer sarà andato a letto ancora più sereno visto che Wawrinka, a parità di sconfitta in due set, ha vinto meno game e per ora se ne sta all’ultimo posto del girone. DUBBI La giornata si chiude con un grande interrogativo: quella di Murray è stata una vittoria per salvare le apparenze? O veramente il numero 2 al mondo, che prima di esordire lunedì alla 02 Arena ha fatto quattro giorni di allenamento sulla terra rossa al Queen’s, ha intenzione di stare a Londra tutta la settimana? La partenza in direzione Gand, per la caccia all’insalatiera d’argento resta una priorità assoluta per Andy anche se, dopo i 23 arresti in Belgio a seguito degli attentati di Parigi, un po’ di timore c’è: «Non direi la verità se facessi finta di nulla….

 

Novak vs Roger mai in equilibrio

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 17.11.2015

 

Vi sono tre modi leciti per battere Djokovic, eventuali altri non sarebbero ammessi dal regolamenta Almeno su questo, una stagione sin qui da 78 vittorie e 5 sconfitte, migliore persino della portentosa cavalcata del 2011(70-6) è stata esaustiva: due volte Federe; una a testa Wawrinka, Murray e Kariovic. Chi abbia in uggia il dominio del serbo, da questi limitati inciampi deve prendere spunto. Tanto più nel giorno di una nuova sfida con Federe; la settima dell’anno. II primo modo è coglierlo alla sprovvista, possibilmente all’inizio della stagione, quando non si sono ancora diradati gli ioni lattati sparsi dalla preparazione invernale nel suo fisico da acciuga spiritata Chiamiamolo pure, metodo Karlovic (Doha, 4 gennaio, quarti, 6-7 7-6 6-4). In condizioni simili è giunta anche la vittoria di Murray (Montreal, 16 agosto, finale, 6-4 4-6 6-3), successiva alla pausa Familiare che Nole si è concesso dopo Wimbledon. Il secondo modo è sollevarlo di peso, maltrattarlo, spingerlo alla rissa e affrontarlo a mascella spianata. Metodo Wawrinka. Ha funzionato una volta soltanto… Botte da orbi su ogni colpo, esecuzioni di rovescio a dir poco sprezzanti, ritmo in sette ottavi, quello che possono permettersi tre o quattro battedsti al mondo. Oltre a Wawrinka, detto Stanimal. Controindicazioni: imparata la lezione, Djokovic non si è fatto più “menare” da chichessia Ci ha provato Anderson a Wimbledon, ma è stato riacciuffato al quinto. Infine, terzo metodo, quello di non fargli capire a che gioco si stia giocando, trascinarlo nell’isola del tennis che non c’è, e di sfidarlo a chi inventa di più. E questo è il sistema Federer Non è un caso che la famosa Sabr, Sneak Attack by Roger, la mossa segreta, l’attacco furtivo, abbia preso forma compiuta proprio in un match fra i due, in finale a Cincinnati È gioco d’istinto, ma occorrono condizioni precise affinché gli estri possano liberarsi. Un campo più veloce della media e un match due su tre. Se il duello va per le lunghe, Djokovic ha il tempo per recuperare la corretta velocità di crociera… E’ una questione di età. Ma in un match breve, su un campo in cui l’istinto ha ancora un suo peso specifico, lo svizzero sa che il fisico non lo lascerà in panne, e può giocarsela con una tranquillità psicologica diversa più gioiosa. Così sono giunte le vittorie di Dubai (28 febbraio, finale, 63 75) e Cincinnati (23 agosto, finale, 76 63), cemento fra i più rapidi di questo circuito volutamente rallentato. Allo stesso modo non è assurdo attribuire qualche chance in più (non troppe) a Federe; nel match odierno (ore 21 italiane), il secondo nel round robin delle ATP Finals a Londra, cui i due giungono con la tranquillità di una vittoria già intascata, Nole su Nishikori, Roger su Berdych. II tappeto della 02 Arena è ritenuto fra i più veloci e “federeriani” del circuito. Così veloce da indurre Nadal a polemizzare ogni anno, chiedendosi perché il Masters di fine stagione non si possa giocare, per una volta, sulla terra rossa (ma è ovvio, Rafa, ogni superficie ha un grande torneo di riferimento, e il sintetico indoor ha appunto le Finals). Ciononostante, sarebbe a dir poco sgarbato, nei confronti di Nole, sottacere che il Djoker sia avanti 4-2 nei rendez-vous annuali, per un conto totale che celebra l’assoluta parità, 21 a 21. Sfida decennale, ormai, guidata da Federer nel primo quinquennio (13-6), poi da Djokovic nel lustro successivo (8-15), da metà 2007 mai giocata prima di una semifinale, e comprensiva di 15 sfide Slam (8-7 per Djokovic). II fascino è tutto nella diversità che i due propongono. I1 rimpianto: non averlivisti confrontarsi ad armi pari, per età e stato di forma. Forse Nole non sarebbe stato così dominante. O forse si, chissà

 

Ok Murray e Nadal Bolelli-Fognini, oggi è già dentro o fuori

 

Alberto Giorni, il Giorno del 17.11.2015

 

Profeta in patria lo è già, dopo la medaglia d’oro olimpica nel 2012 e il trionfo a Wimbledon nella stagione successiva, che ha interrotto 77 lunghi anni di digiuno britannico sull’erba più famosa del mondo. Ma Andy Murray vuole lasciare il segno anche in un’altra zona di Londra, nella 02 tuta che troverà a Gand. Alla fine ha cambiato idea e ieri sul veloce indoor ha cominciato con il piede giusto, battendo nettamente David Ferrer 6-4, 6-4 nel match d’esordio del «girone Nastase». «Sono felice della mia prestazione — ha commentato Andy —, ma è solo l’inizio, ora mi aspettano incontri duri con Nadal e Wawrinka». E in serata, è andata di scena proprio la sfida tra Rafa e Stan, vinta facilmente dallo spagnolo 6-3, 6-2. Il maggiore dei fratelli Murray, invece, insieme all’australiano Peers, domenica ha superato Simone Bolelli e Fabio Fognini, che proveranno a riscattarsi oggi (ore 19) con i leggendari gemelli Bryan, caduti a sorpresa al debutto contro l’indiano Bopanna e il rumeno Mergea. Sari una grande sfida per gli azzurri di fronte a una coppia formidabile che ha vinto 16 Slam in carriera, ma nessuno quest’anno: nel 2015 si sono affrontati in due occasioni, in finale a Montecarlo e in se- Arena che finora lo ha sempre respinto: alle Atp Finals è arrivato al massimo in semifinale, per tre volte. Quest’anno lo scozzese, n.2 in classifica, pensava addirittura di non partecipare per concentrarsi meglio sulla finale di Coppa Davis in Belgio, in programma tra una decina di giorni, aumentando gli allenamenti sulla terra batmifinale al Roland Garros, e hanno prevalso sempre gli americani. Non prima delle 21, per il «girone Smith», andrà in scena l’atteso duello tra Djokovic, imbattuto da 23 partite, e Federer, l’ultimo a piegarlo ad agosto nella finale di Cincinnati. Precedenti in perfetta parità: 21-21.

 

C’è un bel futuro dopo Pennetta & Co. Tennis

 

Alessandro Nizegorodcev, il tempo del 17.11.2015

 

Il tennis italiano femminile sta vivendo una fase cruciale. Flavia Pennetta ha appeso la racchetta al chiodo, Roberta Vinci ha annunciato che il 2016 sarà il suo ultimo anno nel circuito e Francesca Schiavone non pare essere lontana dall’addio al tennis. Nel 2017 ci continueremo ad aggrappare a Sara Errani e Karin Knapp, ormai vicine ai 30 anni, sperando nell’esplosione di Camila Giorgi. La Federtennis ha sviluppato il Progetto Over, così da supportare i giovani che, intorno ai 18-19 anni, devono effettuare il difficile salto tra circuito giovanile e mondo Wta. Nel femminile il compito di supervisione è affidato all’ex numero 22 del mondo Tathiana Garbin. Urge un ricambio generazionale, ma quali sono le ragazze pronte a raccogliere, in Fed Cup e nel circuito Wta, questo pesante testimone? Valdostana, classe 1992, si allena al CT Viterbo con il maestro Gino D’Angelo. Tennis moderno, colpi potenti, occhi della tigre, la Caregaro è cresciuta tennisticamente a Roma con Francesco Elia e Silvia Farina, che le hanno fornito le basi di questo difficilissimo sport. Gli infortuni, in seguito, non hanno dato pace alla valdostana, che oggi è al numero 278 della classifica Wta. «Prima ho dovuto subire un delicato intervento alla mano destra – racconta – quindi al polso sinistro. Non è stato semplice recuperare, fisicamente e mentalmente, tanto è vero che ho pensato di smettere. Ma poi ho capito che il tennis è la mia vita e non posso farne a meno». Martina Caregaro Nastassja Burnett Romana di origine polacca, classe 1992, ha già sfiorato il gotha del tennis prima che un bruttissimo infortunio le stoppasse bruscamente la carriera. Attualmente al numero 377 Wta, vanta un best ranking alla piazza 121 dopo la semifinale raggiunta a Rio de Janeiro nel 2014. Dopo una vita tra Roma e Barcellona, «Asia» si è trasferita recentemente alla Match Ball Academy di Bra alla corte di Massimo Puci. Alta, potente, grintosa, ha tutte le carte in regole per tornare sulla retta via tennistica. Martina Trevisan Toscana, mancina, classe 1993, da giovanissima era considerata l’enfant prodige del tennis italiano. A 15 anni, dopo alcuni buoni, la Trevisan appese la racchetta al chiodo per questioni di salute e di motivazioni. Dopo 5 anni di stop ha ripreso a giocare nel maggio dello scorso anno, inanellando immediatamente vittorie su vittorie. Supportata dal tecnico federale Tathiana Garbin e dal maestro Matteo Catarsi, Martina si è issata sino al numero 365 del mondo, palesando un talento e una determinazione fuori dal comune. «Il tennis nella mia vita ha avuto molte facce – spiega la toscana – alcune bellissime, altre meno. Adesso è l’unica cosa che mi fa sentire libera e serena».Nata a Santa Margherita Ligure il 10 agosto del 1995, è stata cresciuta tennisticamente dal papà-maestro Paolo e dalla zia Linda Ferrando, ex professionista nota al grande pubblico per una clamorosa vittoria su Monica Seles agli Us Open del 1990. Alta, tennis intelligente e allo stesso tempo aggressivo, gioca soltanto da un anno a tempo pieno dopo aver conseguito il diploma al liceo scientifico. Già numero 389 Wta, la Ferrando si allena da poche settimane ad Anzio al Piccari Tennis Team, dove è seguita dall’ex tecnico federale Daniele Ceraudo. Cristiana Ferrando Alice Matteucci Nata a Pescara il 29 settembre 1995, è tra le giovani di maggior talento del panorama nazionale. Colpi puliti tecnicamente, belle variazioni con il back di rovescio, è la giocatrice italiana che più assomiglia, fatte le debite proporzioni, a Roberta Vinci. Attualmente al numero 332 del mondo, è seguita come un’ombra dal tecnico federale Tathiana Garbin, che ne decanta da tempo le lodi. «Se questa ragazza riuscirà a portare nel match quanto di buono esprime in allenamento – ha spiegato la Garbin – ne vedremo delle belle». Vi sono molte ragazze che in futuro potranno insediarsi nei posti che contano del circuito internazionale. Tra loro la mancina siciliana Federica Bilardo, classe 1999, che ha già lasciato intravedere qualità importanti, e le diciannovenni Georgia Brescia e Jasmine Paolini. Interessanti anche Bianca Turati, Beatrice Torelli e le sorelle Jessica e Tatiana Pieri. Andrà però dato loro il tempo di crescere senza eccessive pressioni perché il tennis, come ricorda sempre Adriano Panatta, è «lo sport del diavolo»….

 


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