L'intervento "scomodo" di Ubaldo alla Leopolda

Editoriali del Direttore

L’intervento “scomodo” di Ubaldo alla Leopolda

Non è stato ancora “autorizzato” da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi l’intervento del direttore Ubaldo Scanagatta a Firenze. Censura? A chi può dare fastidio sentire verità conclamate?

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La sport e la sua gestione “politico-economica” non sono argomenti di poco conto, anche se ce ne sono ovviamente di ben più gravi nel nostro Paese. Milioni di italiani se ne interessano, partecipandovi attivamente o seduti in poltrona. Lo sport muove miliardi di euro, anche in Italia, al di là dei 400 milioni che il Governo passa al CONI annualmente e che il CONI in parte trasferisce alle singole federazioni. Purtroppo però, anche lo sport è gestito da una “casta” di semi-inamovibili. I presidenti federali hanno un potere, economico e politico, enorme. Sproporzionato. Spesso incontrollato. Ecco perché quasi tutti fanno di tutto per restare dai 15 ai 20 anni sulle loro poltrone. Pur avendo garantito, all’atto di candidarsi, che più di 8 anni non ci sarebbero stati.

Una proposta di legge vuole ridurre la permanenza sulla poltrona ad 8 anni. Ma c’è una vera lobby che propone modifiche per far partire gli 8 anni dal 2016 (senza contare gli anni già trascorsi sulla poltrona): chi ci siede dal 2000 potrebbe starci fino al 2024, 24 anni filati! Non è ammissibile. Il Governo Renzi non lo dovrebbe consentire, anche se a tirarlo per la giacchetta sono tanti.

Il presunto dirigente dilettante che amministra per 20 anni bilanci di decine di milioni di euro per gli sport minori, e molto di più per il calcio (ma il calcio è la sesta azienda italiana per fatturato globale), è incompatibile con l’era moderna. Nella stragrande maggioranza delle federazioni i presidenti sono personaggi incollati alla loro poltrona da sempre, e spesso non hanno idea neanche di cosa sia un computer e magari pensano che la banda larga sia un’orchestra di musicanti grassottelli. Possono attribuirsi stipendi fino a 32.000 euro l’anno, ma hanno massima discrezionalità su viaggi per loro e altri, spese e rimborsi e possono regalare, ed è successo, 400.000 euro ad un tesserato milionario. Si ripresentano ad età superpensionabile a capo di federazioni multimilionarie perché non saprebbero più come riciclarsi. E riescono periodicamente ad introdurre regole statutarie che consentono loro di spazzare via qualunque candidatura alternativa. Si autoblindano. Il presidente del Coni può far poco. È loro prigioniero: è stato eletto da quegli stessi presidenti a vita che, in buona parte, meriterebbero d’essere cacciati. Ma lui non può farlo anche se vorrebbe. Un sistema tragicamente perverso.

Nel dicembre 2009 la Federtennis approvò, senza che il presidente Coni Petrucci la bloccasse, uno statuto che prevede che per candidarsi in opposizione al presidente in carica si debba procurarsi la firma di 300 società sportive distribuite geograficamente in più di 5 regioni, più la firma di un numero spropositato di atleti e tecnici. Insomma un dirigente dilettante dovrebbe avere i mezzi finanziari di Obama o dei Clinton e tempo smisurato per condurre in tutt’Italia una campagna di almeno un paio d’anni per raccogliere adesioni che le società sportive saranno inevitabilmente restie a concedergli nel comprensibile timore di dover subire ritorsioni da chi resta in carica per almeno due anni: addio contributi economici e favori vari per la propria società sportiva.

Così i presidenti federali vengono regolarmente rieletti con percentuali bulgare, come si diceva una volta. Chissenefrega se la base mugugna, contesta. Un meccanismo diabolico. Chi si ribella viene ostacolato, censurato o peggio vengono utilizzati contro di lui gli organi della giustizia sportiva nei quali sono spesso catapultati dall’alto parenti e amici del presidente e/o dei consiglieri federali stessi. Anch’essi vi restano a lungo, quando non a vita. Immaginate l’obiettività dei giudizi. Se un comitato regionale si ribella dopo poco viene commissariato con qualche scusa.

Nascono con gran disinvoltura amministrativa società parallele esterne che gestiscono montagne di denaro dei contribuenti con assoluta discrezionalità. La mia proposta anticasta è la seguente: un presidente federale resta in carica solo 4 anni come il presidente federale USA, due vicepresidenti e max 6 consiglieri. Dopo 4 anni uno dei 2 vice diventa presidente, salvo che vinca una cordata alternativa non osteggiata da assurdi paletti statutari. Il vecchio presidente può restare in consiglio come vice o consigliere. Dopo 8 anni il presidente del primo mandato deve lasciare spazio a neo-consiglieri. Senza potersi ripresentare a distanza di anni, come si vorrebbe introdurre grazie alla pressione di lobbies ben istruite.

I presidenti che hanno svolto meglio il loro ruolo l’hanno fatto nel corso dell’ultimo mandato. Quando non avevano più cambiali da pagare a chicchessia. O promesse da poter fare.

Qualcuno di voi che ha fatto una lezione con un maestro di tennis, di sci, di golf, di ginnastica, può dire di avere sempre ricevuto una ricevuta fiscale per i pagamenti effettuati? Tutti sanno che il problema di quest’evasione fiscale esiste, ma qualcuno ha fatto qualcosa? Come dicevo all’inizio lo Stato oggi elargisce circa 400 milioni di euro annui al Coni. Ma in quei 400 milioni di soldi pubblici non sono compresi, ad esempio, i finanziamenti a quelle forze militari o paramilitari che finanziano le attività di molti atleti che poi ci rappresentano una volta ogni 4 anni alle Olimpiadi.

Insomma i campi di intervento politico nel mondo dello sport sono tanti. Le proposte non possono essere sintetizzate in 5 minuti, ma la prima che lancio con speranza qui dentro è: qualcuno per favore se ne occupi. Non è una questione marginale, anche se mi rendo ben conto che ci sono problemi molto più importanti da affrontare e risolvere nel nostro Paese. Ma questi sono anche i tempi della speranza e dalla Leopolda a volte grandi momenti di speranza si sono tradotti in fatti concreti. Chissà che non succeda, prima o poi, anche al mondo dello sport.

Quello che manca del tutto, e forse soprattutto, è la trasparenza. Perché le federazioni non pubblicano sul sito internet tutte le delibere? Nessuno conosce i compensi dei dipendenti e collaboratori delle federazioni. Nessuno conosce i contributi ad atleti e società, i premi collegati ai risultati. Non sappiamo nemmeno quanto prendono alcuni presidenti, neppure quando vi sono state anche interrogazioni parlamentari al riguardo.

Post scriptum (che non avrebbe fatto parte dell’intervento alla Leopolda 2015): non faceva parte dell’intervento che avevo pensato, perché sarebbe stato troppo specificatamente diretto alla situazione del tennis… (e alla Leopolda dove è stato invitato parlare Giovanni Malagò non sarebbe mai passato sotto il filtro della censura preventiva, visto che la bozza degli interventi andava inoltrata prima), e che invece su Ubitennis non c’è motivo di non pubblicare:

Siamo al 12 dicembre e ancora non è stato pubblicato il “vero” bilancio Fit del 2014. Quello sul sito Fit di 166 pagine è il ” bilancio sociale”, ossia principalmente un’autocelebrazione che non menziona troppi numeri che invece vorremmo sapere. Del tipo: ma quanti soldi ci sono in cassa? Quanti sono i debiti? Erano circa 10 milioni nel 2013… Quanti sono i crediti?

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