Sentirsi a casa, lontano da casa: cronache dall'Ubiday

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Sentirsi a casa, lontano da casa: cronache dall’Ubiday

Pensieri e impressioni dall’Ubiday 2016, occasione in cui la redazione si è riunita a casa del direttore Scanagatta. Finalmente un volto per ogni nome, così i redattori non vi scapperanno più. Gran confusione, ma quando parla il direttore…

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Dove sei quando non sei a casa, né troppo vicino a casa, e pur ricordando i nomi di alcuni presenti solo grazie a dei – provvidenziali – cartellini ti senti comunque a casa? Se non sei in una grossa fabbrica che produce pennette è facile tu sia all’Ubiday. Immerso nei colli fiorentini e in una casa che sa di tennis fin dalle fondamenta stai parlando di argomenti che a tratti esulano completamente dal tennis con persone che hai conosciuto per la prima volta quel giorno. Sempre grazie al tennis. Ecco, non credo siano molti i contesti che riuniscono persone con una grande passione in comune e riescono comunque a non obbligare i presenti a parlare di quell’unico argomento per evitare i silenzi imbarazzanti. Non vi dirò se l’Ubiday fa parte o meno di questa categoria, casomai vi invito (col placet di Ubaldo, s’intende) a venire il prossimo anno a verificare di persona!

Chi vi scrive è uno degli ultimi arrivati, peraltro uno di quelli per i quali la trovata dei cartellini nominativi si è rivelata decisamente geniale. Non certo esperto delle dinamiche professionali e umane di Ubitennis, ma umile appassionato a cui è stata concessa la bella opportunità di scrivere di tennis e nel frattempo conoscere più a fondo quest’universo, anche avvicinandosi ai campi, di familiarizzare con situazioni (e problematiche) prettamente giornalistiche, di aprirsi magari una strada per il futuro oppure semplicemente di vivere
un’esperienza a suo modo formativa.

Nella giornata c’è stato modo di esercitarsi nell’arte di conferire soprannomi, con fortune molto alterne, si è disputato un rapidissimo torneo di tennistavolo – anche qui con alterne fortune – e per brevi tratti si è anche parlato di argomenti semiseri, così brevi da concedere a tutti, a turno, il diritto di interrompere un discorso diventato all’improvviso troppo sostenuto. Sono stati risparmiati dall’ilarità generale solo i lunghi racconti del Direttore: chissà se per le sue indiscutibili doti di cantore o per l’eccessiva reverenza dei presenti…

Se l’Ubiday fosse una tragedia greca (e non lo è, avendovi detto che si ride anche spesso) il momento di maggiore catarsi sarebbe quello in cui puoi associare un volto a ognuna (o quasi, al netto degli assenti) delle righe lette nel corso della stagione, e ti godi il piacere di riconoscere una fisionomia esattamente come l’avevi immaginata o la sorpresa di trovarti di fronte una persona che non “corrisponde” a quel che scrive.

Vi dirò quello che l’Ubiday è stato, e senza dubbio alcuno sarà ancora: un calderone in cui età e provenienze geografiche si mescolano e permettono la condivisione, un consesso in cui gli UbiBoy e le (poche ma validissime) UbiGirl siedono in poltrona e lasciano la creatura Ubitennis a sé stessa, ma solo per poche ore, giusto il tempo di gustarsi un buon calice di vino in compagnia. E apprezzano la sua capacità di rimanere a galla anche senza una ciurma. Poi ripartono, per dirvi del tennis cose che non sapete, o che forse sapete ma avete comunque piacere di (ri)leggere.

Alessandro Stella

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