Nei dintorni di Djokovic: Dusan Lajovic, la fatica di essere normali

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic: Dusan Lajovic, la fatica di essere normali

Dopo una lunga gavetta nei Future e nei Challenger e una sfortunata finale di Davis giocata inaspettatamente da titolare, Dusan Lajovic da un paio d’anni è pressoché costantemente tra i primi 100 giocatori del mondo. Il tennista serbo si è raccontato in una intervista esclusiva ad un sito web del suo paese, durante la preparazione invernale in Kenya

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Il tennis serbo ha sfornato diversi giocatori negli ultimi anni: un fuoriclasse assoluto come Novak Djokovic, un ex top 10 – purtroppo perseguitato dagli infortuni negli ultimi due anni – come Janko Tipsarevic, uno che la top ten l’ha sfiorata (è stato n. 12) ed ha vinto un paio di tornei ATP come Viktor Troicki, e infine un grande doppista come Nenad Zimonjic, già leader della classifica mondiale della specialità e vincitore di 53 tornei. Lo stesso dicasi a livello femminile, con due campionesse come Ana Ivanovic e Jelena Jankovic, entrambe salite sul trono del tennis mondiale.
Ma a fianco di questi nomi conosciuti dal grande pubblico ce ne sono altri che in silenzio, con umiltà, si stanno ritagliando una carriera più che dignitosa a livello professionistico.

Uno di questi è sicuramente Dusan Lajovic. Il 25enne tennista di Stara Pazova (cittadina serba della provincia autonoma della Vojvodina), sin da quando era juniores non era tra quelli a cui veniva pronosticato un grande futuro. Ma lavorando seriamente e con impegno ha saputo raggiungere dei discreti risultati. Diventato professionista nel 2007, Lajovic ha passato i primi anni di professionismo tra Future e Challanger. Di lui il grande pubblico sentì parlare la prima volta nel 2013, quando all’ultimo minuto venne chiamato a sostituire l’infortunato Tipsarevic nella finale di Coppa Davis, poi persa dalla Serbia contro la Repubblica Ceca. Lajovic fu sconfitto in entrambi i singolari – di cui uno quello decisivo sul 2 pari contro una vecchia volpe di talento come Radek Stepanek – ma non si poteva sicuramente chiedere di più a quello che in quel momento era solo il n. 117 ATP ed era alla sua seconda presenza in Davis (il suo esordio, peraltro, avvenne l’anno prima a punteggio acquisito). Ma quella finale di Davis rappresentò comunque un punto di svolta per la carriera del giocatore serbo, che poco dopo entrò finalmente tra i primi 100 (la prima volta fu nel febbraio del 2014) e iniziò a cercare di ritagliarsi un suo ruolo nel circuito maggiore. Best ranking n. 57 nell’ottobre 2014, anno in cui entrò per la prima volta nel tabellone principali dei tornei del Grande Slam e raggiunse gli ottavi di finale al Roland Garros (sconfitto da Nadal), il tennista serbo ha terminato le ultime due stagioni tra i top 100: n. 69 nel 2014 e n. 76 nel 2015. Lo scorso anno negli ATP 250 è arrivato ai quarti in quattro occasioni (Quito, San Paolo, Nizza e Kitzbuhel) ed ha vinto il Challenger di Banja Luka (il quarto in carriera dopo Samarcanda nel 2012, Caltanissetta e Seul nel 2013). Dotato di un buon gioco a rete, Lajovic se la cava molto bene anche in doppio, tanto che lo scorso anno ha vinto a Istanbul il suo primo titolo ATP nella specialità, in coppia con il rumeno Albot.

Durante la preparazione invernale svolta in Kenya, Lajovic è stato contattato dal sito serbo nettenis.org, al quale ha concesso un’intervista telefonica, in cui ha raccontato un po’ come si svolge la sua vita. Quella di un tennista professionista “normale”, non di un fuoriclasse.

Per iniziare, quando e come ha iniziato a giocare a tennis?
Ho cominciato con il tennis per caso, a 7 anni. Perché nella mia città, Stara Pazova, non c’era una scuola calcio per bambini così piccoli, ma sola la scuola tennis. Sono andato al primo allenamento e da allora non ho più smesso.

Da chi è composto il suo team?
Dall’allenatore Sasha Nensel (coach tedesco che segue anche il connazionaleTobias Kamke, ndr), i preparatori atletici  Strahinja Tomovic e Milos Galecic, il fisioterapista Jose Felix e il manager Dirk Hordoff.

Come valuta la stagione appena conclusa? Qual’è stato il momento migliore e quale quello peggiore?
I momenti più belli sono stati la vittoria in doppio a Istanbul e la conquista del Challenger a Banja Luka, mentre il peggiore è stata la sconfitta nei quarti di finale contro Luca Vanni nel torneo ATP di San Paolo (c’è da capirlo, considerato che in quel momento Vanni era n. 149, Lajovic n. 77 e per il serbo sarebbe stata la prima semifinale ATP della carriera, ndr).

Qual’è la sua programmazione per il 2016 e i suoi obiettivi per la nuova stagione?
Inizierò con i tornei in Australia, prima a Brisbane (dove ha poi perso al primo turno contro Radek Stepanek, ndr) poi agli Australian Open. Dopo andrò in Sudamerica. Questa è la programmazione nel breve periodo. L’obiettivo è quello di giocare alle Olimpiadi di Rio.

Lei è uno dei membri della squadra di Coppa Davis. Qual è il rapporto tra voi giocatori e quanto conta per voi, dato che si tratta dell’unica manifestazione a squadre del vostro sport?
La Coppa Davis è per noi veramente qualcosa di particolare, è l’occasione di competere come squadra e di lottare per la nostra nazione, una cosa che rappresenta un grande privilegio. Ma oltre a questo, ci permette anche di essere in squadra con persone che ci sono amiche nella vita privata, che è una cosa veramente rara nello sport, in particolare nel tennis.

Cosa pensa di cambiare o di migliorare nel suo gioco per riuscire ad entrare nei top 50?
Penso di dover continuare a lavorare sulle cose che ho iniziato ad allenare con il nuovo coach. Cioè prendere il tempo al mio avversario, entrando dentro al campo e cercando di colpire la palla leggermente prima rispetto a quanto facevo in precedenza. E poi naturalmente scendere a rete, sempre che sia possibile.

Ha ottenuto buoni risultati in doppio, lo giocherà più di frequente in futuro?
Mi piace giocare il doppio, ma la mia priorità è il singolare. Giocherò ancora il doppio in futuro, però lo considero in secondo piano e quindi solo se non danneggerà la mia attività di singolarista.

Si sente spesso parlare della questione dei costi nell’ATP Tour. Lei da un paio di stagioni è in maniera pressoché costante nei top 100, cosa ne pensa dei costi e della suddivisione dei premi nei tornei?
Penso che il tennis sia uno sport ingrato da questo punto di vista rispetto ad altri sport, specialmente quelli di squadra. Questo perché le spese sono notevoli, a partire dai viaggi in aereo, le stanze d’albergo per te, l’allenatore, il preparatore…tutto dipende da quanto è grande il vostro team… fino allo stipendio dell’allenatore, del preparatore e del fisioterapista. Sono tutte spese di cui bisogna farsi carico da soli. Dall’altro canto, l’ATP sta lavorando per migliorare questa situazione e aumentare i montepremi dei tornei. E ritengo che la situazione sia effettivamente migliorata rispetto a prima e che si stia andando nella direzione giusta.

Come si svolge una sua giornata di allenamento e una quando non si allena? Ha qualche hobby?
Quando mi alleno, ad esempio qui in Kenya in fase di preparazione, la sveglia è alle 6.30, colazione alle 6.45, dopodiché riscaldamento alle 7.30, tennis dalle 8 alle 10, preparazione fisica fino alle 11.30. A mezzogiorno pranzo, pausa e riposo fino alle 15, riscaldamento alle 15.30, tennis fino alle 17 e poi preparazione fisica fino alle 18. Dopo, recupero e massaggi fino alle 19.30, cena e poi a letto alle 22.
Durante la preparazione quando non mi alleno cerco soprattutto di rilassarmi, perché sono veramente pochi i momenti in cui non mi alleno. Durante i tornei o quando sono a casa invece è diverso. In Serbia cerco di vedere la mia famiglia ed i miei amici non appena ho un po’ di tempo libero, mentre durante i tornei mi piace girare un po’ per la città in cui mi trovo, per scoprire nuovi posti, ristoranti, andare al cinema, ecc… Gli hobby sono orientati al minimo dispendio di energie, quindi al guardare serie televisive e a leggere. Qualche volta mi dedico al paintball o ad altri sport.

Lei gioca tornei in giro per tutto il mondo. Può descrivere com’è una giornata di torneo, riesce a visitare tutti questi posti?
Purtroppo c’è poco tempo per visitare le città. Naturalmente però riusciamo ad andare a cena in qualche bel posto. E quando riusciamo a trovare un pomeriggio libero o una giornata in cui abbiamo il tempo necessario, cerchiamo di vedere qualche attrazione o visitare qualche luogo di interesse. Sennò lo schema classico durante i tornei è: hotel – club – campo. Il club dove si svolge il torneo è il luogo in cui trascorriamo la maggior parte del tempo.

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