AO interviste, Azarenka: "Non cambierei niente di quello che ho fatto, mi ha portata fin qui"

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AO interviste, Azarenka: “Non cambierei niente di quello che ho fatto, mi ha portata fin qui”

Australian Open interviste, terzo turno. V. Azarenka b. N. Osaka 6-1 6-1. L’intervista del dopo partita a Viktoria Azarenka

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Pensi che questo sia il miglior tennis che hai mai giocato agli Australian Open?
Non ne sono sicura, non mi metto a contare i game. Cerco di concentrarmi di più sull’esecuzione. Il punteggio non racconta l’intera storia a volte. Ma sono contenta del modo in cui sto giocando. Voglio cercare di migliorare di incontro in incontro, perché da qui in poi si farà sempre più difficile.

Hai parlato molto di come cerchi di avere un approccio differente, senza aspettative. Ti capita in partita di reagire a una chiamata errata e dire: No, no, quella era la vecchia me, ora sono diversa?
Il bello di questo è che non mi infastidisce, quindi non devo pensare se si tratta della vecchia me o no. Mi viene naturale e basta. Cerco di concentrarmi su quello che devo fare e non pensarci.

Hai una mentalità ammirevole. Hai avuto qualche genere di coaching psicologico?
No, in realtà. (Sorride.) No, no. Penso che ciò che funziona di più con me sia comunicare con le persone. Ascoltare le esperienze degli altri atleti. Guardare documentari è uno dei miei passatempi preferiti, vedo quello attraverso cui passano gli altri. Quindi cerco di prendere quella mentalità, le difficoltà che affrontano e provo a capire se si tratta di qualcosa che posso sentire mio. Accetto qualsiasi cosa, qualsiasi emozione, buona o cattiva, e cerco di lavorarci.

All’inizio della settimana hai detto che non difenderai la tua medaglia d’oro nel doppio misto alle prossime Olimpiadi. Che consiglio daresti a tutti coloro che cercano un partner, che provano a capire come funziona senza avere troppe occasioni di giocare il doppio misto prima delle Olimpiadi?
Non ne ho idea. Mi farebbe piacere dirti qual è la ricetta giusta. Io avevo soltanto un partner con cui poter giocare, quindi non c’è stata scelta. Era destino, e questo ha aiutato. (Sorride.) Ci ha aiutato il fatto di aver giocato insieme prima. Abbiamo vinto uno Slam insieme, quindi eravamo molto fiduciosi. Abbiamo provato un torneo, prima. Max è un giocatore di doppio fantastico, non avevo davvero nulla di cui lamentarmi.

Cinque delle top 10 sono state eliminate dal torneo. La cosa ti sorprende?
No. Beh, non so, non ci faccio troppa attenzione. Penso che questo dimostri una maggior profondità di competizione, che bisogna essere pronti per ogni singolo match, e questo è ciò che sto cercando di fare.

Muguruza e Halep hano detto che c’è molta pressione negli Slam. Entrambe hanno perso. Tu come gestisci la pressione?
La amo.

Ma quendo ero giovane non eri mai nervosa negli Slam, all’inizio?
Tutti sono nervosi, sempre. Non dirmi che c’è un atleta che non è nervoso prima dell’incontro. Lo è. Dipenda da ciò che fai per il tuo nervosismo. Lo usi a tuo vantaggio per incoraggiarti e trasformi quell’adrenalina in potenza, o ti chiudi in te stesso e non fai nulla?

Basandoti su dove sei adesso, cosa diresti alla Vika quindicenne che cerca di capire il grande mondo?
Non so se cercherei di cambiare qualcosa, perché è ciò che mi ha portato fin qui. Consiglierei alle giocatrici giovani, e a me stessa di essere aperte di mente e divertirsi. Di provare cose nuove e lasciarsi coinvolgere. Devi essere parte di ciò che succede, perché appena ti volti e ne perdi il controllo le cose accadono per te, e iniziano i problemi.

Dove ti senti, a livello di soddisfazione per il tuo stato di forma? Sei uscita dal campo contenta, o parlando con Wim di ciò che è andato bene e ciò che è andato male?
Penso che ci sia sempre… l’approccio più sano è cercare sempre le cose in cui puoi migliorare. Sono tornata sul campo di allenamento dopo il mio incontro di oggi. Volevo lavorare su un paio di cose. Cercare di progredire è parte del mio atteggiamento mentale dopo ogni incontro.

Tornando all’incontro di oggi, qual era il tuo approccio a un incontro contro una giocatrice che non avevi mai affrontato? E che impressione di lei hai avuto?
In realtà era il mio terzo incontro qui contro un’avversaria contro la quale non avevo mai giocato, quindi avevo già avuto quest’esperienza. Lei mi ha decisamente sorpreso. Penso che nel primo game si potesse vedere che ero un po’ fuori tempo perché mi aspettavo di veder arrivare delle bombe mentre la palla arrivava piuttosto lenta. Quindi mi è servito un momento per sistemarmi, ma penso che abbia un gioco interessante. Penso abbia molto potenziale. Sono sicura che vedremo molto di lei in futuro.

Un paio di volte hai detto : Ho capito che è importante essere me stessa, scoprire come sono ed esprimermi in quel modo. Quando hai preso questa decisione? C’è stato un processo, magari a causa delle aspettative altrui?
Non so darti una data, ma probabilmente dopo gli US Open del 2014 ho capito che c’era qualcosa dentro di me. Non mi sentivo bene con me stessa. L’ho detto così spesso che qualcuno mi ha chiesto se fossi depressa, ho risposto: No. Perché come atleta non consenti alle debolezze di venire mostrate. E poi ho capito: Invece sì, lo sono. Quindi era settembre, ottobre del 2014. È iniziato un processo per me, per sistemarmi e sistemarmi ancora. Non è facile. Ovviamente mi ci è voluto più di un anno per controllarlo. Molte emozioni sono cambiate dallo scorso anno e ancora non so come gestirle. Cercavo di metterle da parte, ma non ero capace di controllarne la maggior parte.

Ma è stato un processo molto buono?
È stato fantastico. Mi ha cambiato la vita. Davvero. Iniziare ad essere felice e organizzata e disciplinata fuori dal campo ha cambiato la mia vita in campo, decisamente.

C’è qualcuno oltre te stessa che ti ha incoraggiato?
I miei amici, la mia famiglia. Ho un gruppo di amici molto stretti davvero fantastici, e mi hanno davvero spronato. Ho chiamato uno dei miei amici in Bielorussia una volta e gli ho detto: Non voglio più andare avanti. Lui mi ha risposto: Devi. Sei così vicina. Devi continuare ad andare avanti. Sono molto fortunata ad avere degli amici e una famiglia così fantastici attorno a me.

Hai parlato della pressione che sentivi quando eri giovane in Bielorussia come maggiore di quella di giocare in uno Slam. Puoi parlarcene più a fondo? Puoi farci un esempio?
Beh, la prima pressione è che se non vinci qualche torneo non hai la minima opportunità di partecipare a qualche altro. Se non sei la migliore non vieni sponsorizzata affatto. È stata molto dura. Ero ad un ITF, ricordo benissimo, mi fa ancora un certo effetto. Viaggiavo da nove settimane e quando sei nei juniors giochi uno o due incontri al giorno. Giochi a una certa ora, se salti il pranzo non mangi. Non avevo soldi. Non mangiai. Quindi era pressione per sopravvivere. Davvero, per la sopravvivenza. Adesso la pressione è andare lì fuori e affrontare un grande avversario? Ok. Ma quando hai fame e devi andare a giocare e non hai nulla, quella è pressione.

Traduzione di Raoul Ruberti

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