dal nostro inviato a Mestre
Abbiamo incontrato a Mestre, in occasione dell’incontro di primo turno di Alessandro Bega contro Robin Stanek, Laura Golarsa. Battagliera e con le idee chiare come sempre, abbiamo approfittato della sua disponibilità e gentilezza per farle qualche domanda, a dispetto di chi l’aveva descritta altezzosa. Ricordata dal grande pubblico per quella famosa partita di quarti a Wimbledon nel 1989 dove arrivò a due punti dal match contro Chris Evert, Laura Golarsa, milanese, si è arrampicata fino al numero 39 del ranking in singolare e al 23 del doppio. Oggi, oltre ad essere un’apprezzata commentatrice televisiva, offre la sua esperienza da coach ai ragazzi agonisti della sua Accademia a Milano presso l’Harbour Club.
Laura, delusa dall’incontro di oggi di Alessandro Bega (che ha appena perso contro Stanek)?
Alessandro sta da poco confrontandosi con il livello dei Challenger, finalmente siamo riusciti ad avere una classifica che ci permette di entrare nei tabelloni e adesso deve soltanto trovare la consapevolezza che può giocare alla pari con chiunque. Veniva da un lungo viaggio, dal torneo di Samarkand in Uzbekistan, avevamo chiesto di poter giocare martedì per avere un giorno di riposo in più ma non è stato possibile…ci siamo abituati, del resto non abbiamo avuto mai regali da nessuno.
Parlaci di Alessandro.
Lo alleno da sempre, da quando aveva 9 anni. È un ragazzo serio, scrupoloso, e ha un tennis pulito, i fondamentali non gli mancano, sa fare un po’ tutto. Come dico sempre il lavoro quotidiano paga e sta pagando, quindi lavoriamo su tutto, non trascuriamo nessun dettaglio, diciamo che il servizio adesso è uno dei fondamentali che Alessandro deve cercare di migliorare ulteriormente. Poi come ti dicevo prima deve prendere fiducia in sé stesso: può giocare a questi livelli e deve rendersi conto che può battere chiunque. Ora è numero 285 del mondo, ha terminato il 2015 come 323, e nel 2014 era intorno ai 500, piano piano si va avanti, certo ora c’è uno scoglio ulteriore ma si può fare…noi ci crediamo e non tutti ci credevano, anzi in pochi erano a farlo qualche anno fa.
Laura, come vanno le cose in Accademia, hai altri giocatori di punta?
Bene, vanno bene, festeggiamo il quarto anno di accademia e va sempre meglio. Beh, c’è Francesco Vilardo (che abbiamo visto dal vivo al Futures di Trento dove ci aveva fatto davvero una ottima impressione ndr) che è 511 del mondo, ed è anche lui al suo best ranking. C’è Davide Albertoni, che a 20 anni ha preso il suo primo punto ATP. Stanno facendo bene anche Matteo Tinelli e la giovane svizzera Susan Bandecchi, una ragazza da seguire, ma ne abbiamo tanti, non li posso citare tutti.
Come sta il tennis italiano?
Paghiamo la mancanza di cultura sportiva. Il mio è un grido di dolore, e forse l’accademia nasce proprio per dare speranze nuove, propositi positivi. Qui in Italia se non vinci non sei nessuno, non conta quanto e se ti impegni, se sei serio, se e come ti alleni, conta se vinci o se non vinci. E questo fin da giovanissimo. Come pensi che reagiscono i ragazzi? Te lo dico io, appena salgono di livello e cominciano a perdere qualche partita, vanno in crisi. Perché la loro autostima è drogata solo dalle vittorie, non da qualcosa che sta dentro di loro, ma da qualcosa che viene da fuori. Dall’ambiente diciamo. E anche dai genitori. È passato un messaggio negativo, cioè quello per cui devi essere un “predestinato” per emergere, come se il lavoro contasse fino ad un certo punto. Devi essere alto almeno un certo numero di centimetri, devi arrivare in alto il prima possibile ecc ecc, tutti messaggi davvero negativi per la crescita emotiva dei nostri ragazzi. Ci sono state generazioni come quella del ’90 in cui avevamo i migliori under 16, ma cosa ci resta oggi? Prendi il caso di Donati, ha vinto qualche partita e l’anno scorso sembrava diventato il Messia…oggi magari perde qualche colpo…come può metabolizzare il tutto un atleta così giovane? E il discorso vale per mille altri. Vediamo che infatti moltissimi che erano tra i più forti al mondo da giovanissimi finiscono per smettere a 20 anni! In questo senso li bruciamo davvero. L’accademia in fondo nasce per questo, per la voglia di mettere la filosofia del lavoro mia e del mio staff al servizio di quei ragazzi che vogliono provare a dare il meglio di sé stessi.
È più difficile per una donna allenare degli uomini?
È assolutamente la stessa cosa, se sei un buon coach lo sei per le donne come per gli uomini, indipendentemente se sei un maschio o una femmina.
Parlaci della tua ultima creazione, della http://www.golarsaapp.com/ con lezioni e dispense, che permette a chiunque di mandarti un video e farsi fare una videoanalisi direttamente da te?
Sì, ma è anche molto di più! Sono molto orgogliosa di questa App, sarà uno strumento utilissimo per tutti coloro che vogliono migliorare il proprio tennis, sia per gli amatori sia per i ragazzi che fanno agonismo. Ci sono tre livelli che si possono scegliere: base, intermedio e avanzato. E per ciascun livello ci sono tredici videolezioni realizzate direttamente da me, con esercitazioni e dispense. Poi si può mandare un proprio video, io lo analizzo personalmente e rispondo direttamente a chi me lo ha mandato con una valutazione e consigli, interagendo con tutti coloro che vorranno sfruttare la mia esperienza e competenza: l’operazione costa 60 euro.