Una scheggia impazzita di nome Lucas Pouille

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Una scheggia impazzita di nome Lucas Pouille

All’indiscusso pupillo di Yannick Noah non è riuscito ripetere il miracolo romano, quando ripescato come ‘lucky loser’ si era fatto strada fino alle semifinali. Conosciamo meglio Lucas Pouille, nuovo talento del panorama tennistico francese

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Italia, Francia, Inghilterra: a quale delle tre Nazioni qui citate può essere assegnata la ‘palma d’oro’ della più grande produttrice del cosiddetto ‘hype’, cioè di quello spesso inutile, nonché psicologicamente devastante per chi ne deve sopportare il peso, ‘battage pubblicitario’ volto a promuovere un giovane talento, come una star di sicuro successo del futuro?
Fornire una risposta non è cosa delle più semplici o immediate.
Fatto sta che, ultimamente, i nostri non sempre apprezzatissimi cugini d’Oltralpe, sono stati molto più propensi a seguire i progressi del carneade Quentin Halys (a 20 anni, già in grado di superare un turno agli ultimi Australian Open, e partendo dalle qualificazioni), anziché a focalizzare la propria attenzione su un giovane di non meno belle speranze, il cui limite fin qui sembra essere costituito solo dal fatto di non aver ottenuto (salvo quello, e poco più di una settimana fa, di un ex-top 10 di assoluto rilievo, ma ormai in declino, quale David Ferrer) una vittoria ‘a sorpresa’ contro un professionista più navigato e titolato.
Questo giovane si chiama Lucas Pouille.

Il ventiduenne originario di Grande-Synthe, paese di poco più di ventimila abitanti situato all’estremo Nord Est francese, di madre finlandese e padre francese, fino a non molto tempo fa, sembrava uno dei tanti tennisti non destinati a chissà quale grande strada nel serraglio tennistico odierno, all’interno del quale la competizione va facendosi sempre più intensa, tanto da far ritenere il sospirato sbarco nei primi cento del ranking ATP, un risultato già di alto livello.
Con una carriera valida ma non certo eccezionale a livello Junior/ITF alle spalle (s’è spinto al massimo alla ventitreesima posizione mondiale), Pouille s’è fatto strada non senza difficoltà all’interno del circuito professionistico, con le sole ‘luci guida’ dei genitori e di un certo Yannick Noah a sostenerlo nella sua progressiva, e silente quanto sbalorditiva, scalata ai vertici del tennis mondiale.

Come molti di voi già sapranno, Noah, pressato dall’impegno di dover ricostruire la credibilità della squadra francese di Coppa Davis (e soprattutto, riportare la pace all’interno della stessa!), ha recentemente interrotto i rapporti con il giovane Lucas, ma il biondissimo ragazzo francese continua, a tutt’oggi, a beneficiare dei consigli dell’ultimo trionfatore dei Bleus in una prova del Grande Slam.
Nonostante la sconfitta di oggi i recenti risultati (finale a Bucharest persa da un giocatore anziano ma sempre temibile come Fernando Verdasco, semifinale a Roma in cui s’è arreso solo ad Andy Murray, poi vincitore del torneo), fanno  pensare che almeno parte dei consigli del buon Yannick (oltre alla sapiente mano dell’allenatore Emmanuel Planque) siano stati ben dispensati. Nell’ultimo anno e mezzo, Lucas Pouille ha ottenuto ottimi risultati grazie al suo talento e al duro lavoro, risultati che lo pongono in una posizione di assoluto rilievo nel novero delle cosiddette ‘young guns’, nonostante il suo indiscusso valore sia inversamente proporzionale (ma forse, è meglio così…) all’attenzione mediatica che ha ricevuto, nettamente inferiore a quella dei vari Thiem, Kyrgios, Zverev e Coric.

Ma quali sono le armi del tennis di questo portento del tennis transalpino, attualmente numero 31 della classifica ATP, ma destinato in tempi brevi ad infrangere la barriera dei primi 30 al mondo?
Tanto per cominciare, Lucas Pouille è un grandissimo ammiratore di Roger Federer. E si vede.
Si vede perché, del supercampione elvetico, eredita almeno in parte la fluidità nei movimenti, pur non potendo ovviamente riprodurre le movenze che sanno più di danza classica che di tennis, di Re Roger.
Ha un’agilità impressionante specie negli spostamenti laterali, e quelli verso la rete, nei pressi della quale Lucas s’avventura non di rado, considerata la sua spiccata attitudine ad un gioco di volo essenziale quanto solidissimo e discretamente elegante, aiutato da notevoli riflessi, non sono da meno.
Il francese sostiene che è il diritto è il suo colpo preferito, o comunque quello che gli permette di strutturare il suo gioco da fondo campo. Non gli si può certo dare torto, perché, che Lucas decida di colpirlo piatto e d’incontro, in top spin, o addirittura, in modalità ‘jumping forehand’ nelle poche volte in cui è in ritardo nel colpire la palla per via di un rimbalzo irregolare o di un attacco particolarmente profondo e penetrante dell’avversario, è un’arma che fa danni.
Ma nei colpi di rimbalzo è indiscutibilmente il rovescio quello in cui il giovane di Grande-Synthe riesce ad esprimersi al meglio. È un colpo devastante per impatto e profondità, che sembra ereditare (anche per via dell’esecuzione bimane) molto più da Novak Djokovic che da qualsiasi altro grande professionista del presente o del passato, soprattutto per quel che concerne l’estrema fluidità e naturalezza con cui lo esegue, oltre che alle indiscutibili perizia e precisione.
Ne sa qualcosa il nostro Fabio Fognini, che al torneo di Amburgo dell’anno scorso, ha ingaggiato un’avvincente lotta ‘all’ultimo rovescio lungolinea’ (colpo di cui è anch’egli maestro) nella semifinale che l’ha visto opposto a Pouille, vincendo il tie-break del secondo set, e con esso l’incontro, per sette punti a due.
E dire che, fino a non molto tempo fa, il rovescio bimane di questo talentuoso francese, era tutto fuorché un’arma su cui contare ad occhi chiusi: fortemente irregolare nella risposta al servizio, a volte colpito con esitazione, o anche incertezza, nella ricerca di un colpo sì profondo, ma anche molto, forse troppo, controllato, è andato crescendo in maniera esponenziale nel giro di dodici mesi scarsi.
Ed è appunto nella risposta al servizio che Emmanuel Planque e il suo protetto (non senza ‘l’occhio vigile’ di Noah) devono avere strenuamente lavorato, tanto da arrivare a farne in assoluto la migliore risorsa – insieme al servizio – del gioco presente nel repertorio dell’atleta transalpino. Sia di diritto che di rovescio, colpita con notevole anticipo ed altrettanto eccellente tempismo, è in grado di ‘tenere a bada’ anche i servizi più violenti e carichi d’effetto. Ne deve sapere qualcosa Ivo Karlovic, sconfitto nel Master 1000 di Parigi nel 2014 proprio da Lucas Pouille, e in maniera piuttosto netta, per 6-1 6-4, senza che il gigante croato riuscisse a raccogliere molto in termini di ace o servizi vincenti, proprio in virtù delle notevoli doti di ribattitore del giovane francese.
Per quanto riguarda, infine, il servizio, verrebbe da chiedersi come riuscire a descrivere nel modo più appropriato un’altra indubbia risorsa nel gioco di questo ventiduenne, se non come arma letale.
Nel vittorioso incontro che l’ha visto opposto a David Ferrer agli Internazionali d’Italia Pouille ha scagliato due autentiche ‘testate nucleari’ in sequenza, della velocità di rispettivamente 226 e 229 km/h, tanto da indurre a dire a suo padre Pascal (che parla un ottimo italiano) durante il match contro il ‘maratoneta’ di Valencia, “signor Pouille, certo che suo figlio deve avere delle funi di trazione di una funivia al posto dei tendini!” Pouille, Sr. che ha prontamente risposto, ridendo, “si dovrebbe dire a lui, ma apprezzo molto!”.
Davvero niente male anche la seconda palla, servita preferibilmente – com’è peraltro consuetudine nel tennis odierno – in ‘kick’, e con delle velocità di punta molto interessanti.
Insomma, difficile trovare un difetto a questo promettentissimo talento franco-scandinavo. Chi ha storto il naso perché si aspettava una semifinale più combattuta contro Andy Murray a Roma, sappia che Lucas ha speso veramente tanto durante gli incontri giocati fino a prima di quel sabato, e che forse Murray in questo momento è l’uomo da battere sulla terra battuta. Forse perché non sapeva nemmeno lui (eccezion fatta per la vittoria l’anno scorso a Madrid) di essere così dannatamente bravo su questa superficie, oppure perché nessuno gliel’ha mai detto, o ancora perché non gli è mai stato dato pieno credito di essere un potenziale super-vincente sulla polvere di mattone. O forse per tutte e tre le ragioni qui citate.

Quindi, i sostenitori di Nick Kyrgios, Dominic Thiem, Alexander Zverev e Borna Coric, non si facciano cogliere impreparati nell’eventualità di uno scontro diretto con Lucas Pouille. Avrà fatto meno rumore dei succitati nel circuito, nonché presso fans e media, ma il francese è pronto ad esplodere in qualsiasi momento, e ad affermarsi come un serio pretendente alla vittoria finale in un torneo di prestigio, perché no in una prova del Grande Slam. Lucas Pouille terrà i sostenitori dei più gettonati prodigi odierni della racchetta, con il fiato letteralmente sospeso.
Potete scommetterci.

 

Niccolò Ludovici

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