Immagino tu sia sorpresa di essere nella semifinale di uno Slam? Cosa pensi l’abbia reso possibile?
Certo, è come un sogno essere qui oggi, ce l’ho fatta grazie alla fiducia in me stessa. Ho sempre saputo di giocare bene sull’erba e non ho pensato all’eventuale mia prossima avversaria (sarà Serena Williams, ndr) ma a divertirmi nel più grande torneo della storia.
Sia tu che Dominika avete giocato delle maratone ieri. Lei è apparsa stanca, mentre tu eri in ottima forma
Sì, entrambe abbiamo giocato due match durissimi ieri e anche il doppio. Mi sono imposta di non pensare alla stanchezza ma che mi stavo giocando una grande occasione e la dovevo sfruttare. Ho giocato dall’inizio alla fine con aggressività, tenendo sempre un buon ritmo. Il servizio poi mi ha aiutato molto nei momenti chiave.
Quanto ha influito la tua ottima carriera in doppio sulla tua fiducia?
Davvero tanto, il doppio è molto sottovalutato: giochiamo tantissimi tornei in un anno, è inevitabile uscire talvolta nei primi turni. Magari ti sei allenata a lungo e sei già fuori. Quando succede, anziché demoralizzarmi io penso che sono ancora nel torneo perché posso vincere il doppio. Mi dà fiducia anche per migliorare servizio, volèe e risposte. Sono convinta che le giocatrici più giovani dovrebbero giocare il doppio assiduamente nei primi anni di carriera perché ti aiuta a diventare una tennista completa: diventi competitiva non solo dal fondo ma anche a rete e nelle altre parti del campo.
Quali pensi possano essere le tue armi per sperare di battere Serena?
Intanto dovrò essere regolare e solida, non devo regalarle punti facili, poi metterle pressione giocando palle aggressive sulla linea di fondo. Ho assistito in tribuna a Melbourne alla finale dell’Australian Open e ho apprezzato la capacità di Angelique (Kerber, ndr) di stare sempre incollata al gioco dall’inizio alla fine, senza mai dare l’impressione di cedere. Quando Serena serve al meglio e tira vincenti, devi aspettare che passi la tempesta senza uscire dalla partita.
Hai giocato contro Justine Henini un decina d’anni fa. Alla fine del match, lei disse che saresti diventata una top ten. Come ti vedi ora, con la semifinale di Wimbledon a quasi trent’anni dopo molte stagioni deludenti?
È stata dura quando guardavo in tv le altre vincere, ma nel tennis come nella vita bisogna non avere fretta. A 30 anni pensi di essere alla fine della carriera, ma guardate Serena e Venus. Penso che molte giocatrici realizzino il loro valore a questa età piuttosto che a 19-20 anni. Venendo a quest’anno, le due vittorie più importanti sono state il titolo di doppio misto in Australia e il torneo di Doha. Quando vinci un torneo dello Slam la fiducia cresce per forza, mentre a Doha partendo dalle qualificazioni ho poi battuto la Halep, la Wozniacki e la Garcia: lì ho capito di poter competere anche con le migliori.
Stai puntando alle Olimpiadi di Rio. Da russa, come la pensi sugli atleti del tuo paese sui quali ci sono sospetti, anche se finora non è stato provato che si sono dopati?
Mi dispiace molto per gli atleti puliti che non possono andare a Rio. Non è giusto. Nell’atletica in particolare abbiamo campioni che si sono allenati per quattro anni interi per questo appuntamento, con grandi possibilità di vittoria per quello che è l’evento più importante di una carriera. Senza imbrogliare. Il sistema anti-doping russo ha seri problemi e devono essere risolti.
Non ho potuto non notare il tuo tweet qualche settimana fa sul Lendl effect. A cosa ti riferivi?
Giusto, il Lendl effect, lo devo assolutamente dire a Bruno Soares, il mio compagno di doppio. Lui twittò tre settimane fa al Queen’s perché vinse il doppio con Jamie Murray, il fratello di Andy. È stato l’effetto Lendl e ha funzionato anche con me qui a Wimbledon!