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Editoriali del Direttore

Andy Murray: tre finali vinte a Wimbledon, inclusa quella olimpica, e zero set perduti (video con Gianni Clerici)

La vera sorpresa non è la vittoria, pronosticata dai più. Ma l'aver servito meglio di Raonic. Oltre ad aver risposto da fenomeno: il canadese ha fatto solo 8 aces

Ultimo aggiornamento: 12/07/2016 9:46
Di Ubaldo Scanagatta Pubblicato il 10/07/2016
8 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Andy Murray - Wimbledon 2016 (Art Seitz © 2016 All Rights Reserved)

…a Raonic perfino nel servizio.

Eppure parlano i dati. Andy ha ceduto soltanto 24 punti su 107 punti di servizio giocati in 17 turni di battuta (più quelli dei due tiebreak). Significa aver perso in media 1,4 punti a game. Cioè più spesso un solo 15 che due. “Ho servito davvero bene oggi. Meno bene all’inizio quando avevo il sole in faccia, ma poi ho fatto tanti punti direttamente con il servizio, e anche la mia seconda nelle ultime settimane ha funzionato bene”.

Avrà sicuramente inciso, su questi numeri, anche il fatto che Raonic non è un mostro di mobilità e reattività nella risposta, come accennavo sopra. Questo è un aspetto del gioco di Raonic su cui il triumvirato di coach formato da Riccardo Piatti (il più responsabile di tutti per il discorso tecnico), Carlos Moya e il multi-funzionale John McEnroe.

Andy è stato solido come una roccia, al punto che nemmeno i cannonballs di Milos Raonic (suo il servizio più veloce dei Championships: 236,75 km orari, nel nono game del secondo set) sono riusciti minimamente a scalfire. È vero che Andy ha strappato una sola volta la battuta a Raonic, ma ribattere quelle battute con la continuità con cui c’è riuscito è qualcosa che forse oggi come oggi potrebbe riuscire soltanto al miglior Djokovic.

Ha finito in lacrime per la grande tensione. Andy. Era la prima volta che giocava una finale di Slam con la grande responsabilità del favorito, e davanti al popolo inglese (ci si attendeva che il match in tv fosse seguito da 13 milioni di spettatori…e il tennis non è il calcio). Ha risposto a tutto ciò alla grande. Sotto gli occhi di Ivan Lendl che magari dà un sostegno più psicologico che tecnico e che, sorridendo, Andy Murray ha detto: “He is lucky” (è fortunato), lo scozzese ha giocato un match praticamente perfetto.

“Ivan è un leader. È importante. Ho fiducia in quello che dice – e difatti Amelie Mauresmo a Parigi disse che Lendl era l’unico coach del suo angolo che Murray non si permetteva mai di insultare! – principalmente per i risultati che abbiamo avuto quando abbiamo lavorato insieme…ho giocato il mio tennis migliore quando ero con lui, mi ha sempre spinto a giocare in modo più offensivo, l’ho fatto e ho ottenuto i risultati. Ci fidiamo l’uno dell’altro, lui è sempre stato molto onesto, dice anche cose che non mi piace sentire. Ci può essere anche un po’ di buona sorte, ma lavoriamo duro”. Chi se ne sorprende del fatto che con Lendl si lavori duro? Lui è stato il primo grande stakanovista del tennis, uno che non lasciava nulla al caso.

Ora dopo questo terzo Slam, due Wimbledon e un US open vinto, le considerazioni sulle 8 finali perse si annacquano un po’. Anche perché le ha perse soltanto con Djokovic e Federer se non sbaglio. Ma d’ora in avanti sono lui e Djokovic i primi due tennisti del mondo, quando all’orizzonte per ora non si profila un …quinto giocatore capace di irrompere fra Fab Four. Non è nemmeno impossibile che dopo quest’iniezione di fiducia Murray non possa scavalcare Djokovic (che però non avrà tante brutte giornate come quella vissuta con Querrey).

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TAGGED:Andy Murraymilos raonicWimbledon 2016
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