Dalla parte di Fognini (commenti del direttore)

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Dalla parte di Fognini (commenti del direttore)

I motivi per cui non avere in grande simpatia Fabio Fognini non sono pochi, ma a volte rischiano di offuscare i suo i grandi meriti. Dopo il gran match contro Andy Murray ci è sembrato doveroso dare a Fognini quel che è… di Fabio!

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Paragonare due sport come calcio e tennis, così diversi tra di loro, può essere una forzatura, visto le evidenti diversità, tra cui la principale è ovviamente che il primo è di squadra , il secondo individuale. Se però si è cresciuti avendo ascoltato ripetutamente il mantra calcistico “conta solo la maglia, non chi la indossa!” abituati tristemente a vedere i propri idoli cambiare squadra , aggrappati solo ai colori della sua maglia ed a non identificarsi troppo con chi la indossava diventa forse inevitabile, quando gioca Fabio Fognini, tifare strenuamente per lui, per la sua “maglia” sebbene innervosiscano non poco i suoi monologhi spesso conditi da parolacce o non si approvino i suoi litigi con gli arbitri. Soprattutto dopo l’ennesima partita giocata benissimo da Fognini in alcuni momenti e che poi è diventata un’altra delle varie occasioni perse da Fabio per diventare campione. In ogni caso è prevalsa la voglia di trovare argomenti per ringraziare ed elogiare il ligure che, piaccia o meno, è il tennista italiano migliore degli ultimi trentacinque anni, pur non essendo attualmente amato abbastanza dagli aficionados italici.
Del resto, cosi come noi per indicare Federer diciamo “lo svizzero”, per Fabio, nel mondo, gli appassionati diranno per individuarlo “ l’italiano” ed immagineranno che nel nostro Stivale, nei nostri impianti e grazie alla nostra cultura sportiva, si sia sviluppato il talento che gli ha permesso di essere di gran lunga per risultati il migliore italiano degli ultimi trentacinque anni.

Il dato di fatto è che i risultati di Fabio, rappresentano il tennis italiano: chiunque in Italia abbia giocato o giochi una partita amatoriale, che sia giusto o meno, è associato nell’immaginario dell’appassionato medio mondiale, al miglior giocatore della nazione, che attualmente, l’ammirevole Paolo Lorenzi perdonerà, è per consuetudine di classifica e purezza di talento, Fognini. Pazienza se poi Fabio giochi in realtà giustamente per sé: soprattutto chi tifa per una squadra come il Napoli sa bene che anche Gonzalo Higuain fa il calciatore esclusivamente per la sua fama e per i suoi soldi, e non per la squadra che si allena e gioca all’ombra del Vesuvio. Non per questo il tifoso di calcio non tifa ugualmente per il nuovo attaccante che sostituisce il suo idolo andato via, anche se meno bravo.
Per quanto sia oggettivamente insensato, lo sport, tra le sue magie, offre tra le più belle il culto di una forma di campanilismo e di identificazione territoriale che ha nel riconoscimento col proprio campione di turno un sano esercizio ed una lecita forma di evasione, più che consentita sin quando non supera lo sfottò. Così il tifoso che nel calcio è abituato a vincere poco, ricorda a memoria la storia della propria squadra negli anni della serie C e pur sognando lo scudetto, si gode il momento attuale memore di come poco più di dieci anni fa la sua squadra perdeva partite bruttissime in Lega Pro da Sassari Torres o Gela. Si spiega forse così perché nel tennis, pur sognando di vedere un italiano vincere a Wimbledon, si ritenga di dover essere grati a Fognini per i due anni tra i primi venti della classifica ed il terzo appena fuori, considerato che negli ultimi vent’anni non si sono visti risultati neanche lontanamente vicini a quelli del ligure, fatte salvo, per brevi sprazzi, i successi che arrivavano dal talento puro ma fragile di Omar Camporese, dall’eroica determinazione di Andrea Gaudenzi, dalla classe operaia di Renzo Furlan o dalla competitività ad alti livelli di Filippo Volandri sulla terra battuta.

Tutti siamo d’accordo che sarebbe stupendo avere un tennista italiano vincitore di almeno dieci Slam, sempre corretto ed in ogni frangente simpaticissimo. Tuttavia non è difficile imparare quanto sia nobile ed in un certo senso gratificante la sconfitta assurda ed umiliante, quella con la quale paradossalmente vantarsi coi nipotini per averla vissuta, aver provato rabbia e delusione cocente, ma non aver comunque abbandonato la barca. Così, ci si  lega alla propria squadra non solo per i bei ricordi dell’età gloriosa ma anche per profonde ferite.
Ecco perché alcune incredibili sconfitte di Fabio (vedasi, solo quest’anno, nel momento più importante della stagione, la tripletta di sconfitte al primo turno tra Roma e Roland Garros con “fenomeni” non compresi tra i primi 50 del mondo come Garcia Lopez, Young e Granollers) hanno un inspiegabile valore per chi ama il tennis italiano: nonostante la grande delusione, si è continuato a sperare che il talento di Fabio producesse prima o poi la grande gioia, a dispetto della razionalità.
Fognini sul campo da tennis ha sbagliato molte volte, inutile elencarle tutte e lo ha del resto recentemente ammesso lui per primo, ma forse, prima di storcere il naso con un po’ di snobismo per i suoi errori comportamentali o le sconfitte inopinate (che purtroppo, come detto, esistono) e decidere di non tifare per lui, andrebbe anche ringraziato per aver dato al disastrato tennis maschile italiano, soddisfazioni forse non ancora di primissimo livello, ma comunque importanti e che non erano assolutamente la consuetudine per il nostro sport negli ultimi tre decenni. Certamente fa rabbia vedere come Fabio in primis si faccia del male da solo scaricando la sua tensione in campo, non appena le cose non vanno bene, molte volte con atteggiamenti maleducati. Non vi è però dubbio che in dieci anni di professionismo chiunque abbia lavorato con lui gli avrà spiegato che determinati atteggiamenti non possono che fargli male, sia dal punto di vista del rendimento, perché lo distraggono, sia che da quello dell’immagine, in quanto lo rendono antipatico a parte del pubblico, colpito dalla sua maleducazione in campo.

Se però, nonostante tutto e tutti, si è solo moderato pur sapendo di sbagliare e pur essendo un bravo ragazzo, per quel che traspare nel privato, davvero probabilmente il ligure non può fare a meno di comportarsi male e perdere la testa, in una sorta di autolesionismo di cui è vittima e che andrebbe almeno parzialmente tollerato in quanto ovviamente non voluto. Non sarà bello vedere il nostro migliore giocatore non comportarsi sempre bene dal punto di vista comportamentale, ma il tennis è in primis uno sport che si gioca con la racchetta ed una pallina gialla ed in questo Fabio – preceduto e circondato da centinaia di tennisti italici impeccabili nell’aplomb e nei comportamenti, ma non tanto bravi tennisticamente ad altissimi livelli – è dotato di gran talento, grazie a due pesantissimi fondamentali da fondocampo ed ad una sensibilità elevata sulla palla, che gli permettono di sciorinare molte volte punti spettacolari.
Magari molti dimenticano che dopo Pietrangeli, nel tennis Open, in campo maschile, abbiamo vinto un solo Slam e che dagli anni Ottanta in poi non nasceva un tennista capace di raggiungere il tredicesimo posto della classifica mondiale, come ha fatto il ligure. Battere, come accaduto nel 2015, tre volte in una stagione un certo Rafael Nadal, numero cinque del mondo e miglior giocatore della storia sulla terra, probabilmente tra qualche anno verrà ricordato maggiormente di quanto si faccia adesso, quando si rimarca esclusivamente come Fabio in campo abbia atteggiamenti sbagliati e da non far prendere ad esempio ai bambini. Anche in questo caso va fatto poi un ulteriore distinguo: Fognini molto difficilmente litiga con gli avversari o è scorretto verso di loro, anzi li rispetta anche quando gli “parte la brocca”. Se vari indizi fanno una prova, considerate le varie foto che pubblica coi colleghi o vedendo le immagini che passano i media, è anzi probabile che sia ritenuto simpatico da tanti colleghi, che magari ne apprezzano il profilo privato che nessuno, tra pubblico e media, può conoscere. Giocare ai Giochi di Rio una gran partita contro Murray, campione olimpico in carica e detentore del titolo di Wimbledon, numero due al mondo, infilare contro di lui una serie di otto games consecutivi dopo averlo già comunque sconfitto in passato due volte, non è da giocatore comune: si obietterà che alla fine in Brasile ha perso, ma quella è la consuetudine per quasi tutti contro il Murray di quest’anno; l’impresa è comunque quella di averlo messo alle corde nonostante lo scozzese fosse schiumante e furente.

Fabio a ventinove anni (compiuti a maggio) ha vinto quattro tornei e conquistato sette finali nel circuito maggiore, facendo peggio tra gli italiani  dell’era Open solo di Panatta, Barazzutti e Bertolucci; ha raggiunto le semi in un Masters 1000 (Montecarlo 2013), è arrivato alla seconda settimana in tre Slam su quattro, è il punto di riferimento della nazionale di Coppa Davis, nella quale partecipa dal 2008, ed anche in doppio ha mostrato le sue qualità di tennista completo nei fondamentali e dotato di ottima volee, vincendo uno Slam e giungendo alle ATP Finals di specialità.
Nel pieno della fase matura della carriera, il ligure ha davanti a sé circa cinque anni per ottenere qualche gran traguardo: considerando che un allenatore dal prestigioso currriculum come Jose Perlas continua a stare nel suo angolo, che giocatori probabilmente meno dotati di Fabio hanno vinto Slam o Masters 1000 e che la favola degli Us Open 2015 insegna come oltre i trent’anni si possano raggiungere risultati impensati, si può ben dire che, da bravi tifosi, si possono sperare (o sognare, se chi legge è più razionale) grandi risultati anche dal ligure.

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