Mentre in Italia non si trova di meglio che offendere random quei quattro gatti interessati ad avere un giocatore da top20, siamo alle porte di un torneo discretamente importante.
L’ultimo slam dell’anno arriva dopo una forsennata corsa, cominciata a fine luglio, che sembrerebbe aver incrinato le certezze, alcuni diranno la noia, degli ultimi anni. Novak Djokovic e Serena Williams, per motivi forse solo apparentemente diversi, continuano ad essere i favoriti principali, ma il distacco dagli inseguitori sembra davvero essere diventato esiguo. Non tanto e non solo in termini di classifica perché ad aver fatto esplodere dubbi sono piuttosto le modalità con cui i due numeri 1 hanno condotto la loro stagione.
Cominciamo da Nole. Sembra incredibile perché il serbo, vada come vada, ricorderà per sempre questa stagione, visto che l’ha portato a conquistare l’ultimo grande torneo che mancava nel suo meraviglioso palmarès, il Roland Garros. Non solo, ma come varie volte ricordato arriva a questo punto della stagione con sette trofei già vinti, cosa che non gli era riuscita neanche nella stagione scorsa. Ciononostante Djokovic, da Parigi in poi, sembra essere diventato un giocatore normale. Normalmente forte, intendiamoci, ma decisamente più vulnerabile. La sconfitta di Wimbledon poteva anche essere un episodio, ma unita a quella di Rio contro del Potro, la decisione di non giocare Cincinnati e le voci che si rincorrono su un polso e una spalla non del tutto a posto, sembrano fatte apposta per dare qualche stimolo in più ai suoi avversari. Se Djokovic – arrivato alla fatidica soglia dei 29 anni, che in questi ultimi anni è stata una sorta di limite ultimo per vincere gli slam – riuscirà a resettare tutto tornerà indiscutibilmente il favorito del torneo, in caso contrario non è tanto difficile prevedere che alla fine del torneo il serbo potrebbe non essere più in testa alla race, la classifica che conta i punti dall’inizio dell’anno. C’è da dire che il reset del serbo dovrà essere molto deciso, perché anche quello della prima parte della stagione, con la parziale esclusione degli Australian Open, non è stato un Djokovic paragonabile al cannibale che aveva stravinto tutto nella parte finale del 2015. Se quindi il serbo tornerà ad essere quello di Indian Wells o Miami potrebbe trovare delle brutte sorprese perché dietro non sono stati fermi. E se Nishikori, Raonic, Thiem, Kyrgios e Zverev crescono lentamente, Murray no, è diventato solido come mai prima e servirà un Djokovic migliore anche di quello di Parigi per superare chi non ha solo vinto ma anche stradominato Wimbledon e Olimpiadi. Il tabellone, soprattutto dopo il caso Querrey, conta quello che conta. Se Djokovic non ha la luna di traverso non si vede come possa non arrivare (almeno) in semifinale senza patemi, ma basta un lieve cedimento per far diventare complicate partite che magari sembrerebbero facili. In fondo con Vesely ci ha già perso e il ceco è arrivato agli ottavi a Wimbledon. Klizan è un mattocchio che però è capace di diventare a tratti ingiocabile. E nei quarti potrebbe beccare Cilic, giocatore che non gli ha quasi mai dato problemi ma che ha appena battuto Murray a Cincinnati.
Parlare degli altri è parlare in buona sostanza di Murray. Forse è questo il suo torneo della svolta. Se vince a New York avremo un numero 1 del mondo nuovo a fine anno, cosa che sembrava fantascienza solo due mesi fa e che dovrebbe indurre alla cautela quelli che pensano che sia semplice stare a lungo in vetta alla classifica. Se mai dovesse perdere, e soprattutto se dovesse perdere in finale contro Djokovic, meglio mettersi ad aspettare chi sta dietro.
Il singolare maschile vivrà di questo anche se non mancheranno altri motivi di interesse. Nadal è forse chiamato alla sua ultima opportunità di far ricredere sulle sue reali possibilità di tornare al vertice. Dopo la vittoria del Roland Garros 2014 i suoi risultati negli slam sono poco all’altezza del grande campione che è (o che fu?). Ha perso praticamente da chiunque, Verdasco è stato l’ultimo di una serie che si era aperta con Nick Kyrgios a Wimbledon, proseguita con Tomas Berdych a Melbourne, Djokovic a Parigi, addirittura Dustin Brown ancora a Wimbledon e persino Fabio Fognini a New York. Difficile fare peggio, non arrivare ai quarti significherebbe aver perso da uno tra Istomin, Seppi, Pouille, Bautista Agut. Fino a lì ci deve arrivare altrimenti davvero meglio metterci una pietra sopra.
Discorso simile per Stan Wawrinka. Lo svizzero continua a vivacchiare su quell’incredibile Roland Garros del 2015 e difende la semifinale dell’anno scorso, quando venne brutalizzato. E da allora Stan non riesce neanche a fare il solletico a Djokovic o Nadal. A New York gli è capitato un quarto molto duro, rischia già con Zverev e poi con Kyrgios ed è nella metà di Murray. Sarebbe sorprendente se ci arrivasse.
Tra le ragazze il momento dell’avvicendamento sembra ancora più vicino. È verosimile che ci saranno sconquassi dopo il 10 settembre, e chissà se Serena, che aveva rischiato già a Cincinnati di essere scavalcata in classifica dalla Kerber, sarà ancora prima. Come per Djokovic molto dipende da lei. Se riesce a raccogliere le energie – che sembrano sempre meno – rimane la favorita principale. Ma in ogni caso, di nuovo come per Djokovic, le rivali non sono lontane. Serena ha già un primo turno che potrebbe essere duro, quello contro Makarova, partita che fu addirittura la semifinale di appena due anni fa. Poi il suo tabellone migliora un po’, anche se c’è da vedere se la Ivanovic ha ancora voglia di giocare a tennis oppure no. Le rivali vere potrebbe beccarle a partire dai quarti, a paritre da Simona Halep per proseguire con la solita Radwanska. Kerber e Muguruza, altre pretendenti al trono, sono dall’altra parte. E per fortuna di Serena dall’altra parte c’è anche quella Petra Kvitova, che è il peggior ottavo che poteva capitare alla povera Kerber, anche se è giusto che se proprio dovrà diventare numero 1 che almeno se lo meriti fino in fondo.
Sugli italiani, detto bravo a Giannesi e Fabbiano, ci si è anche stancati di dire sempre le stesse cose. Fognini ha un primo turno che non dovrebbe riuscire a perdere, ma non ce la sentiamo di scommettere che possa arrivare al terzo. In ogni caso speriamo che si limiti a farci vedere delle partite di tennis, perché la maleducazione in campo potrà anche divertire qualcuno ma a molti altri ispira tristezza e, soprattutto, noia. Seppi può arrivare da Nadal e speriamo ci arrivi con una condizione migliore di quella di tre settimane fa a Rio, anche se Andreas è atteso da un lieto evento per il 10 e magari avrà la testa altrove. Lorenzi sarà applaudito per la buona volontà. A Fabbiano è toccato un altro qualificato, Kachanov, che è più avanti di lui in classifica e soprattutto sembra giocatore in prospettiva di ben altra caratura. A Giannessi è invece toccato Kudla, speriamo. In ogni caso i due avrebbero poi Nishikori e Wawrinka, sarà il caso di riparlarne tra qualche mese.
Le ragazze disputano forse l’ultimo torneo a ranghi completi. Incommentabile l’assenza di giocatrici italiane nel tabellone di qualificazione – sarà probabilmente colpa della critica che non comprende che non sono cose importanti – le cinque in gara difficilmente le ritroveremo tutte quante in Australia. A Francesca Schiavone da tempo non va chiesto più nulla, si diverta come può contro Svetlana Kuznetsova, contro la quale ha scritto pagine memorabili. E stabilisca lei se vale la pena continuare così.
Roberta Vinci torna dov’è stata felice e non sembra che abbia nient’altro da chiedere che rivivere con qualche struggimento quello che è stato. La tarantina ha da tempo l’aria di chi ha fatto quello che doveva fare e che si chiede cosa deve fare adesso, difficilmente avrà dato un’occhiata al tabellone, che non sembra giustificare sogni di particolare gloria, e si sa che i miracoli non si ripetono.
A Karin Knapp auguriamo che sia a posto fisicamente, siamo sicuri che farà quello che potrà, magari arrivare a Serena, regalando un quarto d’ora di soddisfazione ai suoi interessati sponsor.
Rimangono le nostre due giocatrici di punta, vuoi per i risultati passati, vuoi per il talento. Ma una, Sara Errani, sembra precipitata in una crisi più che fisica o tecnica, psicologica. Anche a lei l’augurio di risolvere prima questi problemi, il tennis e i risultati torneranno, perché non erano certo casuali i risultati degli anni passati. L’altra, Camila Giorgi, è purtroppo sempre più Godot. Le due sono le nostre sole speranze, coccoliamocele perché aspetteremo un po’ prima di poterne vedere altre.
Quasi inutile, in chiusura, sottolineare che uomini, donne, italiani, favoriti e outsiders, grandi partite e grandi emozioni non saranno sufficienti a farci dimenticare che un torneo senza quello là, quel vecchio che chissà cosa gli è saltato in mente, quello che tutti aspettano per una volta ancora, è soltanto un torneo che serve a rendere l’attesa meno noiosa. Speriamo di divertirci.