US Open interviste, Djokovic: "L'assenza di Federer non rende le cose più facili"

Interviste

US Open interviste, Djokovic: “L’assenza di Federer non rende le cose più facili”

US Open interviste, primo turno: N. Djokovic b. J. Janowicz 6-3 5-7 6-2 6-1. L’intervista del dopo partita a Novak Djokovic

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Per prima cosa in che condizioni fisiche sei al momento?
Sto migliorando ogni giorno e sono contento che stia andando così. Quindi spero che con il progredire del torneo possa raggiunge il mio massimo.

Su che parte stavi facendo dei trattamenti?
Era solo prevenzione, ora va tutto bene. Al mio braccio.

Qui a New York ci sono molte cose divertenti nelle interviste post match. Perché qui è diverso?
Beh, ogni Slam ha qualche cosa di diverso, lo US Open è quello che ti intrattiene di più. Ci sono molte cose che succedono sia in campo che fuori e tu ti trovi in una delle città più grandi al mondo e a New York c’è sempre qualche cosa che succede.

Questo è stato il tuo primo match dopo un lungo break. Cosa stavi cercando nel tuo gioco?
Guarda, ogni giorno ci si presenta a noi una qualche sfida che dobbiamo superare. Non è stato facile oggi giocare contro Jerzy per la prima volta. Lui è un giocatore molto potente con un gran servizio e gli scambi sono imprevedibili. Può giocare bene come ha fatto nel secondo e poi fare due doppi falli consecutivi, ci sono davvero alti e bassi ed è per questo che non era facile tenere la concentrazione. Ma penso di aver fatto bene nel terzo e nel quarto a ritornare in carreggiata. Dopo quello che ho passato nelle ultime settimane è bello finire il match e vincere.

Vesely è il tuo prossimo avversario e ti ha già battuto quest’anno.
In circostanze diverse, superficie diversa, qui è al meglio dei 5 set, ma comunque Vesely merita rispetto. Lui è uno di quelli della nuova generazione che ha cercato di sfondare. Un paio di anni fa era già a questo livello e si è fatto un nome. Negli ultimi due anni ha guadagnato la consistenza. Ovviamente non ha giocato molte volte nello Ashe Stadium, se riesci ad arrivare a giocare lì le cose cambiano. A me piace giocare lì, soprattutto con il tetto chiuso. Le condizioni si adattano al mio stile di gioco. Spero di riuscire a rallentare il suo servizio e a partire da lì per trovare la vittoria.

Hai fatto una bella dichiarazione in campo dicendo che l’Arthur Ashe è come un tunnel cupo; almeno c’è una bella luce alla fine. Questa cosa riflette il tuo stato d’animo ogni tanto?
L’Artur Ashe è come una luce alla fine di un tunnel, forse ho detto qualche cosa di sbagliato. Non è come un tunnel. Sul campo sembra di essere illuminati con tutte queste luci e lo show e tutto quello che stava succedendo. La cerimonia di apertura è sempre speciale, Phil Collins è uno dei miei cantanti preferiti. Prima del mio match mi stavo divertendo e mi stavo caricando. È stato fantastico rientrare e giocare un match nella sessione notturna, io non do nulla per scontato. Io so che i giocatori nella mia posizione si sono guadagnati la possibilità di giocare match del genere, ma comunque io cerco di rimanere nel presente.

Sei stato eletto nel concilio dei giocatori. Come vedi questo nuovo ruolo?
Per prima cosa è un onore essere stato eletto. Ho fatto parte del consiglio per qualche tempo tre anni fa e poi c’è stata una pausa dove non sono stato coinvolto nelle politiche del tennis, se la vogliamo mettere così. Ora la maggior parte dei giocatori che sono nel consiglio hanno messo il mio nome nell’elenco degli eleggibili e così sono stato eletto. Io ho accettato con gradimento perché è una responsabilità. Se i miei colleghi e amici si fidano di me, io devo rispondere. Ovviamente farò del mio meglio per contribuire all’evoluzione di questo sport. Il primo incontro è stato molto lungo ma proficuo. Io sono stato eletto presidente e Kevin Anderson vice, ma onestamente non cambia molto. Nel consiglio siamo tutti alla pari, siamo tutti uguali. È stato interessante sedere lì e ascoltare, discutere, dibattere su argomenti differenti e su le cose che stanno accadendo al momento, nuove idee e prospettive. Fondamentalmente siamo tutti sulla stessa barca. Anche se storicamente il sistema è 50% giocatori e 50% tornei, spesso ci sono dei conflitti di interessi. Alla fine facciamo tutti parte della stessa organizzazione e abbiamo tutti la stessa missione.

Il fatto che non ci sia Roger credi che renda la strada per il titolo un po’ più semplice?
Beh, onestamente non è un gran fattore, insomma il tabellone è a 128. Ci sono ancora persone con Andy, Rafa, Cilic, Nishikori, Raonic, ci sono ancora i migliori al mondo. Certamente per il torneo e per i fan non è la stessa cosa quando non hai Roger, lui è stato uno dei giocatori più popolari e di successo della storia. Non c’è dubbio che si senta la sua mancanza ad ogni torneo, ma d’altro canto noi dobbiamo concentrarci sui giocatori che sono qui e sono sicuro che anche senza di lui il campo di battaglia è duro.

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