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Editoriali del Direttore

Quando le belle storie di uno Slam possono essere anche italiane (video)

Da Alessandro Giannessi a Fabio Fognini a Paolo Lorenzi… aspettando Roberta Vinci e Andreas Seppi con curiosità

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…perso 14 volte al primo turno nelle sue prime 14 apparizioni Slam, e con oggi che ha battuto Berlocq vendicando la sconfitta patita al Roland Garros, ha colto la sua terza vittoria Slam, la seconda qui. Lorenzi ha 9 anni più di Giannessi e dice: “Se auguro a Alessandro di fare la mia stessa carriera? Macché, gli auguro di fare molto meglio e secondo me ce la può fare”. Anche Alessandro, soprattutto oggi, appare ottimista: “È diventato difficilissimo emergere – dice lui che a Tirrenia ha visto passare in 12 anni almeno un’ottantina di presunte “promesse”anche se non cita che Quinzi … “a 15 anni Gianluigi giocava alla pari con me che ero molto più anziano- ma il livello dei challenger non è poi così diverso da quello del circuito ATP… a Bucarest nel 2011 ottenni la mia vittoria più importante su Montanes che era un giocatore classificato intorno alla trentesima posizione”.

Insomma il problema sta nell’entrare nell’elite. Se la si sfanga poi si hanno buone probabilità di restarvi. Perché se si giocano una decina di tornei del circuito ATP ogni anno e magari un paio di Slam, qualche vittoria prima o poi arriva e sia in termini di soldi sia in termini di punti si riesce almeno a galleggiare. Il problema è avere la capacità di resistere a pagarsi 60.000 euro l’anno per dieci anni e più. Se Giannessi non avesse raggiunto quella buona classifica a 21 anni, anche se poi l’ha perduta, non avrebbe trovato quei finanziamenti che gli hanno permesso di resistere. È questo quanto mi sforzo di far capire a lettori più duri di comprendonio: occorre che la Fit, se vuole allargare la base, trovi modo di aiutare maggiormente quei ragazzi che non riescano ad emergere seriamente prima dei 24-25 anni. Per farlo deve destinare fondi prioritariamente rivolti a queste esigenze piuttosto che ad altri. Chi vuol intendere intenda. Io mi auguro che per Giannessi, dopo tanti episodi sfortunati che ne hanno bloccato, retrocesso e ritardato l’ascesa, abbia indovinato la svolta. “Beh ora mi tocca un avversario facile facile, Stan Wawrinka…” scherza su.

E certo non sarà con Wawrinka – che pure non sembra davvero fin qui il miglior Wawrinka – che si potranno misurare le qualità potenziali di Giannessi (nonostante i soliti discorsi banali del tipo “Non ha nulla da perdere”) che difatti si gode al momento insieme alla sua ragazza il momento di grande gioia (“Davvero non era nei nostri programmi neppure a livello di ipotesi, un secondo turno in uno Slam quando avevo visto il tabellone delle qualificazioni”) senza farsi illusioni: “Sarà già bellissimo anche il solo poter giocare contro un grande campione come Wawrinka, spero solo di non fare brutta figura”. Anch’io spero che non la farà, anche se il rovescio monstre dello svizzero, soprattutto quando giocato lungolinea sul rovescio di Alessandro potrebbe fare ingenti danni.

Ho accennato anche alle vittorie in rimonta di Fognini e in discesa di Lorenzi. Sono state dunque tre su sei nella seconda giornata dell’US Open e avevo scritto nell’editoriale precedente che temevo addirittura il 6-0 e mi affidavo in particolare a Fognini per evitarlo disposto a firmare subito per un 3 a 3. Il 3 a 3 è arrivato e noto un particolare abbastanza curioso per le nostre più recenti abitudini: dei cinque tennisti superstiti al secondo turno, quattro (i tre ora citati più Seppi) sono uomini, mentre Roberta Vinci è l’unica superstite donna. Per anni è successo esattamente il contrario.

Oggi Roberta Vinci – che ha detto che a fine anno tirerà una linea sul dubbio “Smetto o continuo” e io temo che abbia più voglia di smettere che di continuare, ma tutto dipenderà anche da come riuscirà a ritenersi ancora competitiva, da che classifica avrà, forse anche da come finirà questo torneo nel quale si è costruita in due settimane una reputazione incredibile – deve confermarsi con l’americana McHale, n.55 WTA ma certo non disposta ad arrendersi. Qualche anno fa qui la McHale fece molta strada e le due sconfitte nei precedenti con Roberta sono molto datate, non fanno testo. Soprattutto mi preoccupa la condizione di Roberta che, forse per i noti problemi al tendine, non mi è parsa al massimo della condizione contro la Friedsam, al di là della vendetta australiana ben consumata.
Certo è che oggi dal tennis femminile azzurro non c’è da aspettarsi granché, anche se io continuo a pensare che un giorno a Camila Giorgi tante palle che finiscono fuori finiranno per starle dentro…come quando ha battuto 6 top-ten e messo in difficoltà altrettanto pur perdendo. Come oggi con la Stosur. Anche quella sarà una bella storia da scrivere e io spero proprio di riuscire a scriverla.

Che poi Giannessi con Wawrinka, Seppi stanotte con Nadal, Fognini con il pur declinante Ferrer (ma ci ha perso 9 volte su 9 e sarà certo più stanco dello spagnolo che non ha praticamente giocato contro Dolgopolov) e anche Lorenzi con Simon paiano sfavoriti, è un altro paio di maniche.

Ho dedicato questo mio editoriale a queste storie azzurre, evitando di sottolineare le solite fogninate perché oggi le ho tutto sommato trovate più folcloristiche che maleducate sebbene perfino Flavia Pennetta non mostrasse di gradirle tutte. Quando Fabio ha preso il penalty point per aver tolto al cambio di campo gli occhiali al giudice di linea che gli segnalava i falli di piedi (e qualche errore) per metterglieli sul capo… beh ho trovato che il penalty point fosse inevitabile dopo il warning già ricevuto, ma anche che la cosa fosse, nella sua inconsuetudine, anche abbastanza divertente.

Soffermarsi sulle sconfitte di qualche favorito, Goffin con Donaldson, Tomic con Dzumhur (sarà contento Alberto Castellani), Querrey con Tipsarevic (il serbo ha vendicato la sconfitta di Djokovic a Wimbledon), o sul derby argentino vinto da del Potro su Schwartzman, l’ennesimo k.o della Ivanovic, sono storie di tennis, di racchette e palle. Quello che è successo oggi agli italiani mi sono apparse più storie di vita.

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