Nel ventre dell’Arthur Ashe, il finto Cicerone incontra il vero PR di Nadal

Rubriche

Nel ventre dell’Arthur Ashe, il finto Cicerone incontra il vero PR di Nadal

Nella Players Lounge l’incontro con Benito Perez Barbadillo: “Noi diciamo sempre la verità, anche sul doping”

Pubblicato

il

Benito Perez Barbadillo
 

L’Arthur Ashe è uno stadio fantastico. Lo è per vari motivi, perché è lo stadio del tennis più grande del mondo, perché da quest’anno viene coperto all’evenienza da un tetto grande più di mezzo ettaro, perché non poteva esserci teatro migliore per il ritorno di Phil Collins davanti al pubblico dopo 5 anni di assenza dalle scene. Ovviamente lo è perché è stato il teatro di alcuni fra i match più belli della storia del tennis. Chi ha la fortuna di fare l’inviato agli US Open scopre però che la magia va anche al di là di tutto questo. Un innocuo giro esplorativo nel ventre giornalistico dell’Ashe ci illumina su un Nuovo Mondo, che racchiude al suo interno sala stampa, mensa dei giornalisti (dove per mangiare bisogna indossare almeno un maglione, visto la spaventoso clima polare così squisitamente newyorkese), sale per le interviste ai giocatori e zone dedicate al relax e al ristoro dei tennisti. I giocatori si rilassano nella Players Lounge, hanno anche una mensa a loro dedicata, che t’immagini offra come minimo nettare e ambrosia, cibi degli dei della racchetta, ma poi ti rendi conto che ritrovi, piatto più piatto meno, lo stesso menù della mensa giornalisti (in pratica hamburger a go-go e carne di vari tipi come maiale, pollo e tacchino, tanto per fare felici i vegani… vabbè, un’insalatina la troverebbero anche loro). Il tutto collegato da ampi corridoi alle cui pareti figurano le foto dei più grandi campioni degli US Open, da Pat Rafter a Jimmy Connors, da Pete Sampras a Marat Safin, da Steffi Graf alla nostra Flavia Pennetta, la cui foto ha fatto il suo ingresso “nel corridoio delle leggende” dalla fine del Settembre 2015, dopo la sua storica vittoria.

È in questo contesto incantato che, forte dell’esperienza dell’anno scorso, accompagno una nuova esordiente a un torneo dello Slam, Chiara Gheza (che tra le varie attività cura la rubrica quotidiana “parole, parole, parole”, ossia le frasi migliori rilasciate dai giocatori). Ho scritto forte dell’esperienza dell’anno scorso, ma avrei quanto meno dovuto scrivere tronfio: la parte del Cicerone mi va subito un po’ stretta quando, dopo averle indicato Camila Giorgi e Caroline Garcia, incrociate lungo il cammino, mi chiede invano di riconoscere un ragazzone dai tratti caucasici, alto quasi due metri, tanto minaccioso quanto ignoto. I miei problemi però sono solo all’inizio. Arriviamo all’esterno dello stadio, nell’angolo di erba artificiale ma comunque rilassante del Players Garden (una zona dove i giocatori possono fare quattro chiacchiere in libertà stemperando la tensione davanti a un drink, da soli o vicino a familiari e amici, ma non al riparo dai soliti giornalisti tediosi).

La mia attenzione si rivolge alla presenza di Benito Barbadillo, il responsabile comunicazione del clan di Rafa Nadal. Conoscendo la passione di Chiara per il campione maiorchino, le indico il suo manager. Lei spalanca gli occhi e mi chiede a bruciapelo: “Dai, intervistiamolo, non vedo l’ora di chiedergli come si gestisce un campione come Rafa in un anno così difficile come questo, quali consigli gli dà per presentarsi davanti ai fan e ai giornalisti, senza dimenticare di domandargli come fa lui che per natura è un timido ad affrontare stampa e pubblico in continuazione”.  Rimango stordito da tutto questo entusiasmo, Barbadillo è un furbacchione e difficilmente ci darà grandi soddisfazioni. Tutto sommato, però, un’intervista al manager di Rafa per parlare del vincitore di 14 Slam è sempre un’ottima occasione. Ci mettiamo allora in disparte a ripassare le domande da fargli, come due studentelli che si trovano all’estero per la prima volta e devono entrare in un negozio per comprare qualcosa. È d’obbligo non incartarsi ma la ripetizione delle domande sfiora la nausea, così decidiamo di buttarci, prima che Benito ritorni ai suoi affari e ci lasci lì come due stoccafissi. Chiara riesce a essere al contempo naturalmente entusiasta, timida e opportunista: “Io mi vergogno, fai tu le domande, dai!”. È troppo tardi per negoziare, faccio un lungo respiro e lancia in resta importuno Benito:
Signor Barbadillo, ci concede due domande al volo? Siamo di Ubitennis”.
Uhh Ubitennis, Ubaldo lo conosco da 30 anni: è pericoloso…”.
Lui sì, noi molto meno!”.
Va bene, mettiamoci comodi allora, ma registrate da subito tutto quello che dico, non voglio scherzi!”, esclama sorridendo, si capisce già dal tono della voce che la butta sul ridere e non ha problemi a parlare con noi, ma con uno come lui meglio sempre stare in campana…

D. Come si gestisce la comunicazione in un anno per Rafa così difficile, con lo stop al Roland Garros e la rinuncia a Wimbledon?
R. Non è il primo anno che Rafa ha problemi fisici, la nostra strategia è quella di dire sempre la verità, se diciamo che ha male a un ginocchio è perché ha male ha un ginocchio, se ha problemi di testa come è successo a Miami lo diciamo. Poi in Italia molti tifosi dicono molte cose, come fanno nel calcio, ma sono false!  È vero che a lui non piace molto parlare della sua vita privata, anche se non si capisce perché ci sia questa attenzione morbosa per quello che fa fuori dal campo da tennis mentre per altri campioni non è così.
In termini di comunicazione, quando ha vinto il primo Roland Garros gli ho detto ‘sorridi e saluta sempre i paparazzi, dopo due giorni farai le vacanze tranquillo, se invece ti nascondi verrai sempre perseguitato’. Nella comunicazione cerchiamo sempre di parlare con tutta la stampa, con priorità agli spagnoli e in generale ai giornalisti tennistici, perché spendono soldi per sentire cosa ha da dire Rafa
.

In merito a eventuali future illazioni sul doping, Benito mostra un’evidente insofferenza: “Ancora con queste storie! Noi abbiamo sempre ignorato le insinuazioni e continueremo a farlo, ma è chiaro che se si fanno accuse precise senza portare prove, reagiremo di conseguenza. Chi dice determinate cose se ne deve assumere le responsabilità. Se nella vita sbagli, devi pagare. Non si può parlare a vanvera (ma nell’audio sentirete Barbadillo usare una dichiarazione molto più forte e colorita…) e farla franca. Andate a parlare con i giocatori, tutti vi diranno che vedono Rafa farsi il mazzo e non credono ad altro se non al suo lavoro. Suo zio Miguel Angel (l’ex calciatore del Barcellona e della Nazionale spagnola, affrontò anche l’Italia ai quarti di finale del Mondiali di USA ’94, nda) ha quel tipo di fisico. Poi è chiaro che non cambi la testa delle persone invidiose e ignoranti, quelli ci saranno sempre purtroppo, bisogna solo ignorarli”.

L’ultima domanda, fatta da Chiara, parte dal carattere di Rafa e sorprendentemente porta Barbadillo a prendere una chiara posizione politica sulla Catalogna.
D. Nadal in conferenza stampa appare molto timido, come fa ad affrontare così spesso la stampa e il pubblico?
R. “Non penso Rafa sia particolarmente timido, ha un carattere tipico della sua terra: i maiorchini sono più riservati, gli andalusi come me sono più aperti e chiacchieroni. Ogni parte della Spagna ha le sue peculiarità, i Galiziani hanno un atteggiamento, i catalani un’altra. Catalani che sono spagnoli come tutti gli altri, sia chiaro, lo dice la Storia, se poi un gruppo di persone non vuole essere spagnolo è un problema loro”.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement