US Open, uomini: Djokovic disinnesca le mine di Edmund, ora la Francia sul suo cammino

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US Open, uomini: Djokovic disinnesca le mine di Edmund, ora la Francia sul suo cammino

Ottavi, parte alta del tabellone: Djokovic completa la seconda partita del suo torneo lasciando sette giochi a Edmund. Ai quarti troverà Tsonga, vittorioso su Sock; in caso di vittoria altra sfida francese contro uno tra Monfils e Pouille

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[1] N. Djokovic b. K. Edmund 6-2 6-1 6-4 (da New York, Ferruccio Roberti)

In un Arthur Ashe teatro solo poche ore prima della emozionante eliminazione di Rafael Nadal, si sono affrontati Novak Djokovic e Kyle Edmund, quarto britannico in classifica (dopo Murray, Evans e Bedene) e n° 87 ATP. Riguardo al serbo, la maggiore curiosità risiedeva nel testare il suo stato di forma e la condizione del polso sinistro che lo aveva penalizzato alle Olimpiadi e costretto al forfait a Cincinnati. Nole aveva guadagnato l’accesso agli ottavi giocando in totale appena 3 ore ed 8 minuti, a causa del ritiro pre-match di Vesely nel secondo turno e di quello di Youzhny nel corso del primo set nel turno successivo. Vi era, d’altro canto, interesse a testare in un grande palcoscenico come l’Arthur Ashe il 21enne britannico, arrivato a New York con pochi acuti nel 2016 (quarti di finale a Doha ed al Queens), ma autore di una grande cavalcata per arrivare agli ottavi, durante la quale ha dato tre set a zero a Gasquet al primo turno ed alla wc americana Escobedo al secondo, per poi eliminare in quattro parziali Isner al terzo. Un solo precedente introduceva la sfida, a marzo 2016 un duplice 6-3 col quale il serbo aveva liquidato la pratica britannica nel secondo turno di Miami. In un Arthur Ashe che sfiora il tutto esaurito per la prima volta in questa edizione 2016 nella sessione serale, Edmund mostra sin dai primi scambi il suo bel dritto, capace di imprimere velocissime accelerazioni alla pallina. Purtroppo per lui, oltre a regalargli qualche spettacolare punto vincente, nel tentativo di sfondare il muro difensivo serbo, il suo miglior colpo gli causa anche tanti errori gratuiti. Il primo allungo in favore di Nole arriva già nel terzo game, con il serbo che si produce in una bella volee di rovescio incrociata sul passante di Edmund, nella prima palla break dell’incontro. Il britannico prova a rimediare e si erge anch’egli a palla break nel game successivo, ma Nole l’annulla con un servizio vincente e procede a vele spiegate verso la conquista del set col punteggio di 6-2 in 34 minuti nel corso dei quali si mostra solido, con l’unico neo di aver commesso 4 doppi falli.

Il secondo parziale è sulla falsariga del primo: in un contesto in cui non è in discussione il punteggio per la netta superiorità di Djokovic, lo spettacolo è comunque garantito dai lampi di classe che regala lo stesso Edmund. Il britannico, con la complicità del campione serbo, produce scambi che fanno spellare le mani in più di una circostanza al pubblico newyorkese e divertire lo stesso serbo, più volte sorridente, dando così senso ad un parziale terminato con lo score di 6-1 in 34 minuti.

Nel terzo set, persino un campione esperto e smaliziato come Nole, una volta andato avanti 2-0, si distrae: simbolo del suo disorientamento, in un gioco in cui aveva avuto la palla del 3-0, è il break che subisce sbagliando una facile stop volley di dritto sulla palla game per l’avversario. Il periodo di disorientamento per il serbo non è terminato e così finisce col prendere un altro break e trovarsi sul 2-3: subito Djokovic strappa il servizio al britannico, che però ormai è entrato in partita. Nole deve attendere il decimo game per chiudere la partita, nel quale, seppur non avendo bisogno di forzarsi, è sembrato in buone condizioni fisiche. Edmund ha altresì mostrato di avere talento, ma di essere ancora acerbo per palcoscenici così importanti. Il serbo ora è atteso dall’appuntamento nei quarti con Jo-Wilfried Tsonga, che ha battuto 15 volte su 21(e 11 delle ultime 12) con l’ultima vittoria del francese arrivata a Montreal nel 2014.

[10] G. Monfils b. M. Baghdatis 6-3 6-2 6-3 (Emmanuel Marian)

Gael Monfils vince e convince, come si usa dire. Non diverte, questo no, ma solo perché l’avversario collabora poco. Il francese, carico ed esplosivo come in tutta la brillantissima campagna nordamericana sin qui condotta, mette subito in chiaro un paio di concetti fondamentali. Il primo, a scanso di equivoci, lo palesa con un paio di difese da cineteca con cui mette in banca punti irreali: il buon Marcos intenda subito che dovrà sputare sangue per realizzare ogni singolo quindici. Il secondo assunto, parimenti centrale nell’economia del match, riguarda le sensazioni in risposta di La Monf. Già discreto ribattitore per naturale predisposizione, sebbene la ritrosia nell’avvicinare la linea di fondo limiti spesso l’efficacia dei suoi colpi, Gael è agevolato in modo decisivo dalla tetrissima giornata al servizio del trentunenne di Limassol, incapace per l’intera durata del match di issarsi sopra al 35% di prime palle in campo. Sono numeri da incubo, che hanno come effetto immediato quello di rasserenare il fromboliere parigino. Monfils, tranquillizzato dalle opportunità che spesso gli si presentano in risposta, attira flemmatico l’avversario nelle ragnatele di scambi sempre più lunghi e faticosi, consapevole del fatto che non sarà lui quello a cedere superati i dieci colpi. Il numero 44 del mondo, abbacchiato, tenta di tanto in tanto di scuotersi, ma le polveri sono bagnate e laddove non arrivano le proverbiali difese dell’avversario pensa lui stesso a crocifiggersi naufragando in un mare di errori gratuiti.

Scappati in un baleno i primi due parziali, Baghdatis tenta il ribaltone all’inizio del terzo set. Gael, presumibilmente ligio a una clausola contrattuale che lo obbliga a franare fragorosamente sul cemento di New York almeno una volta per ogni match, ruzzola dopo un ardito tentativo di recupero senza conseguenze, ma concede una palla break che il cipriota sfrutta. Marcos si spinge persino sul due a zero conservando il servizio, ma sarà l’ultimo sussulto. Gael, deciso a non perdere tempo, ché all’orizzonte si staglia la sagoma di Rafa Nadal, con l’ultima accelerazione piazza il parziale di sei giochi a uno che stronca definitivamente un rivale mai sceso in campo. Monfils procede sicuro: in tutto il torneo non ha ancora concesso agli avversari la miseria di un set. Non saremo troppo sorpresi, dovessimo ritrovarlo in campo nella seconda metà della prossima settimana.

[9] J.W. Tsonga b. [26] J. Sock 6-3 6-3 6-7(7) 6-2 (Aris Alpi)

Sorprendente prova di forza di Jo-Wilfried Tsonga, che annichilisce il giocatore di casa Jack Sock in un incontro non troppo spettacolare, quantomeno nei primi due set, nel quale lo statunitense si ritroverà sotto 2-0 in poco più di un’ora di gioco.
Il transalpino, che tra l’altro è il primo nella classifica dei francesi in attività col numero maggiore di vittorie negli Slam, 107, negli scontri diretti con Sock ha già vinto, nell’unica volta che si sono incontrati, durante il Master 1000 di Madrid, l’anno scorso.

A livello di gioco non ci sarà grandissima differenza, tuttavia la gestione dei momenti decisivi penderà nettamente a favore del finalista degli Australian Open 2008: Tsonga è infatti più cinico, più lucido in quei pochi punti di differenza con l’avversario che, al contrario suo, pasticcia maggiormente con il dritto, suo noto marchio di fabbrica che però lo tradisce anche nei punti a rimbalzo alto più elementari.
Il francese spaventa l’avversario già dall’inizio dell’incontro dimostrando di non avere paura di voler scambiare anche a lungo, mostrando una rispolverata difesa da primi cinque del mondo.
Il trentunenne di Le-Mans spinge poi fuori anche dal secondo set Sock con un altro 6-3, che dimostra di sentire psicologicamente più del previsto il match: pare infatti che il tennista classe 1992 non abbia un vero e proprio piano di gioco che gli permetta di mettere in difficoltà sulla lunga distanza il più esperto collega: a tratti pare competa con il solo e puro istinto; peccato per questo benché Tsonga disponga di un rovescio non proprio irresistibile.

Altro fattore determinante: l’atleta di padre congolese ha fatto chiaramente intendere fin dall’inizio di voler far sudare sette camicie ad ogni singolo 15 durante i game di battuta dell’atleta del Nebraska che, ha sì servito con una percentuale discreta la prima palla, 65% di prime palle in campo ma raramente ace o punti sull’uno-due.
Quando però si apre il terzo parziale, il 23enne col cappellino all’indietro, che fino ad ora ha segnato solo un ace, cerca di salvare capra e cavoli iniziando a rosicchiare campo sull’avversario, che cede finalmente un servizio inseguendo sotto 3-1: il francese però mantiene il seguente turno al servizio e va a ribrekkare un Sock troppo rigido e falloso, che trova, solamente grazie alla forza del pubblico le energie per riemergere dall’apnea dovuta al ritrovato forcing di Tsonga.
Il terzo set si mantiene senza sorprese fino all’inevitabile tie-break: a questo punto l’incontro si fa più divertente e il numero 11 del ranking annulla due set point da campione, dopo però due rovesci in corsa inguardabili, spegnendo per un attimo l’entusiasmo del Luis Armstrong.
Sock ha un bello scatto d’orgoglio e annulla un match point e corre a giocarsi il quarto set grazie ad un pregevole dritto inside-in da tre metri fuori dal campo, punto più spettacolare dell’intero incontro.

Il quarto set fa storia a parte: è più lottato ma, a discapito dei dubbi, il francese transalpino mantiene il controllo sui nervi firmando il quinto break del match e portandosi poi avanti 4-1 con un’altra battuta dell’atleta a stelle e strisce: quella di Tsonga è un quarto set decisamente convincente, sia a livello atletico, che psicologico, al contrario dello yankee che però ora mostra segni evidenti di affanno che non gli permettono di lottare più per i game decisivi per il rientro nell’incontro.

Risultati:

[10] G. Monfils b. M. Baghdatis 6-3 6-2 6-3
[9] J.W. Tsonga b. [26] J. Sock 6-3 6-3 6-7(7) 6-2
[24] L. Pouille b. [4] R. Nadal 6-1 2-6 6-4 3-6 7-6(6)
[1] N. Djokovic b. K. Edmund 6-2 6-1 6-4

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