ATP Vienna: Berdych fuori, che match Basilashvili! Seppi non ne ha più [AUDIO]

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ATP Vienna: Berdych fuori, che match Basilashvili! Seppi non ne ha più [AUDIO]

VIENNA – Appannato e col fiato corto, Andreas cede in due set a Khachanov. Ma la vera sorpresa arriva in serata, con la sconfitta al primo turno del numero due del tabellone, per mano del qualificato Basilashvili

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dal nostro inviato a Vienna

Poco pubblico, niente battaglia e dopo un solo incontro la truppa italiana in Austria è già stata dimezzata. Andreas Seppi ha incassato un duplice 4-6 dalla wild card russa Karen Khachanov, uno dei tanti giovani in ascesa di questo indoor autunnale, e per quest’anno ha probabilmente concluso con i viaggi al seguito dell’ATP Tour (al momento è n.87 nel ranking, alcune posizioni fuori anche dalle qualificazioni del Masters 1000 di Bercy). La prestazione è stata demoralizzante non tanto per il risultato – che pure avrebbe potuto essere meno netto, dato che nel gioco di Khachanov resistono lacune intuibili già dopo un paio di game – quanto sotto il profilo della grinta, una delle costanti dell’intera carriera di Andreas.

Oggi in campo è sceso il fantasma di Seppi: dalle difficoltà al servizio a inizio match (forse complici i riflettori) alla mancanza di una precisa strategia, fino a qualche errore davvero incomprensibile. Come un lob pentito che si è trasformato in drittaccio out, regalando all’avversario la palla break giusta per chiudere il primo set. Assente anche coach Sartori, in senso non metaforico: nel player’s box di Andreas sedeva soltanto la compagna di sempre, da poco diventata moglie. Così nel silenzio della Stadthalle, mentre i game scorrevano rapidi, tutto ciò che si sentiva erano gli abbozzi di coaching che Galo Blanco indirizzava al proprio assistito: “Aggressive! Convinced! Win the first points!” L’unico sussulto, perché non si dica che l’altoatesino non onora gli impegni, è stato il contro-break arrivato al momento di rispondere per rimanere nel match. Ma si è trattata più che altro d’una disattenzione di Khachanov, e il finale è rimasto quello: Seppi ha perso ancora una volta il servizio, lasciando il torneo con un dritto a metà rete. A fine gara Andreas ha sorriso comunque, certo non soddisfatto del match ma rasserenato dal termine di un’annata che lui stesso sa di aver trascinato per troppi tornei: “È da mesi che sono alla frutta, gioco per essere in tabellone agli Australian Open” ha confessato sincero. La speranza è che adesso possa staccare un po’ la spina, cercando nelle montagne intorno a casa la serenità della quale avrà bisogno per ripartire nel 2017.

Gli altri incontri del lunedì pomeriggio hanno mietuto vittime sul piano della resistenza mentale, requisito principale per affrontare i battitori più potenti. Jan Lennard Struff ha messo sotto John Isner per un set e mezzo, giocando al meglio delle sue possibilità col dritto e rispondendo piatto e forte sulla parte di riga tra i piedi dell’avversario, ma non è stato sufficiente: “Long John” ha annullato col servizio ogni occasione – raggiunti e superati oggi i 1000 ace stagionali per lui! – e lentamente lo ha spento. Ancora peggio è andata Steve Johnson, che si ripresentava a Vienna per difendere i punti della finale e che invece ha finito per perderli tutti subito, insieme alle staffe, contro Ivo Karlovic. Il gigante croato lo ha incantato più volte col miraggio delle palle break, per poi fargliele svanire tutte (e sei) da sotto il naso a suon di ace. In preda alla frustrazione il californiano ha persino sparato una palla oltre le tribune, centrando in pieno il volto di Jimmy Connors su uno dei grandi stendardi raffiguranti i campioni del passato. Neppure Nicolas Almagro l’ha presa bene: lo spagnolo ha finito per regalare il secondo turno a Damir Dzumhur, bravo soprattutto a capire la psicologia del terzo set e piazzarsi due metri dietro la linea, giocando dritti e rovesci in back, in attesa dei copiosi errori.

Quello che nessuno si sarebbe aspettato, però, doveva ancora arrivare. Quando in serata Tomas Berdych è sceso in campo, tutti parlavano già della sua sfida al secondo turno. In effetti, se il difetto di Berdych è quello di non spuntarla praticamente mai contro i cinque o sei che gli sono superiori, il suo pregio è quello di perdere davvero di rado contro tennisti più in basso nel ranking. E i titoli domattina saranno per la sua sconfitta, perché la testa di serie numero due di un torneo che cade al primo turno contro un qualificato fa più rumore del qualificato stesso. Sarà però un’ingiustizia bella e buona nei confronti di Nikoloz Basilashvili, il vero protagonista dell’impresa. Il georgiano, 107 ATP, ha portato a casa un incontro che riassumere game per game sarebbe al contempo futile e impossibile, a meno di non utilizzare le sue stesse parole, sussurrate alla sala stampa col poco fiato rimasto: “Altri giocatori, dopo tutte quelle occasioni svanite, avrebbero smesso di credere di poter vincere questo match”. Sacrosanta verità. Quanti incontri, negli anni, ci hanno fatto credere fin quasi all’ultimo punto che potesse essere il Davide di turno a battere il solito Golia? E quante volte queste aspettative sono rimaste deluse? Quanti incontri vincono i top 10 con l’unico potere misterioso di essere top 1o?

Nikoloz ha messo sotto il top 10 che gli era capitato, Berdych appunto, vincendo 6-4 il primo set a suon di pallate – e avrebbe potuto chiuderlo anche prima. Nel secondo è rimasto a galla fino all’ultimo, poi ha preso fiato per un istante e ha ceduto ad un tiratissimo tie-break. Ma è nel terzo – quello decisivo, che avrebbe visto sciogliersi mille suoi colleghi – che ha compiuto il piccolo miracolo che pochi gli riconosceranno. Salito avanti 4-1 grattando il fondo della sua riserva d’energia, fattosi riprendere, arrivato due volte a mandare il ceco a un punto dal servire per il match è rimasto in piedi. Una palla break, la più magica, sembrava che l’avesse spedita di un soffio oltre la riga. Il disperato occhio di falco ha detto che per qualche millimetro e qualche altro punto Basilashvili sarebbe sopravvissuto, e lui ha capito che non poteva e non doveva e non voleva più perderla. Tirando altre pallate, forti, angolate, facendo tutti i punti col servizio possibili e chiudendo anche gli scambi lunghi di resistenza, giocando un gran tennis e poi un brutto tennis intelligente e poi ancora un gran tennis non l’ha persa. L’ha vinta. E ha detto di aver dato il 100%, in una delle poche occasioni in cui gli sarebbe stato perdonato dire 110. A quei pochi radunati per ascoltare lui, e non il favorito perdente, ha raccontato anche di suo figlio, dell’Austria dove forse verrà a vivere, di come giocare le qualificazioni lo avesse stancato ma anche preparato alla superficie. Nulla di così stupefacente, a quello ci aveva pensato in campo.

Risultati:

[WC] K. Khachanov b. A. Seppi 6-4 6-4
[8] I. Karlovic b. S. Johnson 7-6(5) 6-3
[Q] D. Dzumhur b. N. Almagro 6-3 5-7 6-0
J. Isner b. [Q] J.L. Struff 6-7(1) 6-3 6-4
[Q] N. Basilashvili b. [2] T. Berdych 6-4 6-7(5) 7-5

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