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Fed Cup: anche se ha perso, Mauresmo meglio di Pala

I temi tecnico-tattici e i problemi affrontati dai Capitani in occasione della finale di Fed Cup a Strasburgo

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FRANCIA
Caroline Garcia
Garcia è stata la trascinatrice della squadra francese; in singolare ha giocato un tennis di altissimo livello, rovesciando i pronostici: da numero 23 del mondo ha sconfitto sia la numero 6 che la numero 11.
Le sue vittorie sono arrivate dopo prestazioni molto convincenti, in cui ha perseguito un piano di gioco rischioso ma efficace: ha condotti i match sempre decisa a non lasciare l’iniziativa alle avversarie, a partire dalla posizione in campo, costantemente aggressiva, con i piedi attaccati alla linea di fondo sin dalla risposta.
Per farlo ha spesso dovuto colpire di controbalzo, mettendo alla prova la qualità del rovescio (che è stato straordinariamente solido) e utilizzando il suo colpo migliore, il dritto, per raccogliere i frutti della posizione dominante ogni qual volta l’avversaria accorciava le traiettorie.
In più ha servito in modo potente e molto vario, con un kick al quale Kvitova non ha saputo trovare rimedio, e una prima tesa che ha rivaleggiato con quella di Pliskova.

Devo confessare che è da un po’ di tempo che seguo con poca fiducia le partite di Caroline; dopo l’entusiasmo dei primi tempi per quanto mi riguarda ha finito per prevalere il disincanto, e il dubbio che non possa riuscire ad esprimersi compiutamente. Eppure sotto l’aspetto fisico-tecnico rimane un grande talento; per completezza tecnica la considero tra le migliori della sua generazione, forse seconda solo a Sloane Stephens.
Ma troppe volte Garcia mi ha dato l’impressione di mancare di personalità e di carattere, tanto che per questo l’avevo definita una specie di Zelig, il personaggio di Woody Allen che prendeva le sembianze di chi gli stava vicino. Lo dico perché secondo me Caroline spesso ha condotto i match tatticamente in modo troppo passivo, adeguandosi alle logiche e alle impostazioni delle avversarie.

Invece in ogni turno di Fed Cup è stata la forza trainante della squadra, portando la Francia sino alla finale. È stato il torneo della svolta?
Me lo auguro, ma ci sono dei “ma”: la Fed Cup infatti è l’unica manifestazione in cui a ogni cambio di campo le giocatrici usufruiscono delle indicazioni tecniche e del conforto morale del proprio capitano. Tanto che mi viene da pensare che se anche negli Slam Garcia potesse avere in campo Amelie Mauresmo diventerebbe una seria candidata ad arrivare in fondo ai grandi tornei. Ma fino a che questo non sarà possibile rimango in attesa di scoprire se finalmente Caroline ha compiuto un salto di qualità definitivo sul piano mentale, mettendo davvero a frutto le straordinarie doti che possiede.

Kristina Mladenovic
Due partite e due sconfitte per Mladenovic, entrambe durissime da digerire: la prima (contro Pliskova) perché arrivata dopo quasi quattro ore di lotta, la seconda perché il doppio decisivo affrontato in casa sembrava essere alla portata della coppia francese.

In realtà, allo stato attuale, contro Pliskova ha finito per ottenere più di quanto si potesse pronosticare: da numero 42 del ranking occorreva una vera e propria impresa per sconfiggere una top ten come Karolina. Penso si debba anche riconoscere che, per quanto migliorato, il suo rovescio rimane un punto debole che le avversarie possono prendere di mira per costruire la loro partita. Sul piano tattico per evitare di essere messa in crisi da scambi insistiti verso il suo angolo sinistro Mladenovic ha come arma più efficace l’uso della smorzata lungolinea; però contro Pliskova non è praticamente mai riuscita a trovare i tempi di gioco per effettuarla, e senza questa opzione le cose sono diventate ancora più difficili. Il fatto che malgrado tutto sia riuscita ad arrivare addirittura a servire per il match (sul 12-11 terzo set) costituisce la prova di quanto impegno abbia messo per provare a superare i suoi attuali limiti, facendo leva innanzitutto su una grande prestazione al servizio.

La maratona del sabato l’ha messa fuori causa per il singolare del giorno successivo, visto che aveva terminato la partita dando l’impressione di essere ormai sulle gambe, svuotata di energie.
Forse però avrebbe potuto giocare un po’ meglio in doppio, nel quale nei frangenti decisivi mi è parsa l’anello debole della catena francese.

Il bilancio sembrerebbe piuttosto negativo; ricordo però che Kiki è una giocatrice che anno dopo anno ha mostrato piccoli ma costanti progressi, sia caratteriali che tecnici. A mio avviso non ha lo stesso talento naturale della sua compagna di squadra e coetanea Garcia (entrambe sono nate nel 1993), ma la storia del tennis è piena di giocatrici che sono riuscite attraverso l’impegno e il lavoro a costruirsi ad alti livelli, colmando deficit che parevano difficilmente superabili. Come escludere che possa accadere anche a lei?

Alizè Cornet
Cornet non stava attraversando un buon momento di forma: la sua stagione era cominciata benissimo con la vittoria ad Hobart in gennaio, ma da allora non ha più raggiunto i turni finali di un torneo.
Ha perso il match della sorpresa, quello in cui entrambi i capitani hanno schierato la loro carta di riserva. E così il teorico confronto tra Mladenovic e Kvitova si è trasformato in un inatteso Cornet contro Strycova. Il ranking dava indicazioni sfavorevoli a Cornet (numero 20 contro 46), però i precedenti erano ampiamente a suo favore: 5-1.
A conti fatti si è visto che attualmente il distacco in classifica c’è tutto, soprattutto perché in un confronto del genere Cornet avrebbe dovuto sbagliare meno e muovere di più lo scambio sulla verticale. Invece, sotto entrambi gli aspetti Strycova ha fatto meglio di lei: Barbora è stata un po’ meno fallosa e molto più creativa, prendendo quasi sempre l’iniziativa e comandando la costruzione dello scambio. L’unico momento in cui Alizè è riuscita a portarsi avanti nel punteggio (all’inizio del secondo set) è sembrato causato più dai demeriti di un’avversaria diventata confusionaria che da meriti suoi.

Se la Francia vuole avere più possibilità di vincere la Fed Cup ha bisogno di una Cornet differente. Ricordo che a diciannove anni era riuscita ad arrivare sino all’undicesimo posto del ranking e che in carriera è una delle pochissime giocatrici capace di sconfiggere più volte Serena Williams, inclusa una addirittura a Wimbledon. Quella Cornet sì che sarebbe realmente un’alternativa in grado di aumentare le ambizioni della Francia.

Amelie Mauresmo
Non ho molto da dire su Mauresmo se non elogi, visto che a mio avviso è stata quasi perfetta: è riuscita ad arrivare in finale di Fed Cup con una squadra dalla panchina corta, ma nella quale le due giovani titolari hanno dato il massimo delle loro possibilità. E se l’è giocata fino all’ultimo match di finale con una team in cui la sua numero uno è classificata dietro alle prime tre avversarie. Queste le posizioni nel ranking delle protagoniste di Strasburgo: Pliskova 6, Kvitova 11, Strycova 20, Garcia 23, Mladenovic 42, Cornet 46.
La Francia ha cominciato a sorprendere nel 2015 quando aveva sconfitto in trasferta l’Italia, e ha continuato a raccogliere risultati positivi quest’anno: prima ribadendo la superiorità sull’Italia, poi superando in semifinale l’inattesa Olanda. Nel frattempo la coppia Garcia-Mladenovic ha vinto uno Slam in doppio (Roland Garros 2016) e raggiunto il Masters (sempre di doppio) a Singapore.

In finale nelle partite del primo giorno mi pare che tatticamente Mauresmo abbia sostenuto meglio rispetto a Petr Pala le sue giocatrici. Mentre non credo abbia molto da rimproverarsi per le successive sconfitte di Cornet e del doppio, un match che si è deciso su pochi punti (7-5, 7-5) in cui Pliskova ha sfoderato soluzioni degne del suo status di top ten e finalista Slam.
E considerato come Mladenovic aveva finito la maratona del sabato, direi che la sostituzione nel secondo singolare per preservarla in vista del possibile doppio decisivo sia stata la scelta più sensata. A mio avviso, infatti, a Mladenovic per essere competitiva occorre essere brillante ed efficiente sul piano fisico, visto che delle sei protagoniste scese in campo a Strasburgo era la giocatrice meno tecnica.

La giovane età è un punto a favore della squadra francese, che può guardare al futuro con ottimismo, anche se, oltre alla Repubblica Ceca, non mancano rivali di alto livello: la Spagna, la Russia, gli Stati Uniti, la Svizzera, la Germania.

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